30 Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31 È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; 32 ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
33 Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. 34 Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
Mc 4,30-34 – La registrazione mp3 dell’omelia partecipata al ritiro dei fratelli e delle sorelle a Sovere
E’ affascinante la versione latina del ver.30, che ci aiuta a cogliere chiaramente lo scandalo della “piccolezza” del regno di Dio: “Quomodo assimilabimus regnum Dei aut in qua parabola ponemus illud?”. Questa è infatti la prospettiva preziosa che ci consente di vedere come il “farsi piccolo” di Dio in Gesù promuove ed esige la “piccolezza” del suo “regno”. Una piccolezza che va dalla povertà alla persecuzione, e coinvolge ogni aspetto della vita umana, fino alla stessa “povertà culturale” quella che “filtra” tutto nello “scandalo” del Vangelo fino alla Croce del Signore. Penso a quella “chiesa povera e dei poveri” che il Vescovo di Roma desidera e mostra nella sua stessa persona e in ogni sua parola
Il traduttore italiano non resiste a tanta piccolezza e fa diventare “piante dell’orto” (ver.32) gli ortaggi. Tuttavia anche il testo originale dice che questi ortaggi hanno “rami grandi”, per lo meno quanto basta perché gli uccelli del cielo possano fare il nido alla sua ombra! Anche se sono pur sempre “ortaggi” e non sono grandi alberi come quelli di cui dicono i testi dell’Antico Testamento – Ezechiele e Daniele – che Gesù cita in questo ver.32.
Ed è prova e conferma della piccolezza del regno di Dio lo stesso uso delle parabole, un “genere letterario” molto lontano dalla filosofia, dalla teologia e dalla grande letteratura. Il ver.34 dice che “senza parabole non parlava loro”, e questo mi sembra preziosissimo perché molti miei amici avrebbero gran bisogno di cogliere e accogliere questo Dio che si è fatto piccolo tra noi, con noi e per noi, e una certa dottrina e certi catechismi hanno deviato da ciò! E questi miei amici vedo che gradiscono e sono molto interessati ad un “cristianesimo laico” che semplicemente parli della vita umana così come è annunciata nel Vangelo del Signore. Verso queste persone è importantissimo essere noi stessi una “parabola” della povera condizione umana visitata dalla Parola evangelica. E anche l’affermazione, sempre al ver.34, che “in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa” è di suprema importanza, perché con loro Gesù tira le conclusioni più profonde che le sue parabole suggeriscono. Infatti tutte le parabole sono “scene” di piccolezza, che Dio visita e ama, dalle quali non si può trarre che un insegnamento di piccolezza e di povertà che nella Persona di Gesù Dio ha visitata e assunta per Sé!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.