16 Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17 Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». 18 E subito lasciarono le reti e lo seguirono. 19 Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. 20 E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
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In quello sguardo – “passando … vide” (ver.16) – sta il segreto dell’elezione divina! Mai lo ricordiamo abbastanza! E’ assolutamente, e gelosamente, dono di Dio. Pura grazia! E vede i due pescatori nell’assoluta ordinarietà della loro vita: “erano infatti pescatori”. Non c’è condizione, situazione o vicenda dell’esistenza umana che si possa dire più o meno adatta a tale dono. Forse si potrebbe pensare ad una maggiore attenzione divina verso le situazioni più deboli. Ma conviene oggi sottolineare appunto la “normalità” della condizione di Simone e di Andrea, per sottolineare la assoluta gratuità della chiamata: nè ostacoli, né vantaggi.
“Vi farò diventare pescatori di uomini” (ver.17) non è traduzione che rende bene, perché evidenzia di meno la forza di quel “farò”, che dice la potenza divina a tutto creare e rinnovare. Non si tratta infatti di un “progresso” della loro professionalità o della loro stessa vita, ma, appunto, di una vita assolutamente nuova. “Farò voi diventare pescatori di uomini” è poco elegante, ma forse rende di più la portata dell’evento.
Abbiamo già detto – lo ha detto Francesco nel suo bel commento di ieri! – che Marco usa molto volentieri il termine “subito”. Anche nel nostro brano il termine compare due volte, ai vers.18 e 20: la prima volta per dire del “subito” con il quale i primi due chiamati lasciano e lo seguono; la seconda per la prontezza con la quale Egli chiama i secondi due. Tutto è “subito”, perché ormai domina la presenza potente e prepotente di Dio nella storia e accanto ad ogni esistenza.
E’ una vita nuova. Tutto quello che era prima, viene lasciato. Anche Zebedeo, padre terreno, viene lasciato per seguire Gesù che li conduce al Padre. Quando un papà e i suoi figli recitano insieme il “Padre Nostro” celebrano in quel momento la comune paternità di Dio che li fa fratelli. Il padre terreno è chiamato ad essere un segno potente di quella divina paternità, come l’essere figli celebra la divina figliolanza di Gesù.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.