14 Quando vedrete l’abominio della devastazione presente là dove non è lecito – chi legge, comprenda –, allora quelli che si trovano nella Giudea fuggano sui monti, 15 chi si trova sulla terrazza non scenda e non entri a prendere qualcosa nella sua casa, 16 e chi si trova nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. 17 In quei giorni guai alle donne incinte e a quelle che allattano!
18 Pregate che ciò non accada d’inverno; 19 perché quelli saranno giorni di tribolazione, quale non vi è mai stata dall’inizio della creazione, fatta da Dio, fino ad ora, e mai più vi sarà. 20 E se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessuno si salverebbe. Ma, grazie agli eletti che egli si è scelto, ha abbreviato quei giorni.
21 Allora, se qualcuno vi dirà: “Ecco, il Cristo è qui; ecco, è là”, voi non credeteci; 22 perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e prodigi per ingannare, se possibile, gli eletti. 23 Voi, però, fate attenzione! Io vi ho predetto tutto.
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Se la parola del testo precedente suggeriva reazioni e atteggiamenti da tenere, quella che oggi riceviamo dalla bontà del Signore si presenta soprattutto come “resistenza” passiva, come davanti a qualcosa che dice una fine che bisogna accettare. Questo mi orienta verso il pensiero della distruzione del tempio di Gerusalemme, e quindi verso la fine di un’economia che certamente non è la fine della fede ebraica, ma che la pone in quell’interiorizzazione che fin dall’esilio babilonese si era appunto affermata come religione interiore e sacrificio a Dio del cuore, della volontà, sacrificio di supplica e di lode. Ora sembra dunque il momento di una “resistenza” che non resiste per sopravvivere, ma perché ormai è l’ora di una comunione più profonda con Dio e con la sua Parola. Ma di quello che ho scritto non sono molto sicuro!
Si coglie la drammaticità del momento e insieme l’inutilità e l’inopportunità di opporvisi. E’ come se si trattasse di un frangente inevitabile (vers.14-20) di cui sembra tuttavia di cogliere il limite temporale: questo dramma passerà! E’ tremendo – “Se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessuno si salverebbe” (ver.20) – “ma, grazie agli eletti che Egli si è scelto, ha abbreviato quei giorni”. Dunque si affacciano alla storia coloro che vivranno il futuro che si sta preparando.
Per questo è da una parte inevitabile e necessario cogliere la fine inevitabile e drammatica di un certo regime – “quando vedrete l’abominio della devastazione presente là dove non è lecito” (ver.14) – e dall’altra non cedere ad ogni tentazione e seduzione: “Allora, se qualcuno vi dirà ‘Ecco il Cristo è qui; ecco, è là’, voi non credeteci” (ver.21). Siamo in un frangente ben diverso da quello di cui eravamo avvertiti ai vers.5-6 di questo capitolo: là poteva essere ingannevole illusione di prodigi meravigliosi, qui sarebbe rischio di farsi ingannare da false ipotesi di sopravvivenza.
Attenzione, dunque: meglio non credere a niente piuttosto che farsi ingannare da “falsi cristi e falsi profeti”! (ver22). E’ il momento di una fede spoglia e severa: “Voi, però, fate attenzione! Io vi ho predetto tutto” (ver.23). Nei passaggi più difficili della vita si afferma l’austera potenza della Parola che impedisce l’illusione ingannevole e custodisce nel legame profondo con Dio.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.