13 Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui. 14 Ne costituì Dodici che stessero con lui 15 e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni. 16 Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro; 17 poi Giacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono; 18 e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananèo 19 e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì.
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Sembra di cogliere una certa intenzione di distinguere, dalla folla immensa e tumultuosa dei versetti precedenti, questa comunità di persone del tutto ordinata e preordinata. Non mi sembra si debba cogliere un contrasto assoluto tra i due gruppi, quanto la notizia che, se da una parte c’è questo cercare Gesù da parte della gente a motivo del bisogno di essere salvata, dall’altra il rapporto con Lui è sempre un dono personale che viene dalla sua elezione. L’azione di Gesù non è mai generica. Egli edifica sempre una storia preziosa con ognuno. Allo stesso modo, nel testo di oggi, non coglierei un contrasto assoluto tra quelli “che andarono da Lui”(ver.13) e i Dodici di cui vengono accuratamente citati e ricordati i nomi. Anche qui, il passo successivo precisa e arricchisce quanto è stato già detto, più che stabilire una differenza assoluta. Questo evidentemente non nega la diversità con la quale il dono di Dio si colloca nelle persone.
E’ molto bella l’espressione del ver.13 “quelli che egli volle”. Abbiamo già trovato, ma qui è molto più forte, la sottolineatura della “volontà” nell’incontro di Gesù con il lebbroso e nel loro dialogo in Marco 1,40-41. Dunque, è Lui che sale sul monte, forse un segno della sua autorità divina attraverso l’immagine del monte che spesso nelle Scritture simboleggia la dimora di Dio. E’ Lui che chiama. Ed è per questo che loro possono andare da Lui.
Il verbo del ver.14 è più forte dello “stabilì” scelto dalla versione italiana. E’ il verbo “fece”, che significa “creò”, e che dunque è proprio di Dio, e indica qui una vera e profonda ri-creazione, in certo senso una rinascita di tutto l’essere. Certo più che la consegna di una funzione.
E’ interessante la descrizione del motivo e dello scopo di questo atto del Signore. Egli crea queste persone innanzi tutto perchè “stessero con Lui”(ver.14). Una grande, totale, comunione di vita. E poi la missione della predicazione evangelica, della proclamazione della Parola di Dio, e il potere di scacciare i demòni. Compiti particolari e privilegiati. Esclusivi? La frequentazione pur modesta con la Parola di Dio mi porta via da questa esclusività, e mi propone sempre più la nota dell’esemplarità, dell’emergenza di un dono con il compito particolare di ricordarlo e di testimoniarlo come compito di tutta la comunità credente. Sono indotto a pensare che in una situazione di cristianità diffusa ed egemone, venisse più istintivo pensare a funzione riservate. In una condizione di “piccolo gregge” e di volto missionario della vita cristiana, è forse possibile cogliere con più determinazione quello che peraltro caratterizza ognuno e tutti i doni del Signore, e cioè la loro finalità di comunicazione-comunione. E’ certo insomma che un papà e una mamma è bene che, sull’esempio di Pietro e Giovanni, e di coloro che attualmente detengono la responsabilità del carisma apostolico, abbiano presente e urgente il loro dovere primario di annunciare e testimoniare il Vangelo ai loro figli!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Possiamo vedere che quella di oggi è come la seconda fase della chiamata dei Dodici. Al cap. 1 abbiamo ascoltato di come Gesù, passando lungo il lago abbia chiamato “a seguirlo” le due coppie di fratelli: Simone e Andrea, e Giacomo e Giovanni: “Seguitemi. Vi farò pescatori di uomini!” (1:17).
Oggi “chiamati a sè quelli che volle” compie quella prima promessa “vi farò…” e aggiunge lo scopo di quella sua scelta. Dice infatti il Vangelo (forse addirittura per due volte, vv. 14 e 16): “FECE i Dodici…. perchè stessero con Lui!”.
