1 Gesù prese a parlare loro in parabole: “Un uomo piantò una vigna, vi pose attorno una siepe, scavò un torchio, costruì una torre, poi la diede in affitto a dei vignaioli e se ne andò lontano. 2 A suo tempo inviò un servo a ritirare da quei vignaioli i frutti della vigna. 3 Ma essi, afferratolo, lo bastonarono e lo rimandarono a mani vuote. 4 Inviò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo coprirono di insulti. 5 Ne inviò ancora un altro, e questo lo uccisero; e di molti altri, che egli ancora mandò, alcuni li bastonarono, altri li uccisero. 6 Aveva ancora uno, il figlio prediletto: lo inviò loro per ultimo, dicendo: Avranno rispetto per mio figlio! 7 Ma quei vignaioli dissero tra di loro: Questi è l’erede; su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra. 8 E afferratolo, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. 9 Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e sterminerà quei vignaioli e darà la vigna ad altri. 10 Non avete forse letto questa Scrittura: La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo; 11 dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri”? 12 Allora cercarono di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. E, lasciatolo, se ne andarono.

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Qual’è il senso di tutto il progetto di Dio? Che cosa cerca e vuole Dio da noi? Dove và la storia? Sento necessario a questo punto della strada nel Vangelo secondo Marco farmi insieme a voi queste domande…troppo grandi! Mi sembra di trovare dentro di me, attraverso uno sguardo nuovamente rivolto a tutto il testo biblico, all’esperienza che da anni ne stiamo facendo, alla nostra preghiera, al nostro dolore e alla nostra gioia, persino ai miei peccati… che il fine di tutto sia la meraviglia della vita divina come relazione e comunione d’amore. Come tutto sia stato creato per questo, e soprattutto la creatura umana. Che cosa vuole dunque questo Signore? Vuole la relazione d’amore: con Lui e tra noi. E’ fin troppo facile, capisco, concludere così….Eppure, il rischio è che perdiamo di vista questo “cuore” di tutto, e ci perdiamo tra frammenti che, pur importanti, non hanno senso senza questo “fuoco” che illumina tutto!
Anche la fine della vecchia economia trova qui il suo motivo: bisogna andare avanti!.
La parabola di oggi è una sintesi vertiginosa di tutta la storia. Quella vigna è la creazione del mondo, e in particolare il giardino delle origini, il giardino perduto. Il Tentatore ha ingannato. Il dono è diventato oggetto di cupidigia per un possesso senza comunione con il Donatore. Israele è il principio, profetico, della nuova creazione. La vigna è il microcosmo del grande giardino. Tutta la storia della salvezza non è un tentativo di Dio di riscuotere interessi, come potrebbe dire un ascolto superficiale della nostra parabola, ma la grande ricerca d’amore che Dio fa della creatura umana amata e perduta.
Rifletto un istante su quel “se ne andò lontano” del ver.1. Lo fa proprio per arricchire la comunione d’amore. Quando ci si separa dalla persona amata, cresce la sete, cresce a dismisura la ricerca dei modi e dei segni per dire che ci si vuole bene. Molto più che se si fosse sempre insieme. E’ una lontananza per esaltare la vicinanza! Ma appunto, diventa nel nostro cuore malato, tentazione di possesso esclusivo e solitario. E’ una frasa drammatica pensare a un Dio che vuole riscuotere il suo! Il “suo” siamo noi! Che qualcuno arrivi “a ritirare i frutti della vigna” è semplicemente la posizione di suprema grandezza che la creatura umana ha rispetto alle altre creature. Noi abbiamo la possibilità di “restituire” l’amore con il quale Egli ci ama!
Noi abbiamo la possibilità meravigliosa di sapere che è “innaturale” la nostra condizione, e la relazione con tutto quello che ci circonda: non è “naturale”, ma è Dono d’amore! E’ la possibiolità e la grazia di tutto “ricomprendere” all’interno della relazione e della comunione d’amore. E la storia è la storia delll’amore paziente di Dio. I servi inviati sono per dire che Dio non cede al divorzio e alla sua tristezza. E tutto questo sino all’invio del Figlio prediletto. L’uccisione di questo Figlio è il principio di una dilatazione universale della conoscenza e dell’esperienza di questa offerta dell’amore divino. Gli altri, i pagani, sono tutti i popoli, ammessi all’eredità che una parte di Israele ha rifiutata.
La sconfitta storica di Dio nella Pasqua del Figlio è il principio, la Pietra Angolare di un nuovo Tempio universale, in ogni cuore umano, e nella figliolanza- fratellanza umana nella paternità di Dio. Il cuore di tutto – e quindi il cuore del nostro brano – non è certo l’eliminazione dei vecchi vignaioli, che sarà solo temporanea come Paolo grida e canta in Romani 9.10.11. La Pasqua di passione e di gloria del Figlio di Dio è il principio e il fondamento dell’annunncio del primato dell’amore a tutti i popoli e a tutti i cuori. Il racconto ora deve proseguire nei consigli di morte dei capi del popolo. Ma questo non farà altro che generare finalmente quello che a lungo Dio ha preparato.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Sembra di dover riconoscere nel brano di oggi una grande diversità tra il pensiero di Dio e quello di noi uomini. Da una parte c’è Lui e la sua bontà, e tutto quello che fa, p. es per questa vigna prediletta, tutta l’attenzione con cui la cura e dispone che qualcuno la custodisca è perchè gli interessa molto rendere, attraverso di essa, partecipi anche gli uomini della sua bontà, avere con loro una relazione comunione non come con servi ma con amici.
Al contrario quei vignaioli sembrano interessati al possesso di quella vigna, ben più che al rapporto di amicizia e comunione con il suo padrone.
E infatti quando, dopo aver mandato molte volte e in diversi modi i suoi servi, ora manda Gesù il suo “figlio prediletto”, i vignaioli purtroppo accecati, vedono in Lui solo “l’ “erede”, cioè il legittimo proprietario di quanto essi pensano di rapinare, e nella vigna “l’eredità” di cui vogliono impossessarsi, e non l’occasione a loro data per vivere in amicizia e comunione con Dio.