41 E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. 42 Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. 43 Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: “In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44 Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”.

Seleziona Pagina
Ancora una volta ringraziamo il Signore per la grande grazia della nostra “Lectio continua” del testo biblico nella preghiera e, per i più fortunati, nella liturgia quotidiana, perchè è proprio questo cammino di continuità che ci offre la possibilità di cogliere i legami preziosi che uniscono tutte le Scritture in un unico “Libro”, dove la molteplicità dei particolari si raccoglie in perfetta unità e armonia nella persona del nostro Signore Gesù Cristo. Così, oggi, la figura di questa vedova povera che si illumina con tutto quello che abbiamo ascoltato in tutto il cap.12 del Vangelo secondo Marco e che tutto unisce in un’unica grande luce.
E’ quindi inevitabile ritornare anche al testo di ieri e all’accusa di Gesù contro gli scribi che “divorano le case delle vedove”(ver.40). Quello che ieri poteva sembrare un particolare un po’ strano, oggi fa pensare addirittura ad un senso anche simbolico dell’affermazione, come se gli scribi, con la loro arida scientificità, potessero aggredire la divina bellezza della povertà di questa vedova, che diventa immagine stupenda della Chiesa Sposa che tutta si dona allo Sposo Cristo.
Sono “tanti” i ricchi che in quella folla gettano molte monete nel tesoro del Tempio. Ma lei, la vedova povera, secondo la matematica divina di Gesù, vi getta più di tutti gli altri. Non getta infatti dalla sovrabbondanza, ma dall’indigenza. E vi getta “tutto quanto aveva per vivere”(ver.44), reso con la forte espressione “tutta la sua vita”. Ed è questo ciò che Dio attende come frutto della sua vigna d’amore.
Ripercorriamo molto rapidamente tutto il cap.12, per verificare come in questa figura femminile si raccolga quello che già la parabola della vigna aveva affermato, e cioè la responsabilità di un affidamento prezioso dal quale il Signore della vigna aspetta il frutto che gli si deve. Tale frutto non è quello che si deve a Cesare, secondo i vers.13-17, ma è quello che è “di Dio” e di nessun altro, e cioè il mistero dell’intera nostra vita di figli di Dio. Questo rivela il dono nuziale che definisce la nostra comunione con il Figlio di Dio, comunione che oggi la vedova celebra in pienezza (così ai vers.18-27). Tale amore totale convoca “tutto il cuore, tutta la mente e tutta la forza” di ognuno amato dal Signore, che risponde al dono d’amore amando in questo modo Dio e il prossimo (vers.28-34). Questo amore “sino alla fine” è quello che il Figlio di Dio ha celebrato nel suo inabissamento nella condizione ferita dell’umanità, fino all’obbedienza della croce: Il Figlio di Dio si è fatto Figlio di Davide per la salvezza di tutto il genere umano (vers.35-37). La vecchia economia rappresentata dagli scribi deve ormai considerarsi compiuta, sia nella sua funzione di attesa e di preparazione, sia nelle sue vicende di infedeltà e di peccato (vers.38-40). Ecco dunque, al termine di questo capitolo e dell’intera storia dell’umanità, la figura della Sposa, cercata, ritrovata e amata fino al sacrificio d’amore. E’ Lei, umile e povera, la figura straordinaria di un’umanità finalmente Sposa del Figlio di Dio, e quindi capace di celebrare nella sua povertà il sacrificio d’amore di Colui che per Lei si è fatto povero.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
La Piccola Regola oggi ci ricorda che il “dono e la virtù della Povertà… ci impegnano a desiderare ardentemente e a sperare, non solo per ognuno singolarmente, ma anche per la famiglia nel suo insieme e per sempre, il dono della povertà evangelica, che spoglia da ogni ricchezza materiale e intellettuale, E ACCOMUNA AI MINIMI E AI POVERI DI GESU’ “.
Queste parole della regola sono indicazione di una via e occasione per assomigliare alla povera vedova del vangelo di oggi, e perciò a poter offrire come lei offrì “tutto ciò che aveva per vivere”. Mentre infatti tutti offrono da ciò che è superfluo per loro, vivere la povertà ci assimila a quella donna, e ci permette di offrire un dono “dalla povertà”: un dono “completo”. Domenica leggeremo nella 2.a lettura (Rom 12) che l’offerta gradita a Dio è il sacrificio del nostro corpo, cioè di tutto noi stessi.
Questa “totalità” e “integrità” del dono ci riporta alle parola ascoltate pochi giorni fa dal Signore, quando ci ha ricordato che il “primo” comandamento” esige che amiamo Dio con “tutto” il nostro cuore, “tutta” la mente, “tutte” le forze. La vedova offre a Dio tutta la sua vita, e si affida completamente a Lui. I ricchi, offrendo “parte” di ciò che hanno, offrendo del “superfluo”, mostrano di non avere bisogno di Dio, perchè possono contare sui propri beni.
Dove è il nostro tesoro, là è la nostra vita: la vedova ha messo il suo tesoro nel tempio, in Dio, cioè, e in Dio trova la vita.
I ricchi, evidentemente, considerano superflua la vita eterna, seppure la considerano.
E ci sono anche quelli, come me, che, pur cercando la vita in Dio, tengono qualcosa per sè… mai affidandosi completamente a Lui.