La terza fase, dopo un buon tratto di cammino “con Gesù” che dura fino al cap 6, leggiamo in 6:7 “Allora Gesù chiamò i Dodici e cominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi”, compiendo così in loro anche quanto oggi gli preannunciava: “stare con Lui, e poi anche predicare e avere potere di scacciare i demoni”.
Questo progressivo, sempre più intenso, rapporto con Gesù, con Dio, lo possiamo rilevare anche nella vita di patriarchi dell’A.T. in particolare Abramo. E’ forse è così anche per ogni cristiano. Alla prima chiamata, per la voce di chi ci annuncia il Vangelo, segue l’azione (battesimale) del Signore che ci fa nuove creature in Lui, per essere insieme a Lui, e infine l’invio a compiere ciascuno la sua opera secondo il mandato preciso che il Signore affida a ciascuno.
In tutte queste tre fasi si vede bene che l’iniziativa è sempre del Signore: chiama, fa, e manda. E la risposta – semplice e buona dei Dodici – è sempre una adesione di fede: lo seguono, stanno con Lui, vanno.
Questa “scelta e chiamata” è descritta da Marco, in modo ancor più sottolineato che negli altri Evangeli, come l’opera di una “nuova creazione”: “FECE i Dodici”. E la prima opera per cui vengono fatti è “STARE con LUI”. Si ripropone cui il cuore di Dio, che aveva posto nel suo giardino l’uomo da lui fatto, per stare e conversare con lui.
Ne chiama e fa 2 DODICI, nella memoria delle Dodici tribù del popolo di Israele. Ponendo così, anche in questo modo, una grande continuità tra la storia dell’ A.T. e la storia del N.T.
“perchè stessero con Lui”: mi è piaciuta moltissimo questa precisazione. E’ per questo che ci chiama, ci vuole, ci prende da parte, ci parla, ci crea, ci da un nome nuovo… e per questo noi rispondiamo, vogliamo, acconsentiamo, ascoltiamo, lo seguiamo, ci facciamo chiamare con il suo nome.
E’ già stato sottolineato che Gesù chiamò “quelli che volle”, “fece, creò i dodici” perché “stessero con lui” e per mandarli… Sono dodici perché questo è il numero delle tribù di Israele: Gesù non crea un gruppo separato, come erano i farisei o la comunità di Qumran, ma dà vita al nuovo popolo di Dio e tutto Israele è chiamato. Dando ad alcuni un nome nuovo, Gesù conferma che crea cose nuove. Pietro significa “roccia”; Giovanni e Giacomo sono “i figli del tuono”, e non sappiamo esattamente a cosa si riferisse questo soprannome. Ci sono in questo gruppo modesti pescatori del lago di Galilea, c’è un esattore delle imposte; c’è uno zelota, forse due, se è giusto spiegare “Iscariota” ricorrendo al latino “sicarius”, equivalente a zelota (gli zeloti, come sappiamo, lottavano, anche in modo violento, contro il dominio romano in Palestina). Insomma,i dodici appaiono come un gruppo davvero particolare, non del tutto raccomandabile…, ma che ha risposto con prontezza alla chiamata ed è stato disponibile al cambiamento. Nonostante la diversità di ideali e di progetti, nonostante le incomprensioni con Gesù, rimarranno con lui fino alla fine: perché chiamati e amati.
Ci siamo tutti in questi dodici, dodici come le tribù di Israele. I dodici rappresentano la totalità e il compimento del popolo dell’antica alleanza. Ci sono i nomi: la chiamata di Gesù è personale. Ci sono persone dal passato poco raccomandabile, come Matteo, i figli di Zebedeo che vogliono sedersi uno alla destra e l’altro alla sinistra del Signore, Giuda Iscariota che lo tradì, Pietro che lo rinnegò. Ci siamo tutti noi. Ci sono le nostre comunità. Chiamate a stare con lui, in comunione con lui, a farsi trasformare da lui, a cibarsi di lui, e mandate a predicare e a scacciare i demoni. Questa è la chiesa: una comunità di chiamati che hanno detto sì, che non sono per questo migliori di altri. Una comunità di uomini e donne bisognosi di salvezza.