24 In quei giorni, dopo quella tribolazione,
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
25 le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
26 Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27 Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.

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Forse con questi versetti ci troviamo davanti agli eventi finali. Possiamo notare che il discorso passa dal soggetto in seconda plurale, e quindi coinvolgente direttamente le nostre persone, ad una terza plurale – “allora vedranno” – che sembra indicare altri da noi, come a confermare come la nostra generazione non sia coinvolta negli eventi della fine. Anche le due parabole che concluderanno il capitolo potrebbero essere conferma che la nostra parte è quella del vigilare più che quella di essere direttamente coinvolti negli eventi della fine.
Tuttavia mi sembra di potervi proporre anche una diversa “lettura” di questi versetti. L’ampia citazione di testi profetici, soprattutto di Daniele, come potete verificare andando ai testi suggeriti dalle note delle bibbie, può essere intesa come propria dell’esperienza di ogni credente. Il sole, la luna, le stelle, le potenze dei cieli hanno nella tradizione ebraico-cristiana il valore di “segni” del mistero e della presenza di Dio nella creazione e nella storia. Ma c’è una crescita, un avanzare in noi, nella nostra esperienza interiore come nella nostra vita di fede, speranza e amore, c’è una crescita della presenza-evidenza del Signore nella nostra vita e dentro di noi. Allora, più questo avviene, più impallidiscono i “segni”, che progressivamente lasciano il posto alla realtà di cui appunto sono segno. Allora il Signore diventa Lui il nostro sole! E il sole appare sempre di più come un segno prezioso di Lui, ma appunto solo un segno. Come una lettera di una persona amata: segno preziosissimo di lei, che noi tuttavia speriamo ceda il posto alla presenza diretta della persona amata accanto a noi e con noi.
Se è così, l’esperienza diretta che noi abbiamo di Lui ci consente di “riconoscerlo” direttamente in noi e intorno a noi. Allora noi veramente vediamo il Figlio dell’uomo venire sulle nubi (cioè con una manifestazione ben più potente ed evidente di ogni “segno”), non solo e non più “nel segno” delle nubi, ma “sulle nubi”, e quindi con un’evidenza ben più forte di quella che ci possono dare questi “segni” di Lui.
Forse possiamo ulteriormente dilatare la considerazione con un pensiero tratto dal ver.27. Quando noi ci raccogliamo insieme nella realtà modesta della nostra assemblea per celebrare la Pasqua del nostro Signore, forse è possibile attribuire a quell’evento lo spessore e il rilievo delle parole di questo versetto. In quel momento infatti non siamo tanto noi che ci troviamo insieme, ma è Lui che “manda gli angeli e raduna i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.