1 Mentre usciva dal tempio, uno dei suoi discepoli gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!». 2 Gesù gli rispose: «Vedi queste grandi costruzioni? Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta». 3 Mentre stava sul monte degli Ulivi, seduto di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte: 4 «Di’ a noi: quando accadranno queste cose e quale sarà il segno quando tutte queste cose staranno per compiersi?».

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Certamente nella fede ebraica più pura – pensiamo allo stesso discorso di Salomone per l’inaugurazione del tempio (1Re8) – questo luogo è un segno. Ma nella comune interpretazione popolare il tempio è la casa di Dio. In questo senso, la purificazione dei segni accompagna la storia di Israele e in particolare la predicazione profetica. Con Gesù, però, il discorso si fa più radicale, e bene lo esprime la radicalità della sua affermazione al ver.2: “Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta”. La distruzione del segno non è certamente un impoverimento della realtà della fede, ma il suo compiersi e il suo pienificarsi. Diminuisce la rilevanza del segno per il manifestarsi diretto e pieno della realtà che il segno indicava e in certo modo rendeva presente.
La realtà che il segno rendeva presente si afferma e i segni necessariamente arretrano. Gesù è Colui che la storia della salvezza e i suoi segni – le sue manifestazioni – preannunciavano, e che ora pienamente si manifestano in Lui, il Figlio di Dio Figlio dell’uomo. E’ nell’umanità di Gesù che Dio pienamente si rivela e si rende presente!
Possiamo anche subito dire che questo è meraviglioso. Ma dobbiamo rassegnarci a sederci accanto a Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea, e alla loro istintiva – e quasi giusta – domanda. E’ una domanda che interpella Gesù sui tempi e, ancora, sui segni. “quando accadranno queste cose e quale sarà il segno quando tutte queste cose staranno per compiersi?”(ver.4). Ecco! A me sembra che noi ci troviamo proprio in questa condizione “apocalittica”, condizione finale, che nello stesso tempo è chiamata ad accogliere la realtà di Gesù e ad attenderne la piena e ultima manifestazione. Quando andavo a scuola mi pare che si esprimesse questa situazione con le paroline “già e non ancora”. Dobbiamo accettare di essere continuamente tentati di “ritornare indietro”, di ritornare alla religione del tempio. Convertirsi è incessante conversione a Gesù.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.