6 Un altro sabato egli entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. Ora c’era là un uomo, che aveva la mano destra inaridita. 7 Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva di sabato, allo scopo di trovare un capo di accusa contro di lui. 8 Ma Gesù era a conoscenza dei loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano inaridita: «Alzati e mettiti nel mezzo!». L’uomo, alzatosi, si mise nel punto indicato. 9 Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla?». 10 E volgendo tutt’intorno lo sguardo su di loro, disse all’uomo: «Stendi la mano!». Egli lo fece e la mano guarì. 11 Ma essi furono pieni di rabbia e discutevano fra di loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.

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Dopo averci dato l’immagine bellissima di un popolo di poveri che seguono il loro Signore liberamente nutrendosi alle messi di Dio, il Vangelo ci dona oggi un altro segno prezioso della realtà profonda della comunità cristiana e dell’opera della salvezza. Lo fa sottolineando la rilevanza profonda del sabato dei padri ebrei che ora viene pienamente espressa.
Il ver. 6 ci mostra, come uno di fronte all’altro, Gesù che insegna nella sinagoga in giorno di sabato, e un uomo malato, paralizzato. E’ una situazione che in modo simile si riproporrà ai cap. 13 e 14. Gli elementi portanti dell’episodio sono quindi il tempo, cioè il giorno di sabato, la potenza della Parola di Gesù, la malattia dell’uomo. Il ver. 7 sottolinea l’attenta ostilità degli scribi e dei farisei nei confronti di Gesù che già più volte ha operato nel giorno del riposo, infrangendo secondo loro un precetto centrale della fede ebraica.
Ed è proprio per affrontare il tema del sabato che Gesù chiede all’uomo malato di alzarsi e di mettersi “nel mezzo”. Sottolineo questo particolare che anche il testo evidenzia, affermando, sempre al ver. 8 che “l’uomo, alzatosi, si mise nel punto indicato” (alla lettera, “e, alzandosi, stette”). Mi sembra che non si tratti tanto e solo di un problema di posto, ma che ci troviamo davanti al tema fondamentale della condizione umana. L’uomo è al centro! Su questo non c’è dubbio; al centro della creazione e al centro della storia. Ma c’è un dato assoluto che si impone: la sua infermità! Diversamente dai razionalismi di tutti i tempi fino a noi, l’uomo è malato, ha bisogno di essere salvato e tutta la creazione e tutta la storia sono partecipi di questa vicenda: trascinate dall’uomo malato in un degrado senza fine, la creazione e la storia attendono di essere salvate e riscattate proprio dalla grande avventura dell’incontro tra la malattia dell’uomo e la volontà salvifica della bontà di Dio. Oggi, nella sinagoga, in giorno di sabato, tutto questo si compie! Tale mi sembra la potenza dell’immagine che il Signore oggi ci regala.
Il ver. 9 pone sulle labbra di Gesù l’interrogativo fondamentale, a partire dalla prescrizione del sabato ebraico. Qual è il fine di questa totale sospensione dell’azione umana richiesta dalla legge del sabato? E’ la profezia e l’attesa dell’opera salvifica di Dio! Il sabato ha atteso il Cristo del Signore perché il tempo potesse essere tempo della salvezza dell’uomo. A questo significato profondo del sabato Gesù porta i suoi interlocutori. E l’interesse sommo delle sue parole è che Egli introduce nel “sabato” quel “fare” che costituiva il cuore del sabato, per chiedere all’uomo di “non fare”. Ma ora si tratta della suprema fisionomia di questo “fare” che è “fare” non dell’uomo, ma di Dio. Gesù l’esprime secondo due tratti: fare il bene – fare il male; salvare una vita – perderla! Ma qui siamo appunto davanti all’annuncio del supremo “fare” di Dio! Qui si trovano, l’uno di fronte all’altra, il male che tiene prigioniero l’uomo e la potenza liberante dell’opera divina. Implicitamente – ma quanto potentemente! – Gesù annuncia che il sabato è il tempo dell’opera salvifica di Dio! Ricordiamo che l’osservanza del sabato, oltre la ragione dell’ultimo giorno della creazione e del riposo di Dio proclamati da Genesi 2,3, aveva l’altra motivazione di Deuteronomio 5,12-15, che legava l’osservanza del sabato alla liberazione di Israele dall’Egitto. Ora, in Gesù e nella potenza della sua Parola, si rivelano la nuova creazione e la nuova storia dell’umanità e del cosmo, nate dall’opera della salvezza compiuta da Dio nel suo Figlio Gesù Cristo.
Lo sguardo di Gesù al ver. 10 sembra voler coinvolgere tutti nell’evento e nella novità che Egli sta compiendo nel nuovo “sabato” della storia con la sua opera “pasquale” di salvezza. Il verbo reso in italiano con “la mano guarì”, alla lettera vuole esprimere il ristabilimento di una condizione iniziale che è andata perduta e che ora viene ristabilita: come una rinascita! Ovviamente gli oppositori non sono contenti.
Nella domanda di Gesù al v 9 c’è la rivelazione del fatto che se non si fa il bene si compie il male, se non si salva la vita di quell’uomo lo si lascia andare in perdizione. Se quell’uomo non viene messo al centro e curato da Gesù, non resta semplicemente ignorato: egli si trova oramai indirizzato alla sua perdizione. Non fare il bene ormai significa lasciare che il male imperversi e porti verso la perdizione. Davanti a Gesù tutti si scoprono colpevoli o perché fanno esplicitamente il male o perché non compiono il bene.
La mano inaridita non è una disavventura capitata a quell’uomo, ma – come nel testo di Ezechiele delle “ossa inaridite” – è rappresentato qui “tutto il popolo”, tutti noi. Con l’intervento di Gesù, siamo quindi di fronte a una nuova creazione: quell’operare e quel collaborare con Dio nell’azione creatrice, persi dall’uomo, ora vengono ripristinati. La mano, infatti, è proprio simbolo dell’operare, del lavorare, per la propria sopravvvivenza e per lo svolgimento del nostro (seppur piccolo) ruolo nella comunità umana e nel mondo… – Ma non solo è la nuova creazione, bensì anche la nuova liberazione: liberazione, ad esempio, dall’istituzione religiosa, rappresentata qui dalla sinagoga, al centro della quale c’è l’uomo malato. – Qual’è la via di questa nuova creazione-liberazione? Il Signore ce la indica in modo inequivocabile: “fare del bene”, orientarci verso gli altri, manifestare amore…; questa è la via regale ed essenziale.