10 Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai sommi sacerdoti, per consegnare loro Gesù. 11 Quelli all’udirlo si rallegrarono e promisero di dargli denaro. Ed egli cercava l’occasione opportuna per consegnarlo. 12 Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: “Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?”. 13 Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: “Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo 14 e là dove entrerà dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? 15 Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, già pronta; là preparate per noi”. 16 I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono per la Pasqua.
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Possiamo distinguere due parti nel nostro brano di oggi: i vers.10-11 con il tradimento di Giuda; i vers.12-16 con la preparazione della Pasqua. Questa distinzione ci aiuta a mettere in evidenza la “doppia” linea della storia, di “questa” storia, e cioè quella che riguarda la persona di Gesù, e in particolare la memoria della sua Pasqua; ma, dato Gesù, “ogni” storia. Questa doppia linea è da una parte la nostra povera e tumultuosa storia umana; e dall’altra è quella “storia della salvezza” che è la grande avventura di Dio nella storia umana, il suo gettarsi dentro la nostra storia per salvarci, storia che ha nella Pasqua del Signore il suo apice. Così appunto possiamo considerare anche le due parti del nostro testo: il tradimento di Giuda, che con gioia cattiva è assunto dai sommi sacerdoti, è in realtà controllato, guidato, interpretato e “usato” dal mistero divino che opera nella vicenda umana. Ecco dunque una storia drammatica di tradimento che già in se stessa ha il suo doppio volto: quello che è evento di tradimento si rivela di fatto come la grande “consegna” (tradire e consegnare sono nella lingua del Vangelo lo stesso verbo!) del Figlio di Dio alla sua suprema obbedienza al Padre per la salvezza dell’umanità. E quindi la prospettiva della sua morte diventa la grande, ultima “preparazione” della vera Pasqua del vero Agnello.
Per questo è molto bello ricevere oggi queste parole nella nostra preghiera, facendo particolare attenzione al verbo “preparare”, tre volte ripetuto. E in questo è bello notare come tale preparazione si svolga nella piena “regia” di Gesù, che nulla subisce dagli uomini, ma tutto riceve da Dio Padre. Per questo è bene cogliere la forza simbolica del testo. Come può Gesù sapere e prevedere tutto quello che i due discepoli troveranno e disporranno? Questo avviene perchè tutto “è scritto”, nel senso che questa preparazione remota è contenuta in tutta la storia della salvezza che Dio ha scritto per Israele. E di tutta questa “preparazione” ora siamo, con Gesù, al compimento. Mi sembra che, al di là dei particolari, questo sia il significato profondo di queste indicazioni di Gesù che i due trovano e riconoscono.
Questa mi sembra la ragione anche del tono di sicurezza, quasi di signorìa, di quello che i discepoli devono chiedere da parte di Lui:”Dov’è la mia stanza, perchè io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”(ver.14). Qui possiamo ricordare rapidamente due elementi di questa celebrazione. Il pio ebreo cercava di celebrare la Pasqua a Gerusalemme, e all’interno delle sue mura. Per questo la città era affollatissima, e si cercava una stanza, in affitto o in prestito, dove la famiglia potesse celebrare la festa. E “famiglia” si considerava non solo quella naturale, ma anche la “famiglia” di un “rabbi”, di un maestro, con i suoi discepoli. Ora, a me piace considerare questa ultima “preparazione” dell’ultima Pasqua terrena del Signore, come il frutto della preparazione secolare che Dio ha operato nella vicenda del suo popolo.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Oggi vediamo come un parallelo, una opposizione, tra la volontà di male nei confronti del Signore, e la Sua volontà di adempiere questa Pasqua attraverso il Suo sacrificio di amore. In Marco questo risulta evidente per la sequenza e l’accostamento dei brani della narrazione. Il testo di oggi ricalca in molti particolari il brano dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme: manda prima due discepoli, dice loro cosa accadrà, e poi avviene proprio così. Sia là che qui Gesù mette in evidenza il suo essere “Signore” (là) e Maestro (qui). Allo stesso modo, come si definisce anche al momento della lavanda dei piedi nel racconto di Giovanni: “Voi mi chiamate Signore e Maestro, e dite bene, perchè lo sono…”. Anche dicendo: “la mia” stanza, si mostra Signore, nel bisogno. Tutto questo vuole sottolineare come in questa ora di tenebre, in qualche modo la signoria di Gesù è al punto culminante. Anche se esternamente sembra che le tenebre stiano vincendo, Lui è il Signore. Il traditore cerca il “tempo favorevole” per questa volontà di male, che adesso non ha più ciò che la trattiene (la folla, che in qualche modo “proteggeva” il Signore), ma può esprimersi al massimo. Però è anche il tempo in cui si esprime la vittoria del Signore. Si può notare, per l’accostamento dei due brani, un confronto voluto tra la donna di ieri e Giuda, rispetto al rapporto con il corpo del Signore. Come si valuta questo rapporto, cosa vuole dire, quanto vale? O è tale per cui vale la pena perdere tutto (come è per la donna) oppure lo si vende / valuta poco. Così pure può essere il nostro rapporto con la Messa. Notiamo anche l’ “ingenuità” dei discepoli che chiedono: “Dove vuoi che ti prepariamo perchè tu possa mangiare la Pasqua?” Come se fosse un fatto “suo” personale. E Gesù risponde ricordando e custodendo per loro la comunione nella Pasqua, che è un fatto che riguarda tutti: “Dite: Dove è la mia stanza perchè io possa mangiare la Pasqua CON I MIEI DISCEPOLI!”. Anche questo si può riferire alla Messa, alla sua adeguata “preparazione” e alla celebrazione della comunione tra il Signore e i suoi discepoli.
E’ un brano pieno di attesa e ricco di tensione. I discepoli vogliono “preparare” la pasqua , secondo la tradizione. L’iniziativa parte da loro. E’ come se non avessero capito la novità assoluta di Gesù e volessero ricondurlo nell’alveo rassicurante della tradizione religiosa di Israele. Giuda cerca l’occasione opportuna per consegnarlo. Consegnarlo ai sommi sacerdoti, ma sarà Gesù stesso che si consegnerà al mondo, alla chiesa. Gesù, che è perfettamente padrone della sua vita e delle sue decisioni, con calma e signoria, dà le disposizioni perché tutto si compia. Lui sa bene cosa sta per fare. Sarà una Pasqua completamente nuova, che nasce però dal ceppo dell’Israele fedele, forse rappresentato dall’uomo con la brocca d’acqua? Gesù è continuità e novità.