1 In quei giorni, essendoci di nuovo molta folla che non aveva da mangiare, chiamò a sé i discepoli e disse loro: 2 “Sento compassione di questa folla, perché già da tre giorni mi stanno dietro e non hanno da mangiare. 3 Se li rimando digiuni alle proprie case, verranno meno per via; e alcuni di loro vengono di lontano”. 4 Gli risposero i discepoli: “E come si potrebbe sfamarli di pane qui, in un deserto?”. 5 E domandò loro: “Quanti pani avete?”. Gli dissero: “Sette”. 6 Gesù ordinò alla folla di sedersi per terra. Presi allora quei sette pani, rese grazie, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. 7 Avevano anche pochi pesciolini; dopo aver pronunziata la benedizione su di essi, disse di distribuire anche quelli. 8 Così essi mangiarono e si saziarono; e portarono via sette sporte di pezzi avanzati. 9 Erano circa quattromila. E li congedò. 10 Salì poi sulla barca con i suoi discepoli e andò dalle parti di Dalmanùta.

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Insieme a Gesù e alla folla ci sono i suoi discepoli. E Gesù prima di sfamare le folle (e per sfamarle?) chiama sè i discepoli, e si confida con loro: “Sento compassione di questa folla…”, affinchè anche loro assumano i suoi stessi occhi di misericordia e compassione. Gesù prima di spezzare i pani, ringrazia. Ringrazia per quel poco che hanno, e che nutrirà 4000 persone; e ne restano anche 7 ceste piene, per dire che anche molti altri hanno diritto a saziarsi di quel pane. Il primo motivo della compassione di Gesù nei confronti delle folle (nel racconto di oggi) è che SONO RIMASTE con lui già da tre giorni. Questa diventerà una esortazione, rivolta da Barnaba ai primi cristiani di Antiochia provenienti dal paganesimo. Infatti “vedendo la grazia del Signore, con loro e tra loro, Barnaba li esortava a PERSEVERARE con cuore risoluto nel Signore” (Atti 11:24). Confrontando il racconto delle due distribuzioni di pane in Marco, vediamo che ci sono alune differenze rilevanti. Nel brano di oggi non è come nella volta precedente, le cose sono andate avanti, la relazione di Gesù con le folle si è approfondita. Infatti, altrove si dice che Gesù ebbe compassione delle folle “perchè erano come pecore senza pastore” (Mc 6:34), e perciò cominciò ad insegnare loro molte cose per tutto il giorno. Forse le folle di oggi hanno trovato il pastore e sono con lui già da tre giorni. E Gesù ha compassione di loro perchè sono con Lui, e perseverano a
stare con Lui. Però non hanno da mangiare. La prima volta, la gente avrebbe potuto trovare da mangiare, perchè – benchè fossero in un luogo sollitario – non erano lontani da città e villaggi, e lì, secondo i discepoli, avrebbero potuto comprarsi da mangiare (6:36). Qui la situazione della gente è più dura: sono in digiuno da tre giorni, e il luogo è proprio deserto: non è facile per loro trovarsi qualcosa da mangiare altrove. E Gesù sa che “se li rimando digiuni, verranno meno per via”. Dunque, qui abbiamo una relazione più forte con Gesù, e contemporaneamente una condizione di vita più dura della prima volta. In questa situazione i discepoli gli chiedono: “DA DOVE si potrebbe sfamarli di pane qui, in un deserto?”. Nel Vangelo di Giovanni questa domanda: “Da dove?” ha come risposta: “Dal cielo!”. Forse anche qui la stessa risposta è sottintesa. Ma Gesù mostra ai discepoli, di nuovo, che la risposta è: “Dalla vostra pochezza, dalle poche cose che avete. Dalla vostra povertà!”
Anche questa volta Gesù la fa grossa: organi zza una mangiata di pani e di pesci tra migliaia di pagani (infatti, siamo in terra pagana) e israeliti. Sappiamo bene che i due “gruppi” si odiavano: i contatti e gli scambi erano praticamente proibiti; i pagani erano considerati dei “cani”, animali immondi. Per Gesù non ci sono differenze: il dono di Dio è per tutti; tutti sono elevati alla dignità di “signori” (Gesù, infatti, li fa sdraiare a terra, che era la posizione in cui banchettavano i “signori” a quel tempo). Il numero di 4 mila vuol indicare la totalità dei popoli: sono i 4 punti cardinali, o “i 4 venti”. Al v.6 sembra proprio di essere ad una “eucarestia”: Gesù, invece di benedire, “rende grazie”: un termine non specificatamente ebraico, e comprensibile agli “stranieri”. Egli adatta il suo linguaggio agli ascoltatori! – Condivisione e servizio sono la chiave di volta di tutta la vicenda… e i discepoli danno proprio l’idea di non riuscire a capire: sono confusi, ottusi… Una piccola consolazione per noi: se ce l’hanno fattta loro, c’è speranza anche per noi!
Si pone sempre, inevitabilmente, una domanda circa il perchè, a breve distanza, la memoria evangelica ricordi un secondo miracolo dei pani. Così è per Marco, come per Matteo. Vi propongo un’ipotesi che ho trovato affascinante anche se non ne ho avuto conferma nei commenti che ho potuto consultare. Quindi, vi raccomando il solito sospetto sulle mie balordaggini!
