20 Entrò in una casa e si radunò di nuovo attorno a lui molta folla, al punto che non potevano neppure prendere cibo. 21 Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: “E’ fuori di sé”.
4 Commenti
giovanni nicolini
il 12 Giugno 2008 alle 07:21
Il ver.20 ci collega a quello che abbiamo già ascoltato attraverso due annotazioni. La prima è il ritorno di Gesù in mezzo alla moltissima gente che lo cerca e lo ascolta. Più degli altri evangelisti Marco insiste su questo elemento caotico e travolgente della folla. Qui la cosa viene efficacemente sottolineata con l’osservazione che “non potevano neppure prendere cibo”. E’ un particolare che sembra voler suggerire che le persone esigevano anche prestazioni che toglievano il tempo al Signore e ai suoi amici. Qui ci incontriamo con l’altro elemento di collegamento al testo precedente, perchè quel “non potevano…” ci dice che Gesù scende dal monte in condizione diversa da prima: non è solo, e sappiamo con quale legame Egli ha stretto a sè e alla sua opera i discepoli e in particolare i Dodici. La Parola ascoltata è inevitabile fonte di giudizio. Si può rispondere accogliendola e convertendosi; o si può reagire ad essa opponendosi e respingendola. Il ver.21 ci parla dei “suoi”, che possono essere sia i parenti, sia i conoscenti. Di loro appunto il ver.21 non dice, che hanno “sentito questo” come propone la versione italiana, ma dice “avendo ascoltato”. Hanno ascoltato nel senso che la Parola di Gesù, la Parola che è Gesù, è arrivata a loro. A questa Parola essi reagiscono negativamente:”uscirono per andare a prenderlo”. Bisogna tuttavia dire che, accanto al significato ovvio dell’espressione, non sempre il verbo “prendere” ha un senso negativo. E il motivo per cui escono per andare a prenderlo lo dicono esplicitamente:”E’ fuori di sè”. Anche qui però mi permetto di aggiungere, quasi per scherzo, alcune piccole osservazioni. Il verbo reso in italiano con “è fuori di sè” il più delle volte significa nel Nuovo Testamento il rapporto con qualcosa di meraviglioso, di straordinario, che appunto suscita meraviglia e stupore perchè è fuori dall’ordinario. E che Gesù sia straordinario bisogna ammetterlo. Inoltre il testo precisa che, per andare a prenderlo, i suoi “uscirono”. Da dove, non si sa. Forse semplicemente da casa loro, magari una casa molto lontana, come vedremo per altri nel testo successivo. Ma qui si può anche osservare che per andare a prendere Gesù percbè “è fuori di sè”, anche loro…escono! Come se anche loro …uscissero da sè, uscissero di senno, o magari uscissero verso la sua straordinaria meraviglia. Lo dico, appunto, per scherzare. Anche perchè di scherzi questa Parola me ne ha fatti parecchi. E, credo, anche a voi. Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
lucy
il 12 Giugno 2008 alle 09:39
Mi colpisce al v.20 il cambio di soggetto, nella prima parte Gesù. La folla si raduna intorno a lui, lo preme anche fisicamente, ha bisogno di lui. E’ lui il centro, è lui che salva. Nella seconda parte il soggetto, sottinteso, è plurale. Si riferisce a Gesù insieme con i suoi discepoli. Tutti si mettono al servizio dei bisogni della folla tanto che “non potevano neppure prendere cibo.”. Mi sembra una bella provocazione per noi chiesa, chiesa di tutti i tempi. La gente viene perché ha bisogno di Gesù, non di noi. Ma siamo noi che dobbiamo metterci al servizio. Penso al vangelo di domenica prossima Mt 9,36-37 “Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!”” Uno solo è il pastore. Noi siamo gli operai. Umili collaboratori. Mi è piaciuta l’interpretazione positiva che don Giovanni dà del v.21. Ci mette in guardia da interpretazioni troppo scontate!
Facciamo fatica a renderci conto che Gesù – in poco più di un capitoletto di Marco – ha capovolto tutto (il Sabato, la legge, le norme di purità…). Nelle sue parole gli ascoltatori coglievano “un insegnamento nuovo”; l’uomo è considerato più importante di qualunque norma. Si è messo con la feccia della società, “esattori e peccatori”, e stava a mensa con loro. Nei versetti precedenti, “ha chiuso” con le dodici tribù di Israele e ha dato inizio a un nuovo popolo di Dio… A questo punto, la rottura non è solo con i capi di Israele, ma anche con la sua famiglia: “i suoi” (familiari, parenti, amici) vanno a “prenderlo”; possiamo tradurre “a catturarlo” (è lo stesso verbo usato ripetutamente nel racconto della cattura e arresto di Gesù, al cap. 14). Sono convinti che sia “fuori di sè”, impazzito. Marco, il vangelo più antico, ci permette qui di avvicimarci alla storia di fratture, incomprensioni, difficoltà che Gesù ha attraversato e che lo ha portato rapidamente alla morte. Anche se i vangeli non sono storia e cronaca come noi la intendiamo, credo che nei due versetti odierni (e in quelli successivi) si alzi un po’ il velo sulla drammatica vicenda che Gesù ha vissuto e affrontato.
