22 E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 23 Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24 E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. 25 In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

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Desidero vivamente ringraziare il Signore per la fede e la fedeltà dei Padri Ebrei a quella Prima Alleanza del Signore che ha preparato e ha condotto verso il suo compimento con Gesù e in Gesù. So che gli studi di molti hanno segnalato complessità e variazioni in questa fedeltà, ma per me è importante cogliere soprattutto la linea di continuità con la quale il Signore ha potuto portare a pienezza la sua comunione con il suo popolo.
Dunque, la novità sconvolgente che oggi la Parola di Dio ci annuncia rispetto alla liturgia pasquale ebraica è l’espressione di Gesù: “Prendete, questo è il mio corpo” (ver.22) e “Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti” (ver.24). Che dire? Dio ci ama! Dio si coinvolge interamente nella nostra storia e dona tutto Se Stesso per la nostra salvezza. La preghiera di questa mattina mi ha offerto anche il testo di Giona 3-4. Se potete, date uno sguardo in particolare a Giona 4! Mai come oggi ne sono rimasto impressionato e commosso. Quasi spaventato! La disperazione di Giona, fino a voler morire, per la rapida estinzione di quella pianticella di ricino, viene posta da Dio come pietra “scandalosa” di paragone con l’amore che lega Dio alla grande e selvaggia città di Ninive. Ho avvertito persino una forma di “dipendenza” di Dio nel suo amore sconfinato per questa città. E ora sono e siamo davanti all’amore divino per noi, che conduce il Figlio di Dio a farsi carne e a donarsi fino alla Croce!
Al ver.23 dice che del calice “ne bevvero tutti”: dunque anche Giuda! E questo “tutti” deve essere ora per sempre custodito come indicante che i “molti” del ver.24 significano veramente “i tutti”! Cioè la moltitudine, secondo lo stile letterario ebraico: e quello che prima indicava tutto il popolo di Dio, ora indica tutta l’umanità! Mi permetto di far notare che qui non troviamo l’espressione “offerto in sacrificio” che nella Messa viene detto per il pane. Quindi per il pane si deve pensare a quello che, come per il vino, Gesù stesso offre di Sé e in Sé.
Dobbiamo tenere in grande considerazione e attenzione anche il ver.25, dove Gesù dice “…non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio”. Forse non sempre siamo attenti a ricordare che l’Eucaristia è non solo “memoria” della Cena e del Sacrificio d’amore di Gesù, ma è anche attesa e anticipazione del banchetto finale al quale il Signore ci attende! Banchetto della speranza, dunque! Nella Messa s’incontrano, nel “presente” del dono del Signore, il “passato” del suo sacrificio, un passato sempre attuale, e il “futuro”, già in certo modo presente come assoluta speranza.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
I segni della nuova alleanza, del nuovo rapporto con Dio, sono i più semplici e normali della vita umana: il pane e il vino. Il contesto è ugualmente semplice e comune: un pasto, momento di convivialità, di piacere e di gioia. – “Questo è il mio corpo”: il corpo – spiega Ricardo Perez – è ciò che ci rende identificabili; è la persona, con le sue azioni e relazioni concrete. Gesù quindi ci dona la sua stessa vita, se stesso, perché ce ne nutriamo, lo assimiliamo… e diventiamo anche noi cibo per gli altri, nutrimento di vita.