Se si riprende il testo di Marco 6,30-44 si manifesta facilmente l’impressionante presenza di elementi uguali tra il primo miracolo e quello di oggi, in Marco 8,1-10 (la cosa si deve dire allo stesso modo nei testi parallelli di Matteo): la compassione di Gesù verso la folla; la domanda dei discepoli sul come sfamare tanta gente; la verifica chiesta dal Signore circa le risorse loro disponibili; le sue parole e le sue disposizioni per la distribuzione del cibo alla gente; la conclusione dell’evento con il residuo sovrabbondante di cibo.Se si mettono a confronto queste similitudini con le “diversità”, ne viene un’ipotesi che ho trovato molto affascinante. In Marco 6 la compassione di Gesù era dovuta al fatto che questa folla era come “pecore senza pastore”, e la sua risposta è stata quella di un suo lungo ammaestramento. Qui invece Egli ha compassione per la loro concreta povertà:”…mi stanno dietro e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle proprie case, verranno meno per via”. Là era una povertà “spirituale” di guida e di sapienza, qui è una fame grave e pericolosa,…fisica!
Nel precedente miracolo erano stati i discepoli a proporre che le persone venissero congedate da Gesù per andare a comperare cibo nei villaggi vicini, mentre qui sembra che ci si trovi in un deserto desolato, senza possibilità di consentire tale ipotesi:”E come si potrebbe sfamarli di pane qui, in un deserto?”(ver.4). In Marco 6 Gesù aveva risposto alla richiesta “sensata” dei discepoli circa l’opportunità per la gente fosse congedata per procurarsi il cibo, con una specie di “provocazione” che era da parte del Signore quella di essere loro stessi, i discepoli, a dare da mangiare a tutti. Dopo il lungo nutrimento dato con la sua Parola, ora quella Parola poteva diventare “Pane”: emerge così l’ipotesi che Marco 6 sia una voluta “Liturgia”, nella quale appunto la compassione del Signore lo porta a donare la sua Parola, che diventa per le moltitudini “Pane del cielo”.
E allora, il nostro testo di oggi? La mia ipotesi è che i due “miracoli” vogliano stabilire una connessione tra la fede e la storia. Tra la mensa dell’Eucaristia e la vicenda drammatica della storia piccola e grande del mondo! La compassione di Gesù è sia per la fame spirituale del mondo che non ha chi lo conduca nella via della salvezza, sia per le conseguenze drammatiche di quella povertà che provocano le grandi ingiustizie e e i drammatici problemi di miseria nei quali si trova il mondo abbandonato a se stesso o convinto di poter risolvere i grandi drammi della storia con le sue forze e con le sue logiche di potere e quindi di violenza, di possesso e di guerra. C’è dunque una stretta relazione tra “la fame di Dio” e la “fame di pane”. Il Pane della Divina Liturgia è quindi in stretta relazione con il pane dell’umile mensa degli uomini, sia nella tessitura piccola della storia di ciascuno ,sia nei grandi drammi delle nazioni.
L’ “Eucaristia” di Marco 6 è la fonte di un mondo riscattato di Marco 8 dove lo spezzare del Pane diventa la nuova sapienza del mondo visitato e salvato dal Signore. Senza Marco 8, Marco 6 potrebbe essere tentato di letture “spiritualistiche” fuori dalla storia. Ma il Signore entra nella storia dell’umanità e chiede alla comunità credente di essere l’umile segno di una storia nuova, sigillata dalla libertà, dalla giustizia, e dall’amore. Il Vangelo non vuole impadronirsi del potere mondano: da questo potere il Cristo viene crocifisso! Ma chiede alla Chiesa di essere il segno vivo e concreto di questo sacrificio d’amore che giudica il mondo e le sue cattive concupiscenze. Quando la Chiesa celebra la divina liturgia non si astrae dal mondo e dalla storia, ma grida la nuova storia e la nuova umanità che il sacrificio d’amore di Gesù è venuto a portare e a donare a coloro che hanno la grazia di accoglierlo.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
La misericordia del Signore mi pare che oggi riesca brillantemente, come qualche versetto fa, a superare la condizione disagiata in cui si trova la folla.
I sette pani e i pesciolini sono tutto quello che hanno i discepoli.Tutto va spezzato e offerto per risolvere il problema di quei 4000 che hanno fame.
Mi è venuto un pò da pensare alle folle che oggi nel 2008, sono in difficoltà e che il Signore non vuole lasciare a sè stessi. ‘Se li rimando digiuni alle proprie case, verranno meno per via; e alcuni di loro vengono di lontano.’
Se la misericordia divina non è cambiata il problema forse è dei discepoli, che non vogliono offrire tutti i sette pani e i pochi pesci..tutto il poco che hanno, la loro povertà, la loro vita di peccatori.
Del testo di oggi mi è rimasto molto impresso il fatto che Gesù ha compassione della folla perchè è da tre giorni “con lui” e non ha da mangiare! Seguire Gesù, ascoltarlo, stare con lui… comporta paradossalmente il “non avere da mangiare”! Come il popolo di Dio nel deserto quando camminava verso la terra promessa. Dipendeva totalmente dal Signore.
Ma questa fame, se trascurata, può anche portare il discepolo a venir meno per la via! La via del ritorno a casa ma anche la Via della sequela, la Via verso la casa del Padre, la Via!
Gesù ha compassione della gente perchè questa ha bisogno di Lui!
“Alcuni di loro vengono da lontano”. Pare che questo miracolo sia per i pagani, a differenza di quello raccontato nel cap.6, come fa pensare l’insistenza sul numero sette. A me sembrano molto attuali le folle che vengono da lontano, che corrono il rischio di venir meno per via. Come non pensare a tanta gente che viene da lontano a cercare pane e lavoro? Gesù è commosso nelle viscere, e la sua chiesa, la comunità dei discepoli, dà loro da mangiare, in un gesto di condivisione fraterna. Ma si può venire da lontano non solo geograficamente. Si può venire da ideologie e filosofie lontane. Per tutti c’è accoglienza e pane in abbondanza. Questa è la chiesa.