13 Gli mandarono però alcuni farisei ed erodiani per coglierlo in fallo nel discorso. 14 E venuti, quelli gli dissero: “Maestro, sappiamo che sei veritiero e non ti curi di nessuno; infatti non guardi in faccia agli uomini, ma secondo verità insegni la via di Dio. E’ lecito o no dare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare o no?”. 15 Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse: “Perché mi tentate? Portatemi un denaro perché io lo veda”. 16 Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: “Di chi è questa immagine e l’iscrizione?”. Gli risposero: “Di Cesare”. 17 Gesù disse loro: “Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”. E rimasero ammirati di lui.
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Questo regalo prezioso che il Signore ha messo nella nostra vita, e cioè il cammino senza salti nella Parola di Dio – la Lectio continua nella nostra preghiera e nella nostra riflessione quotidiana – ci consentono di cogliere l’armonia e la profontità di ogni testo biblico quando appunto viene ascoltato nella sua connessione con il testo già celebrato e, globalmente, con tutta la Scrittura. Così oggi sarà semplice per noi collegare la Parola che ci viene regalata dal Signore con quella che ieri abbiamo da Lui ricevuta. Consideriamo allora la parabola della vigna come immagine fondamentale di quanto segue in tutto questo cap.12. Questa non è peraltro l’intenzione che guida gli interlocutori di oggi – nei prossimi giorni troveremo sempre diverse “categorie” di persone entrare in contatto con Gesù, con intenzioni diverse – oggi appunto farisei ed Erodiani alleati nel cercare di tendere un imbarazzante tranello a Gesù, esponendolo alla pericolosa alternativa tra un atteggiamento legalista verso il potere politico, e un’ipotesi di insubordinazione patriottica o addirittura “religiosa”.
Mi sembra interessante la lunga premessa adulatoria del ver.14, tra l’altro poco vera, perchè è impossibile attribuire a Gesù questa specie di impassibilità tipica della freddezza giuridica delle sapienze mondane. Gesù vuole bene alla gente, chiunque sia, e il capitolo che stiamo ascoltando ne è prova evidente. Mi sembra interessante questo, anche perchè la vera etica cristiana, alla fine così distante da ogni etica naturale-razionale, è sempre attenta alla persona, ad ogni persona, alla sua storia, alla sua coscienza attuale…
Gli chiedono dunque:”E’ lecito o no dare il tributo a Cesare?”; e la versione di Marco insiste sulla concretezza del problema:”Lo dobbiamo dare o no?”. Per aprire la mente e il cuore alla reazione e alla risposta di Gesù – che ha aperto fiumi di commenti nei secoli cristiani – mi sembra molto importante innanzi tutto cogliere da Lui un criterio rigoroso di “metodo”. Gesù, infatti, come di sorpresa, introduce l’elemento decisivo di confronto e di giudizio, assente nella loro domanda: la presenza e la signorìa di Dio nella vita del credente! Per capire se è lecito rendere qualcosa a Cesare, bisogna porre a fondamento della questione il mistero di Dio, e la sua opera per noi e tra noi. E’ questo che mi ha fatto ritornare all’immagine della vigna dei vers.1-12. Che cos’è il mondo per il credente? E’ la vigna del Signore. Tale vigna è stata da Lui affidata – data in affitto! – non a uno solo, ma a tutti, con compiti e responsabilità diversi. Il senso positivo della vita umana è il lavoro e la custodia della vigna come lo era per il giardino delle origini dato ai progenitori. Il fine di tutto, non è, per fortuna, la fine di tutto, e cioè la morte, ma la restituzione a Dio di ciò che è suo, e, come ci rivela Gesù, la restituzione di noi stessi. A Dio, appunto, e non alla morte.
Per questo motivo mi sembra si possano trarre due conclusioni. La prima è che la sapienza e l’azione del credente devono essere innanzi tutto una vigilanza “in negativo”, data la drammatica esposizione, così nota ai padri ebrei e talvolta un po’ menoi chiara a noi cristiani, di scambiare Dio con una realtà terrena e precipitare nell’adorazione dell’idolo. La seconda è che ogni tentativo di fare un “elenco fisso” di quello che si deve rendere a Cesare è inevitabilmente e pericolosamente vago e superficiale. Una volta detto che certamente non posso rende a Cesare l’ikona di Dio, perchè quella và restituita a Dio, mi sembra resti emergente la responsabilità che ogni generazione e ogni coscienza hanno di fronte a questa risposta di Gesù. Tanto per fare un esempio, non moltissimi decenni fa la comunità ecclesiale partecipava pienamente all’ipotesi del sacrificio della vita per i sacri confini della patria; penso che oggi tutto questo sia felicemente accantonato. Ma di questioni delicatissime ne restano molte. E ogni giorno se ne aggiungono. Resta che Gesù è l’ikona di Dio. E che, per il sacrificio d’amore di Gesù, è ikona di Dio ogni nostro fratello e sorella.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Secondo verità insegni la via di Dio”: anche se detta con iposcrisia, questa frase indica uno dei volti veri di Gesù. – Il tributo di cui si parla fu imposto nell’anno 6 d.C..Cosa leggevano Gesù e gli altri sulla moneta? “Tiberio, Cesare, figlio del divino Augusto”; sulle monete circolanti in Siria, si leggeva addirittura: “Tiberio… figlio dell’augusto Dio”. Penso che da qui venisse il problema: E’ lecito o no dare il tributo, riconoscendo così questo personaggio “divino”…? – Nella risposta di Gesù mi sembra fondamentale la seconda parte: “Restituite a Dio ciò che è di Dio”, restituitegli la sua vigna, il suo popolo, di cui altri si appropriano privandolo della sua dignità e libertà… Siamo il popolo restituito a Dio, affidato alle mani del Padre, tornato alla pienezza della dignità filiale.
I farisei e gli erodiani, diventano complici e vengono inviati a porre una domanda ipocrita e insidiosa a Gesù. Gesù risponde con sapienza e li lascia stupefatti e ammirati (v.17). La sua risposta: “Date a Cesare quel che è di Cesare”; mostra che non vuole opporsi alla legge della potenza occupante al modo degli zeloti, che non è un rivoluzionario, ma precisa, mettendo al centro l’uomo (e date a Dio ciò che è di Dio”)
Vengono “per coglierlo in fallo nel discorso” (lett. “per catturarlo/intrappolarlo con una parola”). La parola di Gesù, che come dichiariamo con fede prima di accostarci alla Comunione: “…dì soltanto una parola e io sarò salvato”, è una parola che Lui ci dona per salvarci, viene ricercata da questi oppositori per farla diventare una trappola per Lui. Lo stupore ammirazione finale sembrano sinceri, e vogliono forse dire come anche gli avversari riconoscano la dolce potenza liberante delle Parole del Signore.