13 Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. 14 Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con lui e per mandarli a predicare 15 con il potere di scacciare i demòni. 16 Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, 17 poi Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè «figli del tuono»; 18 e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo 19 e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.
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La Parola che oggi il Signore ci dona è la gloria dell’elezione divina. Quindi quello che viene detto dei Dodici lo possiamo e lo dobbiamo ascoltare anche per noi! Mi sembra che per questo certi passaggi siano precisati in modo che la figura dell’apostolo sia non una condizione esclusiva ed escludente, ma piuttosto sia paradigma e fonte di ogni vocazione alla fede. Per questo dice che ne fa Dodici, “che chiama ‘anche’ Apostoli”. Consideriamo dunque la preziosità dei verbi che caratterizzano il nostro brano.
Gesù sale sul monte e chiama a sé quelli che vuole. La salita indica una condizione particolare e speciale, alla quale egli chiama gli eletti. E dice che “chiamò a sé quelli che voleva”. L’espressione vuole sottolineare con potenza quello che è proprio dell’elezione divina: non ci sono né doti, né meriti, né speciali condizioni per essere chiamati. Il dono della fede e della vita cristiana è assolutamente “dono”, “grazia”, e dunque mistero d’amore. Così è stata anche tutta la storia e la tradizione di Israele, il più piccolo di tutti i popoli, e chiamato da Dio! Fosse anche che ogni uomo e donna della terra dicessero di essere nella fede di Gesù, ognuno e tutti dovrebbero confessare l’assoluta gratuità di tale chiamata. Tutta la grande tradizione cristiana è concorde nel credere e nell’affermare che è grazia, è dono, anche il fatto che “essi andarono da lui”. E’ pensiero deteriore dire che la risposta alla chiamata è compito, fatica e responsabilità nostra. Tutto è grazia. Tutto è dono.
Al verbo “costituì” dei vers.14 e 16 mi sembra preferibile, anche se meno elegante, il verbo “fece”, che nella tradizione biblica è il verbo della creazione! E’ necessario e meraviglioso dire che si tratta di una nuova creazione! E’ una vita completamente nuova. E’ la vita di Dio, la vita del Figlio di Dio, a noi e in noi. Il solo Marco tra gli Evangelisti ama dire il volto nuovo di questa condizione e di questa storia nuova: ne fece Dodici “perché stessero con Lui”! (ver.14). La vita di comunione con Gesù è la sostanza della vita cristiana. Mi sembra meraviglioso dire così, piuttosto che definire la vita cristiana come obbedienza alla legge. Definire la vita cristiana come “comunione” non esclude certamente l’impegno di fedeltà alla Parola del Signore ma lega tale fedeltà al dono del Signore.
E Gesù chiama a sé i discepoli “per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demoni” (vers.14-15). Anche questa espressione non la considero come “esclusiva” di una funzione speciale! Io non posso dimenticare la “predicazione” del Vangelo che ho ricevuto da mio papà, dalle sue parole ma soprattutto da tutta la sua vita. E lo “scacciare i demoni” è legato proprio alla predicazione e alla testimonianza del Vangelo, e dunque anche questo è proprio di ogni cristiano, e non solo di cristiani “speciali”.
Nell’ ”elenco” dei dodici chiamati, notiamo che per uno, Pietro, è così forte il senso della sua chiamata, che Gesù gli cambia nome! Per noi cristiani il nome potrebbe – e forse dovrebbe! – essere molto importante, e quindi in qualche modo significativo. Il mio problema è quello di essere purtroppo molto infedele al mio nome, che significa “misericordia di Dio”! Qualche volta il nome sembra voler ricordare la storia delle persone che sono state chiamate alla salvezza: chissà come era il papà dei due che vengono chiamati “figli del tuono” (ver.17)!
E anche Giuda è chiamato! In modo severo si dice del suo tradimento. A me pare bello tenere la traduzione fedele al testo originale che dice di Giuda “che anche lo tradì” (ver.19), non solo “che poi lo tradì” come ha scelto il traduttore italiano. Mi sembra bellissimo che Giuda non possa essere considerato e nominato solo come quello che ha tradito Gesù, ma anche come chiamato da Lui! Mi è difficile pensare che la drammatica gravità del tradimento abbia annullato del tutto la divina bellezza della chiamata.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.