Giovanni Nicolini
Dalla rubrica IL TESORO NEL CAMPO su “Jesus” di Giugno 2013.
L’ “arte pastorale” di Papa Francesco sembra essere quella di promuovere grandi passi attraverso eventi apparentemente molto semplici e persino limitati. La cronaca quotidiana segue le sue parole e i gesti di ogni giorno semplicemente interpretandoli come singoli eventi e interventi puntuali. Mi sembra però che a questo punto del cammino pastorale del Papa sia possibile, e forse anche utile, cogliere un indirizzo, un volto e una linea pastorale. Vorrei richiamare l’attenzione soprattutto su quel quotidiano appuntamento che lo vede presiedere la Liturgia non nella Cappella privata, ma nella Chiesa di S. Marta, ogni mattina e ad un orario che consenta all’assemblea celebrante di arrivare puntuale al lavoro di ciascuno. “Come un buon parroco…” leggevo giorni fa su “Avvenire”. Ma qui mi pare stia lo straordinario di questo appuntamento quotidiano. A Messa il Papa offre un commento alle Scritture del giorno, quelle previste dal Lezionario della Chiesa. Questo è il fatto grande! Purtroppo, infatti, tale non è la consuetudine del “buon parroco” di molte parrocchie. Che invece doveva e voleva essere passaggio fondamentale della riforma promulgata dal Concilio Vaticano Secondo. Ispirandosi alla liturgia sinagogale, e sorretta dall’introduzione delle lingue locali nella celebrazione liturgica, la Riforma offriva un cammino molto vasto in tutte le Scritture secondo il criterio di una “Lectio continua” che pur tra molti “salti” e omissioni non sempre piacevoli abbandonava la precedente angustia e proponeva la liturgia quotidiana come un “cammino” dove ogni giorno si può uscire dall’accampamento per raccogliere dalla superfice del deserto il ”pane della vita” che Dio fa scendere dal cielo e che nutre e accompagna la fatica di ciascuno e di tutti. “Pane quotidiano” chiediamo nella Preghiera di Gesù, pane essenziale per non venir meno lungo il cammino e per farci precedere in ogni momento della giornata dal lume celeste dello Spirito. Valore immenso del “sacrificio quotidiano” che già nell’antico Tempio di Gerusalemme era intercessione di salvezza per tutte le genti. Nell’immediato post-Concilio è stata anche per molti semplici fedeli un’occasione meravigliosa per passare dalle “letture devote” all’attenzione verso “quella” Parola che veniva celebrata a Messa. Subito si diffusero i libriccini che accompagnavano i testi del giorno con un piccolo commento. La preghiera personale di molti divenne rapidamente una preparazione alla Messa: “che cosa ci dirà oggi il Signore?”. Purtroppo, quello che è stato quasi istintivo per molti fedeli, è stato meno semplice per noi preti. Bisognava accogliere la provocazione della riforma conciliare e attuarla con lo spirito che condusse i Dodici all’istituzione dei diaconi, perché, si ascolta in Atti 6,2.4, “Non è giusto che noi lasciamo da parte la Parola di Dio per servire alle mense…. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola”. Ma era inevitabile che, al di là di più o meno “buone volontà”, l’evento conciliare trovasse nella sua attuazione ostacolo non piccolo proprio nella nostra formazione seminariale. Ostacolo che non è ancora risolto, e che riguarda molti aspetti della vita cristiana e dell’attuale fatica nel cammino delle comunità ecclesiali. Il Vaticano Secondo è stato “troppo forte” proprio nel cuore della vita cristiana: dalla riforma liturgica alla centralità della Parola di Dio è stato il cuore della vita ecclesiale ad essere profondamente riformato in una illuminazione del volto e della vita di quel “Popolo di Dio” che l’evento conciliare riscopriva. Per questo, mi sembra che, tra tutti i segni e le parole che Papa Francesco ci sta regalando per la nostra consolazione e per la nostra speranza, questa Messa quotidiana, in fondo molto simile alle nostre messe feriali, spesso così povere e striminzite, sia esempio umile e grande di una fedeltà che potrà rivelarsi fonte di beni che oggi possono sembrare trascurati o addirittura perduti. E il bello è che tutto questo il Papa lo propone con la tenerezza e il sorriso.