mapanda
il 12 Giugno 2008 alle 11:38
Gesù “viene” in casa, e “convengono” di nuovo le folle: quando Gesù viene, anche gli altri convengono, e quella casa (generica) diventa un luogo importante di riunione, perchè Lui è venuto lì. Il modo di seguire il Signore è molto ampio e vario: anche oggi si nota una certa diversità tra “i discepoli” (?) che “non potevano prendere cibo”; e la folla che si accalca vicino alla casa. “E’ fuori di sè”, commentano “i suoi (familiari)”; o “E’ in estasi!”. Forse qui emerge un equivoco grandissimo: chi è Gesù? Chi è “fuori”? e chi è “dentro”? Chi è nella sanità? L’equivoco è pensare che si è in una situazione “normale”, e quindi Lui “è fuori”. Invece la gente “entra” in casa con Gesù, e così coglie meglio dei parenti il fatto che bisogna uscire da una situazione per entrare in un’altra. Abbiamo visto che qualcuno si chiede cosa possano intendere i parenti di Gesù dicendo di Lui: “E’ fuori di sè!”. Ipotesi di risposte che si possono forse dare sono che 1. Gesù ha lasciato un lavoro onorevole e discretamente retribuito al suo villaggio (era artigiano, falegname), per incominciare a vagare di villaggio in villaggio senza una sua dimora, nè sicurezza economica per il suo domani; oppure 2. che si è scelto come amici persone non tutte ben viste dalla società, o di basso livello: alcuni pescatori, un esattore delle tasse collaboratore degli occupanti, un probabile partigiano anti-romano; e infine 3. che ostinatamente si pone in contrasto con i detentori del potere religioso, come i racconti delle guarigioni in giorno di sabato hanno mostrato. Allora vogliono farlo rientrare nella normalità, e forse salvaguardare la sua “sicurezza” e il “buon nome” suo e del parentado.
Il ver.20 ci collega a quello che abbiamo già ascoltato attraverso due annotazioni. La prima è il ritorno di Gesù in mezzo alla moltissima gente che lo cerca e lo ascolta. Più degli altri evangelisti Marco insiste su
questo elemento caotico e travolgente della folla. Qui la cosa viene efficacemente sottolineata con l’osservazione che “non potevano neppure prendere cibo”. E’ un particolare che sembra voler suggerire che le persone esigevano anche prestazioni che toglievano il tempo al Signore e ai suoi amici. Qui ci incontriamo con l’altro elemento di collegamento al testo precedente, perchè quel “non potevano…” ci dice che Gesù scende dal monte in condizione diversa da prima: non è solo, e sappiamo con quale legame Egli ha stretto a sè e alla sua opera i discepoli e in particolare i Dodici.
La Parola ascoltata è inevitabile fonte di giudizio. Si può rispondere
accogliendola e convertendosi; o si può reagire ad essa opponendosi e
respingendola. Il ver.21 ci parla dei “suoi”, che possono essere sia i parenti, sia i conoscenti. Di loro appunto il ver.21 non dice, che hanno “sentito questo” come propone la versione italiana, ma dice “avendo ascoltato”. Hanno ascoltato nel senso che la Parola di Gesù, la Parola che è Gesù, è arrivata a loro. A questa Parola essi reagiscono negativamente:”uscirono per andare a prenderlo”. Bisogna tuttavia dire che, accanto al significato ovvio dell’espressione, non sempre il verbo “prendere” ha un senso negativo. E il motivo per cui escono per andare a prenderlo lo dicono esplicitamente:”E’ fuori di sè”.
