21 Essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. 22 E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi 23 e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». 24 Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. 25 Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26 e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27 udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28 Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». 29 E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
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La liberazione del pagano dalla prigionìa del Male ci ha mostrato che il Signore del Vangelo è venuto per la salvezza di tutta l’umanità che, al di là delle diversità delle fedi, delle sapienze e delle spiritualità, tutta patisce la presenza e la potenza del Male che in tanti modi la imprigiona. La fede ebraico-cristiana non è una delle “religioni”, ma è l’intervento di Dio nella condizione ferita dell’uomo. Abbiamo avuto quindi nella vicenda del pagano liberato un’immagine viva della destinazione universale dell’opera della salvezza. Ora Gesù ritorna nella Terra di Israele e nella vita del suo popolo. Questo popolo, proprio perchè è il popolo di Dio, ha un’esperienza particolare e approfondita del mistero del Male. La Parola di Dio e la storia l’hanno portato a credere nella potenza salvifica di Dio,e hanno dato alla fede di Israele questa tensione verso la piena salvezza da ogni male, salvezza che verrà portata dal Messia di Dio.
La vicenda della bambina esposta alla morte si svolge nel clima profondo della fede di Israele, significata dalla condizione di suo padre che è “uno dei capi della sinagoga”(ver.22). Il testo non ci dice chi Giàiro ritiene sia Gesù. Certamente è impressionante l’affermazione che “gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza”, insieme alla certezza che Gesù può venire “a imporle le mani, perchè sia salvata e viva”. Sembra che tutta la grande tradizione della fede sinagogale s’incontri ora con Colui che è atteso come supremo dono di Dio per la salvezza del popolo: il Messia! Gesù acconsente a tale supplica e si dirige con il capo della sinagoga verso la sua casa. Notiamo come sempre sia sottolineata la presenza di “molta folla”(ver.24).
A questo punto, dal ver.25, si inserisce la vicenda di una donna “che aveva perdite di sangue da dodici anni”. Possiamo fare riferimento alle disposizioni di Levitico 15,25-27, dove questo grave disturbo legato alla mestruazione porta con sè una conseguenza di impurità che isola nella solitudine colei che ne è colpita. Quando nel testo successivo, al ver.42, verremo a sapere che la figlia del capo della sinagoga ha dodici anni, proprio come quelli che segnano la lunghezza della malattia della donna (ver.25), avremo forte l’impressione che, pur trattandosi di due persone diverse, la bambina morente e la donna impura concorrono a dare l’immagine di una nuzialità ferita e impedita. E’ la nuzialità stessa tra Dio e il suo popolo, nuzialità ostacolata e impedita nella sua pienezza per l’ostacolo del male che proibisce la piena relazione nuziale tra Dio e la sua sposa Israele. Siamo a livelli e a consapevolezze ben più profonde e preziose della condizione dell’uomo pagano posseduto dai demoni. E questo ci dice tutta la strada che Dio ha fatto compiere al suo popolo nella conoscenza e nell’esperienza del dono e del mistero di Dio, e quindi nella conoscenza-esperienza del bisogno di essere salvati.
In questo orizzonte è molto interessante il pensiero e l’atto della donna che lega la sua salvezza alla possibilità di “toccare” le vesti di Gesù. Essendo impura, lei rende impuro chiunque la tocchi. Ora lei è certa di dover “toccare” la persona di Gesù per essere “salvata”. Salvata è ben più che semplicemente guarita! Ed è impressionante che questo possa avvenire attraverso il contaminarsi del Figlio di Dio con la nostra impurità! Impurità che non è certo quella semplicemente cultuale, ma che segna la vita umana e impedisce la sua pienezza nuziale. E’ l’immagine di Dio che in Gesù si contamina con la nostra condizione malata e prigioniera, fino a condividerne, per amore, anche la morte.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
lectio 2008
http://lectioquotidiana.blogspot.com/2008/06/mc-521-34.html