57 Venuta la sera, giunse un uomo ricco, di Arimatea, chiamato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù. 58 Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato allora ordinò che gli fosse consegnato. 59 Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito 60 e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all’entrata del sepolcro, se ne andò. 61 Lì, sedute di fronte alla tomba, c’erano Maria di Màgdala e l’altra Maria.
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Con una certa varietà di informazioni, i quattro Evangelisti sono concordi in una presentazione molto positiva di questo Giuseppe di Arimatea. Essi concordano nel dirlo, come esplicita Matteo, “discepolo di Gesù” (ver.57). Giovanni precisa che era discepolo “di nascosto, per timore dei Giudei” (Giovanni 19,38).
E’ la figura piena del vero figlio della Prima Alleanza:” Aspettava anch’egli il regno di Dio” precisa Marco (Marco 15,43).
Secondo Luca, non approvava la decisione e il comportamento dei suoi colleghi del Sinedrio (Luca 23,51).
I cristiani di oriente lo venerano come santo!
L’incontro tra lui e Pilato ha delle varianti, e mi sembra si tenda ad un’interpretazione meno negativa del rapporto di Pilato con Gesù, che peraltro lui aveva consegnato alla morte con un’imperdonabile attentato alla sua responsabilità giuridica e politica. E’ interessante a questo proposito il testo di Gustavo Zagrebelski.
C’è un particolare affascinante che solo Giovanni ricorda e che vi consiglio di osservare. Si tratta di quel Nicodemo che in Giovanni 3 si era recato dal Signore con il quale aveva avuto un dialogo interessante, e che ora porta un’ingente quantità di unguento per la sepoltura. Mi piace considerare insieme lui e Giuseppe di Arimatea, che istintivamente sento come “discepoli della notte”: una notte che si affaccia sulla fede di Gesù!
Qui il sepolcro sembra essere di proprietà di Giuseppe che se lo era fatto scavare. Giovanni precisa che in quel sepolcro nessuno era stato ancora deposto.
Possiamo forse dire che si coglie un legame stretto, necessario e inevitabile, tra la fede ebraica e quella cristiana. La prima ci dona profeticamente l’umanità di Gesù, e l’altra ci rivela in Lui la vittoria sul Male e sulla Morte.
Quando Giuseppe si allontana dopo aver seppellito Gesù, il Vangelo ci regala la presenza delle donne. Per Matteo sono due: una è la Maddalena, e l’altra può essere una delle due madri che abbiamo incontrato al ver.16 di questo capitolo, insieme a molte altre donne che “avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Sembra di cogliere in queste ore che seguono la morte di Gesù un clima di sospensione, quella sofferenza silenziosa che segue il compimento di un dramma. Di Giuseppe di Arimatea si dice che era “un uomo ricco”; considerate le cose positive che sappiamo di lui, possiamo pensare che abbia seguito anche le indicazioni del Maestro sulla ricchezza. Ora comunque compie un gesto significativo: chiede e ottiene la consegna (l’ultima delle numerose “consegne”) del corpo di Gesù per la sepoltura. Il sepolcro – si dice – è nuovo: sembra un segno di quella novità assoluta che il Signore ha inaugurato con la sua morte, novità di vita, novità nella relazione con il Padre e con i fratelli… Giuseppe poi “se ne andò”: forse non si aspettava più nulla? Rimangono le due Marie; manca la terza, che dovrebbe essere la madre di Giacomo e Giovanni: sfumati i sogni di gloria, anche lei – possiamo pensare – se ne era andata delusa. Le altre due se ne stanno “sedute di fronte alla tomba”: dolenti e deluse o in attesa e nella speranza di altri eventi?