1 Al mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato. 2 Allora Pilato prese a interrogarlo: “Sei tu il re dei Giudei?”. Ed egli rispose: “Tu lo dici”. 3 I sommi sacerdoti frattanto gli muovevano molte accuse. 4 Pilato lo interrogò di nuovo: “Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!”. 5 Ma Gesù non rispose più nulla, sicché Pilato ne restò meravigliato.
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Amiamo molto la forza di quel verbo “consegnare”, presente qui al ver.1. Significa, come abbiamo già detto, “tradire”, ma quindi anche, con un’innegabile tonalità anche positiva, appunto, “consegnare”. Ecco perchè, al di là delle responsabilità gravissime dei capi religiosi e politici di Israele, la frase assume una straordinaria potenza teologica: la Pasqua di Gesù è il dono del Messia d’Israele, del Figlio di Dio, a tutte le nazioni, qui rappresentate in modo significativo dal popolo dominatore dell’impero universale nella persona del governatore romano.
Naturalmente il livello di comprensione degli eventi è molto modesta rispetto alla sua reale portata. La domanda di Pilato al ver.2 – “Sei tu il re dei Giudei?” – rivela un’attenzione solo politica verso il prigioniero che con enfasi di catene gli è stato portato. L’uso stesso del termine “giudei”, mentre il Messia poteva essere considerato il “Re d’Israele” in adempimento alle profezie sulla casa di Davide, dice l’ottica limitata con la quale il potere politico, e più generalmente ogni potere mondano, osserva l’evento di Gesù di Nazaret. Peraltro la risposta ambigua e sospesa di Gesù al ver.3 – “tu lo dici” – mostra che la questione della regalità non può essere liquidata, anche se si dovrà porre e considerare in una prospettiva del tutto diversa.
Forse le “molte accuse” che secondo il ver.3 gli rivolgono i sommi sacerdoti sono diverse dalla domanda del governatore. E sono molte. Pilato qui sembra quasi più spettatore che protagonista, e l’ammonizione da lui rivolta al Signore nel ver.4 sembra essergli dettata dal suo essersi posto nel punto di vista dell’accusato. Forse anche con qualche scintilla di simpatia.
Siamo in questo modo condotti al più profondo livello di interpretazione di quanto sta accadendo. E a rivelarlo è il silenzio di Gesù! Un silenzio carico di eloquenza. Un silenzio stupefacente. Un silenzio che esprime nel modo più forte il giudizio divino sulle persone e sugli avvenimenti che conducono Gesù al suo sacrificio d’amore. Un silenzio che rivela come Gesù tutto viva e compia come sua totale obbedienza a quanto il Padre gli chiede per la salvezza dell’umanità. Un silenzio che si pone del tutto al di sopra e al di là dei fatti , delle persone e delle parole. Nella diversità dei loro atteggiamenti e delle loro responsabilità, i capi dei giudei e Ponzio Pilato, Israele e le genti, sono accomunati nella loro misera condizione che solo la Croce del Signore potrà riaprire alla speranza.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Nel primo versetto, sono citati sommi sacerdoti, anziani e scribi, che costituivano il sinedrio: pertanto la citazione aggiuntiva di questo organismo vuol proprio sottolineare la responsabilità del sinedrio nella sua completezza e ufficialità. E’ stato notato che Pilato non può aver posto la domanda a Gesù in questi termini, ma piuttosto: Sei tu che sostieni di essere il re dei giudei? Comunque, la sostanza non cambia. E Gesù conferma quella parte di verità presente nel titolo attribuitogli; ma poi risponde solo col silenzio. Come si è detto altre volte (in particolare a proposito del quarto Vangelo), Gesù in balia dei suoi avversari, prigioniero, legato…, appare come la persona veramente libera, obbediente solo e volontariamente al Padre; mentre gli altri, apparentemente liberi, mostrano di essere sottomessi alle logiche del potere, dell’autoaffermazione, dell’invidia, dei giochi politici…