14 I mandriani allora fuggirono, portarono la notizia in città e nella campagna e la gente si mosse a vedere che cosa fosse accaduto. 15 Giunti che furono da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. 16 Quelli che avevano visto tutto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. 17 Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio. 18 Mentre risaliva nella barca, quello che era stato indemoniato lo pregava di permettergli di stare con lui. 19 Non glielo permise, ma gli disse: “Và nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato”. 20 Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli ciò che Gesù gli aveva fatto, e tutti ne erano meravigliati.
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Qualcuno potrà cogliere una certa assonanza e un certo richiamo tra il ver. 14 e l’episodio giovanneo della Samaritana: anche lei dopo l’incontro con Gesù corre in città e tutti i suoi concittadini escono verso Gesù dopo aver ascoltato la sua testimonianza. Ma quale abisso di diversità troviamo qui! Così infatti è il “giudizio” del Vangelo: davanti a Gesù non si può rimanere indifferenti, e o lo si accoglie o lo si rifiuta.
Il ver. 15 presenta nella persona di chi è stato liberato dal male la testimonianza viva e concreta, l’annuncio dirompente di quello che Gesù ha compiuto. In questa seconda parte del racconto dell’indemoniato, l’attenzione si sposta quindi dall’evento della potenza liberante di Dio, e della liberazione dell’uomo dalla prigionia del male e della morte, a come tutto questo diventi annuncio evangelico davanti al quale si è interamente coinvolti per un evento che diventa appello esigente all’intera nostra vita.
E’ bellissima la descrizione dell’uomo salvato. Questa sottolineatura dell’essere lui non più nudo, ma vestito, mi fa pensare all’evento battesimale, come pure quel “di mente sana” che suggerisce, come del resto il seguito conferma, il dono del cuore nuovo e quindi di una visione nuova di tutta la realtà. La gente reagisce con un timore che non si rivelerà come timore di Dio, ma paura per come l’accaduto s’impone a loro per una prospettiva del tutto simile a quella del loro concittadino liberato dal male.
Anche questi “annunciatori” del ver. 16 appaiono non essere veramente tali, e il fatto che riferiscano “il fatto dei porci” già insinua il sospetto che la prospettiva della perdita economica s’imponga come il motivo più vicino di un rifiuto. E così avviene al ver. 17; qui sembra di scorgere qualcosa che richiama il modo stesso dei demoni nel rivolgersi al Signore, come abbiamo visto al ver. 12: quello “scongiurarono” del ver. 12 è in realtà lo stesso verbo che al ver. 17 è reso con “si misero a pregarlo”. In entrambi i luoghi il desiderio è quello di una separazione! All’opposto, lo stesso verbo troviamo sulle labbra dell’uomo sanato quando, al ver. 18, pregava Gesù di poter rimanere con lui. La strada della fede corre inevitabilmente sul sottile filo tra il sì e il no!
L’atteggiamento silenzioso e mite di Gesù che riparte dalla terra dei Geraseni ancor più mette in evidenza il giudizio evangelico. Tutto questo viene confermato, e insieme tenuto aperto alla misericordia divina, dalla richiesta dell’uomo guarito. La sua domanda è profonda e meravigliosa: chiede semplicemente a Gesù di poter “rimanere con lui”; ma qui c’è tutto! E questo tutto non sarà contraddetto da quello che Gesù gli chiede, perché l’obbedienza al Signore sarà per quell’uomo il vero modo per stare con lui.
Gesù sembra suggerire all’uomo il cuore di quello che dovrà essere annunciato: il fatto accaduto e “la misericordia che ti ha usato”. Così un singolo evento diventa testimonianza, annuncio e paradigma di un messaggio universale. E’ il messaggio di salvezza che interpella noi, oggi!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Questi primi 20 versetti del capitolo 5 mi hanno lasciato un’idea un pò semplice.
Ho avuto l’impressione che la vicenda dell’uomo liberato dai sepolcri sia la nostra stessa vicenda e allo stesso tempo l’unica prova che abbiamo dell’esistenza di Dio.
Come se tutto quello che so sul Signore è unicamente la Misericordia con in quale mi ama e mi salva continuamente dalla morte.
L’indemoniato, dice Gesù, non può seguirlo ma deve andare ad annunciare la misericordia che gli è stata usata.
Mi è venuto da pensare ad una fede molto incentrata, come suggerisce un caro diacono, sul mistero della Pasqua..sul rapporto con le nostre vite.
I concittadini del guarito non pensano nemmeno per un attimo a rallegrarsi con lui, a far festa per la sua guarigione: il pensiero va al capitale perduto, circa duemila porci, 4 mila prosciutti e tutto il resto. La liberazione operata da Gesù nuoce agli interessi economici della comunità e i cittadini, dovendo scegliere, non hanno dubbi: meglio tutelare i propri interessi che rinunciarvi per il bene dell’uomo. – L’ultima parola è di Gesù: “Va’… e annunzia ciò che il Signore (Dio, il Padre) ti ha fatto…”.
v.18 “Mentre risaliva nella barca, quello che era stato indemoniato lo pregava di permettergli di stare con lui.” L’incontro con Gesù gli ha cambiato la vita. E’ naturale che l’uomo guarito voglia restare per sempre con chi lo ha salvato e lo ha restituito a una nuova dignità. Ma Gesù “non glielo permise, ma gli disse: “Và nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato”.” (v.19). L’uomo deve tornare alla sua vita, vivere la sua vita fino in fondo in un modo profondamente nuovo, portando ai suoi l’amore e la misericordia che ha ricevuto da Gesù. Anche questo è un modo di “stare con lui”. Bisogna sempre tornare, tornare alla nostra vita, tornare dai nostri, e annunciare, soprattutto con i fatti, tutto il bene che abbiamo ricevuto. Mi viene da pensare all’esperienza della trasfigurazione e alle parole di Pietro “Maestro, è bello per noi stare qui” (Mc 9,5). Ma bisogna scendere e vivere nel quotidiano tutta la bellezza, l’amore, la gioia dell’incontro con Gesù. Proprio come ha fatto l’uomo liberato dal demonio.