1 Entrò di nuovo nella sinagoga. C’era un uomo che aveva una mano inaridita, 2 e lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato per poi accusarlo. 3 Egli disse all’uomo che aveva la mano inaridita: “Mettiti nel mezzo!”. 4 Poi domandò loro: “E’ lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?”. 5 Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell’uomo: “Stendi la mano!”. La stese e la sua mano fu risanata. 6 E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.
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v. 3 “Mettiti nel mezzo!” Il brano di oggi prosegue e approfondisce il pensiero del cap. precedente, per rendere ancor più esplicito il fatto che al centro c’è l’uomo con il suo bisogno e le sue debolezze.
Gesù pone una domanda ai presenti, che non è solo: “E’ lecito infrangere la legge del riposo del sabato per fare del bene?” Ma aggiunge “o per fare del male?” Il NON fare il bene, è già – forse – in sè “fare il male”. E non curare questa persona è toglierle la vita. Il modo di agire (o non agire) non è neutro: se non si fa il bene, si fa il male.
Per l’A.T. osservare la legge è fare il bene, mentre qui Gesù mostra che al centro c’è l’uomo con tutte le sue necessità. Fare una cosa o non farla, può voler dire uccidere un uomo o farlo vivere.
L’esito è che “subito” i farisei e gli erodiani complottano contro Gesù per farlo morire.
Qui siamo in un momento cruciale per la vita del popolo: siamo nella sinagoga, in giorno di sabato. E Gesù pone in mezzo l’uomo, come è già stato sottolineato.Nella prima lettura (Apoc 5:6) che presenta la liturgia del cielo, viene detto che al centro, in mezzo, sta l’Agnello immolato. C’è corrispondenza tra la liturgia del cielo e l’opera che il Signore compie sulla terra. Cosa fa? Perchè è venuto?
Sul problema del sabato, Gesù non dà molte spiegazioni, ma mette davanti a una scelta, tra il bene e il male, tra la vita e la morte. Mostra che non si tratta di un comandamento “statico”, ma del fatto che la storia della salvezza si deve compiere. Davanti all’istinto umano di metter tutto in ordine staticamente, Gesù pone la necessità della dinamica del comando: ciò deriva dal fatto che c’è incontro tra la povertà dell’uomo e Dio in Cristo.
E’ forse questo l’unico punto dei Vangeli in cui si dice che Gesù è “adirato” e “rattristato”. Causa di questa tristezza è “la durezza del cuore” dei presenti, che “tacciono” interpellati da Gesù sul fare il bene o fare il male nel giorno santo di Dio. E’ presumibile che Gesù non sia adirato per il fatto che “non fanno il bene” all’uomo dalla mano paralizzata, lì presente in mezzo a loro, non volendolo guarire (sa bene che non possono guarirlo). Dunque è adirato perchè non accettano che Dio, e chi Dio ha mandato, “faccia il bene” nel tempo favorevole. Viene in mente la risposta del padrone ai vignaioli della prima ora: “O forse tu sei invidioso perchè io sono buono?”. Il Signore è buono e fa il bene. E’ importante che possiamo gioire vedendo quanto bene fa il Signore, anche tramite i suoi angeli, ai bisognosi che ci sono vicini.
Inoltre è rattristato perchè, per la durezza del cuore, associano all’invidia per il bene fatto da Gesù ad altri, il proposito di fare essi stessi del male: il complotto contro Gesù per farlo morire, e / o ogni complotto verso l’innocente (o il bisognoso) per eliminarlo in quanto disturbatore della loro situazione quieta e immobile, ma non salvata.
Nella grande descrizione della nuova vita regalata da Dio all’umanità nella persona e nell’opera del Figlio, abbiamo visto come tutto venisse dilatato in una vastità e in una bellezza assolute. Ora siamo portati dalla memoria di Marco dentro alla difficoltà che questa novità e questa bellezza provocano. E tale difficoltà è prima di tutto quella che si manifesta in chi è più vicino al mistero di Dio, e che proprio per questo è esposto al pericolo di trasformare l’attesa del dono di Dio nella fissità di un sistema rigido, incapace di cogliere e di accogliere la progressione e la pienezza di quello stesso dono divino.
Per tale motivo il luogo più direttamente implicato è la sinagoga, simbolo forte della fede e della vita del popolo della Prima Alleanza, elezione e tempo della profezia e dell’attesa del Messia del Signore. Dunque Gesù “entrò di nuovo nella sinagoga”; non solo e non tanto in questa o quella sinagoga, quanto nella “sinagoga” del pensiero e delle consuetudini del popolo eletto! E sono infatti i giudei il soggetto forte di questi primi versetti. Sono loro che, essendoci nella sinagoga “un uomo che aveva la mano inaridita..lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato”. E’ una scoperta dichiarazione della loro cecità interiore, perchè osservano se si verifica il “male” del “bene” che Gesù può operare! Se lo guarirà, sarà il male! Gesù affronta la situazione scoprendo il gioco. Infatti mette al centro, “in mezzo”, l’uomo malato: è lui il problema, o meglio, la sede del problema.