Anche qui però mi permetto di aggiungere, quasi per scherzo, alcune piccole osservazioni. Il verbo reso in italiano con “è fuori di sè” il più delle volte significa nel Nuovo Testamento il rapporto con qualcosa di meraviglioso, di straordinario, che appunto suscita meraviglia e stupore perchè è fuori dall’ordinario. E che Gesù sia straordinario bisogna ammetterlo. Inoltre il testo precisa che, per andare a prenderlo, i suoi
“uscirono”. Da dove, non si sa. Forse semplicemente da casa loro, magari una casa molto lontana, come vedremo per altri nel testo successivo. Ma qui si può anche osservare che per andare a prendere Gesù percbè “è fuori di sè”, anche loro…escono! Come se anche loro …uscissero da sè, uscissero di
senno, o magari uscissero verso la sua straordinaria meraviglia. Lo dico, appunto, per scherzare. Anche perchè di scherzi questa Parola me ne ha fatti parecchi. E, credo, anche a voi.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Mi colpisce al v.20 il cambio di soggetto, nella prima parte Gesù. La folla si raduna intorno a lui, lo preme anche fisicamente, ha bisogno di lui. E’ lui il centro, è lui che salva. Nella seconda parte il soggetto, sottinteso, è plurale. Si riferisce a Gesù insieme con i suoi discepoli. Tutti si mettono al servizio dei bisogni della folla tanto che “non potevano neppure prendere cibo.”. Mi sembra una bella provocazione per noi chiesa, chiesa di tutti i tempi. La gente viene perché ha bisogno di Gesù, non di noi. Ma siamo noi che dobbiamo metterci al servizio. Penso al vangelo di domenica prossima Mt 9,36-37 “Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!”” Uno solo è il pastore. Noi siamo gli operai. Umili collaboratori. Mi è piaciuta l’interpretazione positiva che don Giovanni dà del v.21. Ci mette in guardia da interpretazioni troppo scontate!
Facciamo fatica a renderci conto che Gesù – in poco più di un capitoletto di Marco – ha capovolto tutto (il Sabato, la legge, le norme di purità…). Nelle sue parole gli ascoltatori coglievano “un insegnamento nuovo”; l’uomo è considerato più importante di qualunque norma. Si è messo con la feccia della società, “esattori e peccatori”, e stava a mensa con loro. Nei versetti precedenti, “ha chiuso” con le dodici tribù di Israele e ha dato inizio a un nuovo popolo di Dio… A questo punto, la rottura non è solo con i capi di Israele, ma anche con la sua famiglia: “i suoi” (familiari, parenti, amici) vanno a “prenderlo”; possiamo tradurre “a catturarlo” (è lo stesso verbo usato ripetutamente nel racconto della cattura e arresto di Gesù, al cap. 14). Sono convinti che sia “fuori di sè”, impazzito. Marco, il vangelo più antico, ci permette qui di avvicimarci alla storia di fratture, incomprensioni, difficoltà che Gesù ha attraversato e che lo ha portato rapidamente alla morte. Anche se i vangeli non sono storia e cronaca come noi la intendiamo, credo che nei due versetti odierni (e in quelli successivi) si alzi un po’ il velo sulla drammatica vicenda che Gesù ha vissuto e affrontato.
Gesù “viene” in casa, e “convengono” di nuovo le folle: quando Gesù viene, anche gli altri convengono, e quella casa (generica) diventa un luogo importante di riunione, perchè Lui è venuto lì.
Il modo di seguire il Signore è molto ampio e vario: anche oggi si nota una certa diversità tra “i discepoli” (?) che “non potevano prendere cibo”; e la folla che si accalca vicino alla casa.
“E’ fuori di sè”, commentano “i suoi (familiari)”; o “E’ in estasi!”. Forse qui emerge un equivoco grandissimo: chi è Gesù? Chi è “fuori”? e chi è “dentro”? Chi è nella sanità? L’equivoco è pensare che si è in una situazione “normale”, e quindi Lui “è fuori”. Invece la gente “entra” in casa con Gesù, e così coglie meglio dei parenti il fatto che bisogna uscire da una situazione per entrare in un’altra.
Abbiamo visto che qualcuno si chiede cosa possano intendere i parenti di Gesù dicendo di Lui: “E’ fuori di sè!”. Ipotesi di risposte che si possono forse dare sono che 1. Gesù ha lasciato un lavoro onorevole e discretamente retribuito al suo villaggio (era artigiano, falegname), per incominciare a vagare di villaggio in villaggio senza una sua dimora, nè sicurezza economica per il suo domani; oppure 2. che si è scelto come amici persone non tutte ben viste dalla società, o di basso livello: alcuni pescatori, un esattore delle tasse collaboratore degli occupanti, un probabile partigiano anti-romano; e infine 3. che ostinatamente si pone in contrasto con i detentori del potere religioso, come i racconti delle guarigioni in giorno di sabato hanno mostrato.
Allora vogliono farlo rientrare nella normalità, e forse salvaguardare la sua “sicurezza” e il “buon nome” suo e del parentado.