Caro don Giovanni, le mando due parole che da tanto tempo desideravo comunicarle, anche perchè mi torturano la coscienza e mi tolgono la pace. Sono una giovane donna di vent’anni e mi porto dietro una fatica cominciata quando di anni ne avevo dieci. I miei genitori si separarono con mio grande dispiacere. Poi, dopo un po’ di tempo hanno cominciato a rivedersi per le vacanze che facevamo insieme. Per me era difficile. Avevo risentimento per mio padre che ci aveva abbandonate, e non sopportavo la cedevolezza di mia madre, che poi mi disse che lo faceva per me. Ma per me erano vacanze tristi e strane. Adesso questo mi porta a guardare con paura anche il mio affetto per un uomo che potrebbe diventare mio marito. Ma io della vita matrimoniale non ho fiducia e anzi ne ho paura.
Cara amica, credo di capire bene quello che mi scrive, perché ho visto più di una situazione simile a quella che lei descrive. E la capisco. Ciò che i bambini patiscono per la divisione dei loro genitori è troppo poco ricordato e sottolineato nella nostra società. E che si stabiliscano rapporti chiari, nel dolore e nella fatica di queste vicende, ha una sua verità. Apprezzo che lei accetti le “ragioni” che la mamma le diceva per spiegare questo volto delle vostre vacanze famigliari. E mi sembra di capire altrettanto bene la sua sofferenza. Prego il Signore di regalare alla persona che potrebbe diventare suo marito tutto il bene di cui lei ha bisogno per essere consolata e in pace. Tuttavia sono convinto che lei possa capire anche un mio pensiero di benevolenza sulla vicenda dei suoi genitori. Non so se adesso e a questo punto della sua vita loro ancora realizzino questo incontro. Tuttavia, alla fine, vedo che le ragioni della comunione, anche in vicende così delicate e dolorose, piano piano emergono e ci interpellano. Alla fine, nella grande misericordia finale, non sarà forse piena la comunione tra tutti? Credo che lei possa capire. Spero addirittura che questo le dia consolazione. Le voglio bene.
Don Giovanni.
Domenica 27 maggio 2012, Pentecoste.