Qui entriamo in un passaggio molto importante di tutto il problema. Per Gesù non si tratta tanto dell’osservanza del sabato, quanto, più radicalmente, del “fare il bene o il male”! E’ qui che si raccoglie il tema del sabato. L’interesse supremo di questo sta nel fatto che Gesù non vuole annullare il sabato, ma vuole spiegare il significato profondo del riposo sabbatico. L’osservanza antica lo pensa come il giorno in cui bisogna assolutamente astenersi da ogni opera. Gesù si accinge a proclamare che il senso pieno del sabato è la celebrazione dell’opera salvifica di Dio! E quindi di quell’opera di salvezza che Dio, in Gesù, consegna all’uomo! Notate infatti come Egli si esprime parlando come di un’azione propriamente umana:”E’ lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?”. Ma la seconda parte della domanda è pazzesca: come fa a domandare se di sabato di può salvare o uccidere? E’ una domanda che di per sè si può rivolgere solo a Dio. Ma adesso, nell’Uomo Gesù Cristo, la si può rivolgere all’uomo!
Il “peccato” sta nel loro silenzio, nella loro non accoglienza della parola di Gesù. Marco descrive la reazione di Gesù come reazione di Dio, e cioè come “ira”(così è alla lettera e non come “indignazione”), e come reazione dell’Uomo, e cioè come “dolore”. In Gesù pienamente Dio – e la sua grande opera contro il Male – e l’uomo – e il suo patimento per essere vittima di quello stesso male – s’incontrano, si riconciliano e si vogliono bene!! Insomma, essere cristiani è meraviglioso! Non vi pare?
All’azione di vita compiuta da Gesù, farisei ed erodiani reagiscono con propositi di morte. Mi sembra sia la prima volta che nel nostro cammino nel Vangelo secondo Marco ci incontriamo con la prospettiva “necessaria” della Passione del nostro Signore. Ma in questo modo si coglie bene come sia il suo sacrificio d’amore la fonte della nostra salvezza.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Un uomo con la mano inaridita”: l’articolo fa pensare che si tratti della mano-braccio destro, l’arto più forte e più usato normalmente. Quindi, è un arto privo di vita, e l’uomo è impedito nel suo operare, nella sua attività di lavoro, di costruzione, nella sua autonomia… C’è un riferimento a Ezechiele, dove le ossa inaridite sono il simbolo del popolo ebraico e del suo stato “di morte”. – Dove si trova l’uomo? Nella sinagoga: lo stato dell’uomo, dunque, sembra essere il frutto della economia della legge e della sua osservanza legalistica. Infatti Gesù dice all’uomo: “Alzati! (richiamo a nuova vita: è omesso nella traduzione italiana). Mettiti nel mezzo!”. Ora, al centro della sinagoga c’era la legge: Gesù li mette a confronto… e pone l’uomo, il bene dell’uomo, il “salvare la vita”… come il valore sommo, quello che sta a cuore a Dio. L’arto fu risanato: torna allo stato iniziale, poiché “all’inizio non era così”. Gesù, irato e addolorato insieme, accetta di pagare il costo altissimo, non si tira indietro: si profila in lontananza la croce.
Al centro dell’attenzione di Gesù (“Mettiti nel mezzo!”) c’è l’uomo, soprattutto l’uomo malato, impotente, paralizzato, bloccato. E’ un bel modo di insegnare, quello di Gesù, concreto. Direi anche un po’ provocatorio. La domanda a quelli che lo osservano (v.2: notiamo che non c’è nemmeno il soggetto esplicito, ma sono quelli che vogliono trasformare la Torà, la via di Dio, in precetti di uomini) non è una domanda teorica, che si presta a una disquisizione dotta. La domanda sul bene e sul male che si può fare nel giorno di sabato è una domanda riferita a un uomo, a quel particolare uomo limitato nei movimenti e nelle azioni dalla paralisi, “salvare una vita o toglierla?”. Gesù rovescia il punto di vista dei Giudei con sovrana e regale libertà, restituendo al suo vero significato il cuore della Torà, il Sabato, giorno di Dio e del suo amore gratuito come “ricostituisce” (e non “risana” come dice la traduzione italiana) la mano di quell’uomo.
Lo salverò, perché a me si è affidato;
lo esalterò, perché ha conosciuto il mio nome.
Mi invocherà e gli darò risposta;
presso di lui sarò nella sventura,
lo salverò e lo renderò glorioso.
Lo sazierò di lunghi giorni
e gli mostrerò la mia salvezza.
Salmo 90