37 Il giorno seguente, quando furon discesi dal monte, una gran folla gli venne incontro. 38 A un tratto dalla folla un uomo si mise a gridare: «Maestro, ti prego di volgere lo sguardo a mio figlio, perché è l’unico che ho. 39 Ecco, uno spirito lo afferra e subito egli grida, lo scuote ed egli dà schiuma e solo a fatica se ne allontana lasciandolo sfinito. 40 Ho pregato i tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». 41 Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa, fino a quando sarò con voi e vi sopporterò? Conducimi qui tuo figlio». 42 Mentre questi si avvicinava, il demonio lo gettò per terra agitandolo con convulsioni. Gesù minacciò lo spirito immondo, risanò il fanciullo e lo consegnò a suo padre. 43 E tutti furono stupiti per la grandezza di Dio.
Post correlati
1 Commento
Lascia un commento
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
Le categorie
- Audio (1.009)
- Audio e Video (623)
- Dalla Chiesa e dal mondo (168)
- Giovanni scrive… (515)
- Giuseppe scrive… (2)
- Incontri e approfondimenti (446)
- La lectio quotidiana (4.667)
- Le nostre notizie (1.008)
- Letture domenicali e festività (841)
- Senza categoria (8)
- Video (149)
Telegram
Archivi
Gli ultimi articoli pubblicati
- Matteo 22,34-40
- Matteo 22,23-33
- Omelia di d. Giuseppe Scimè – XXV Domenica del tempo ordinario (Anno A) – 24 settembre 2023
- Matteo 22,15-22
- Le Letture e i canti di domenica 1 ottobre 2023 – XXVI Domenica del T. O. (Anno A)
- Matteo 22,11-14
- Omelia di d. Francesco Scimè – XXV Domenica del T. O. (Anno A) – 24 settembre 2023
- Omelia di d. Andrea Bergamini – XXV Domenica del tempo ordinario (Anno A) – 24 settembre 2023
- Matteo 22,1-10
- Matteo 21,42-46
Dopo la contemplazione della gloria sul monte c’è la discesa, esperienza ben nota a tutti noi, esposti come siamo al continuo “su e giù” dell’esperienza dei doni di Dio e delle nostre tribolazioni.
Il problema oggi trattato è pure a noi dolorosamente noto: la sofferenza di un genitore per il figlio. Qui il figlio è “unigenito”, come lo era il figlio morto della vedova di Nain e la figlia di Giairo, ma soprattutto come lo è il Figlio di Dio; è simboleggiato dunque qui il dolore di Dio Padre stesso per il suo Figlio amato e, in lui, per tutti noi suoi figli.
Al grido del padre fa eco il grido del figlio, oppresso dalla sua infermità: anche questo è un particolare che tornerà sulla croce di Gesù.
Lo spirito che afferra e strapazza il ragazzo ci fa pensare alle tante occasioni in cui già il vangelo di Luca ha messo in evidenza la presenza del male nel cuore dell’uomo: l’infermità che Gesù è venuto a curare e che egli affida anche alle cure dei discepoli non è solo corporale, ma soprattutto interiore.
I discepoli non riescono, sono impotenti di fronte a questo tipo di male dell’uomo: è un segnale che ci sono casi in cui anch’essi devono riconoscere il loro limite, accettare di non essere proprio come Gesù, anche se da lui hanno ricevuto tante grazie e “poteri” di cura dei malati. Il rimprovero che ricevono (“generazione incredula e distratta”) mostra che anch’essi in fondo sono malati e bisognosi delle cure del Signore.
Il fanciullo risanato è “restituito” al padre, riaffidato alle sue cure amorose e alle sue preghiere.
Ed io restituisco a Giovanni, già in viaggio di ritorno dall’Africa (anche se con un po’ di ritardo), il giogo soave del commento quotidiano al vangelo. Un caro abbraccio a tutti. Francesco