1 Mentre usciva dal tempio, un discepolo gli disse: “Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!”. 2 Gesù gli rispose: “Vedi queste grandi costruzioni? Non rimarrà qui pietra su pietra, che non sia distrutta”. 3 Mentre era seduto sul monte degli Ulivi, di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte: 4 “Dicci, quando accadrà questo, e quale sarà il segno che tutte queste cose staranno per compiersi?”.

Seleziona Pagina
Mi permetto di proporvi una “lettura” del cap.13, che tenti di cogliere la connessione tra la domanda che i discepoli pongono al Signore, circa “la fine” di tutta la viucenda, sia quella che più direttamente li coinvolge nel loro incontro con Lui, sia quella che tocca le sorti di tutto il mondo, e “il fine” di tutto: quindi il come e il quando tutto finirà, e il senso ultimo di tutto. Se queste parole vi sembrano astruse, non preoccupatevi: sono dovute alle mie complicazioni mentali, ma il Signore ci aiuterà ad accogliere tutto con pace e semplicità interiore.
Osserviamo la “scena” di questo episodio che raccoglie tutto il cap.13: Gesù si trova con alcuni discepoli, esplicitamente nominati – Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea – sul monte degli ulivi, quindi di fronte al tempio, la grande costruzione del nuovo tempio, ancora non ultimata. Il discepolo del ver.1 esprime una naturale ammirazione per la grandiosità della costruzione. Gesù reagisce e risponde con l’annuncio della distruzione radicale di tutto ciò! Entriamo così in un grande discorso sulla “catastrofe” che riguarda tutta la creazione e tutta la storia.
Al ver.4 i discepoli pongono a Gesù due interrogativi: Quando tutto questo accadrà e quali saranno i “segni” di questi eventi che contrastano così violentemente con quello che i loro occhi in quel momento vedono. L’affermazione di Gesù suona particolarmente scandalosa agli orecchi “religiosi” di Israele che celebra nel tempio l’incontro tra Dio e l’uomo. Ma, come vedremo, Gesù “sposta” tale incontro da una dimensione “spaziale” – il tempio appunto – a quella “temporale”, un tempo di incontro che si compirà, e che è già iniziato: siamo già, in certo senso, nella “fine” del mondo. Nel nostro dialetto c’è una simpatica espressione che sembra nascere da qui:”Hai assaggiato questi tortellini (ma vale anche per ogni altra cosa buona o bella o simpatica…)? Sono la “fine del mondo!”. Cioè più buoni di così non si possono mangiare. Tutto il seguito del capitolo si può considerare come un’unica risposta a queste due domande. Sarà una risposta soprattutto “in negativo”, per dire di come non ci si dovrà lasciar sedurre da presunti segni e previsioni. Ma sarà anche l’annuncio diretto e forte della fine reale di tutto.
La “lettura” che oggi vi propongo anche per i prossimi giorni è quella che vede tutta la creazione e tutta la storia finalizzate ad un unico evento: l’incontro, in Gesù Cristo, tra Dio e l’umanità, tra il Signore e la sua creatura amata. Tutto quello che sembra imporsi per la sua grandezza, la sua importanza, la sua bellezza, la sua tragicità…tutto quello che ognuno di noi può considerare, in positivo o in negativo, assolutamente importante, tutto, tutto, è orientato, attratto, condannato, atteso…nella direzione finale della creazione e della storia, l’incontro d’amore tra Dio e la sua creatura prediletta. La glorificazione dell’umanità contro tutte le sue misere idolatrie, le sue speranze effimere, i suoi falsi obiettivi, le sue perverse regalità….Tutto questo deve finire. Ma la fine non sarà la fine! La fine sarà – ma, come vedremo, se Dio vorrà, la fine è già fin d’ora – “il fine”, il grande obiettivo, la luce finale, la gioia suprema di questo incontro d’amore. L’amore vale più di tutto. Tutto quello che ancora sembra imporsi come più importante dell’amore, è destinato a finire.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
La osservazione del discepolo sulla maestosità del tempio e la grandezza delle sue pietre, stupisce qui, e sembra quasi banale, dopo le parole di Gesù, che nelle varie controversie precedenti ha dato uno squarcio di rivelazione si di sè, come Signore di Davide, e sul tempio, come cas di preghiera per tutti i popoli. Dicendo che “non resterà di quelle costruzioni pietra su pietra”, ci ricorda le parole del suo lamento alla vista di Gerusalemme (secondo il Vangelo di Luca): questa distruzione avverrà “perchè non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata!”. E ancora, quando i quattro discepoli gli chiedono: Quando accadrà questo e quali sono i segni che lo annunceranno?, Gesù di nuovo risponde mettendo al centro la Sua vsita e il rappporto dei suoi con Lui: “Nessuno vi inganni dicendo: Sono io!”
Questi primi 4 vv. quindi ci sembrano voler ricondurre la attenzione alla relazione con Gesù, figlio di Dio: attraverso di Lui, Dio ha visitato il suo popolo. Il rischio è quello di non accorgersene, o di venire ingannato da altro/i. Questa cosa che dice Gesù: “Non rimarrà qui pietra su pietra che non sia distrutta”, in realtà non è strana per gli orecchi di un ebreo: c’erano infatti giò state molte distruzioni del tempio nella stroria del popolo (Silo, e Nabucodonosor). Ma se da una parte queste parole di gesù sono in linea con tutto l’annuncio dei profeti, contengono però anche qualcosa di nuovo. Gesù parla della fine non solo del tempio, ma anche di tutto un sistema, di tutta l’antica economia. “Sedeva davanti al tempio”, queste parole forse vogliono anche indicare come ora sia diventato Gesù il luogo dell’incontro dell’uomo con Dio. E il tempio non sarà più ricostruito. Sono “grandi” costruzioni, di cui non resterà pietra su pietra: è anche un annuncio della opportunità e del valore della piccolezza: “Questa vedova, nella sua povertà, ha messo più di tutti nel tesoro!”.