50 Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51 Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. 52 Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; 53 e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
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Possiamo ricordare che Betània l’abbiamo già incontrata come luogo del grande ingresso del Signore a Gerusalemme per la sua ultima Pasqua. Ora ritorna come il luogo dal quale Gesù si stacca per il suo ingresso in cielo.
Nell’ikonografia antica il Signore è spesso rappresentato con mani aperte eccezionalmente grandi, sia per mostrare i segni della sua passione sia per benedire, come qui. Nel nostro breve testo conclusivo il verbo benedire è presente tre volte. Al ver.50 il Risorto benedice i suoi, sigillando in tal modo il senso pieno della sua venuta e della sua opera: Gesù è la suprema benedizione di Dio. Ricordiamo che nella fede dei padri ebrei la benedizione è sempre iniziativa di Dio; in certo senso si potrebbe dire che è l’azione divina che raccoglie in sè tutta l’opera di Dio per il suo popolo. A questa benedizione sia il singolo sia la comunità rispondono benedicendo a loro volta. La nostra benedizione a Dio è una “restituzione” a Lui della benedizione che Egli ha fatto scende su di noi. La giornata del fedele israelita è tutta accompagnata e segnata da benedizioni rivolte a Dio, che riconoscono e confessano l’incessante opera di salvezza di Dio verso i suoi. Questa benedizione a Dio è presente nel nostro testo al ver.53, che non si capisce perchè non sia stata mantenuta alla lettera, là dove in italiano è detto “lodando Dio”; il senso lo si capisce ugualmente, ma mantenere lo stesso termine aiuta a capire la circolarità della benedizione, da Dio all’uomo e dall’uomo verso Dio.
Mi sembra molto importante la presenza del verbo benedire al ver.51. Qui la benedizione di Gesù coincide temporalmente con il suo congedo dai suoi:”Mentre li benediceva, si staccò da loro…”. Egli si stacca ma lascia la sua benedizione: è il segno forte della sua presenza. Ma è una presenza che nello stesso tempo consegna ai suoi tutta la responsabilità di quella stessa presenza. Al punto che qualche grande spirito cristiano afferma che la vita del cristiano deve assumersi a tal punto questa responsabilità, da doversi svolgere “etsi Deus non daretur”, come se Dio non ci fosse, o perlomeno non fosse stato dato agli uomini. Mi sembra di grande rilievo anche il secondo verbo, “fu portato..”, che contiene in sè, oltre al significato qui espresso, quello di “essere offerto”. Mi sembra bello che il Signore si congedi da noi confermandoci circa la perenne efficacia e fecondità del suo sacrificio d’amore.
E così siamo arrivati alla fine! Questo sia oggi per ciascuno di noi motivo di preghiera per il nostro cammino della vita, dietro a Lui e con Lui, sino alla fine, cioè alla pienezza, pienezza della nostra pace. Pienezza della nostra gioia, come la “grande gioia” dei nostri amici che “dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia, e stavano sempre nel tempio benedicendo Dio”.
Dio ti benedica. E tu, anche se ti ho annoiato e magari spesso irritato, benedicimi. Tuo. Giovanni.
Lunedì entriamo nel cammino della Seconda Lettera di Paolo ai Corinti. Domenica pomeriggio, verso le quattro, alla Dozza, la leggiamo per intero.
Nel tempio il vangelo di Luca si apre (con l’annuncio a Zaccaria), nel tempio il vangelo di Luca si chiude. Sembra che non sia cambiato niente. In mezzo la grande vicenda di Gesù. I mille incontri, le guarigioni, i miracoli, gli insegnamenti, sulle strade degli uomini e delle donne, fino al dono supremo della vita, vita perduta e ritrovata. I discepoli sono ora pieni di gioia. Hanno ritrovato, e di nuovo perduto, il loro Signore. Ormai, nella storia, ci sono loro, ci siamo noi, a continuare l’opera di Dio. E’ la seconda volta che Dio si ritira dal mondo, la prima nell’atto della creazione, e ora, mentre Gesù viene portato verso il cielo. I discepoli “stavano sempre nel tempio lodando Dio”. Sono fedeli alla consegna data loro da Gesù. “Ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto”. (v. 49). Manca ancora qualcosa, manca la discesa dello Spirito. Sarà lo Spirito che li farà uscire dal tempio e mettersi in cammino per le strade del mondo. Sarà la seconda parte dell’opera di Luca, gli Atti, sarà la storia della chiesa, la nostra storia.
Benedire! Questo verbo, che ha tantissimi richiami nella Bibbia (I patriarchi, Mosè, i salmi, i profeti, Gesù..) domina il testo di oggi. Gesù benedice i suoi mentre ascende al cielo. E anche gli apostoli tornati a Gerusalemme, stavano sempre nel tempio (lett.) “benedicendo Dio”.
Sembra un’indicazione importantissima per chi abita a Betania-Gerusalemme e per tutti, nell’attesa, come dice Lucy, dello Spirito Santo, la forza e la guida per partire verso tutto il mondo.
Mi ha colpito molto la ‘grande gioia’ e la lode a Dio che i precedenti commenti hanno spiegato essere una benedizione rivolta a Dio.
Mi sembra interessante che alla fine del Vangelo ci sia quest’atteggiamento di lode, di benedizione. Mi ha ricordato la fine del libro dei salmi, con il 150.
Alla fine della settimana(calendario occidentale), della vita terrena: ‘ogni vivente dia lode al Signore. Alleluia.’.
Una grande pace finale, un lieto fine in cui la nostra vita si inserisce.
Luca presenta qui l'”ascensione” di Gesù immediatamente dopo la risurrezione, mentre negli Atti la colloca quaranta giorni dopo. Anche questo ci aiuta a ben intendere i nostri vangeli: non sono una cronaca, né ricostruzioni storiche, ma opere teologiche…. Così vediamo il Signore Gesù entrare nella sfera divina (il cielo)…, ma non per isolarsi, bensì per essere presente con noi tutti i giorni, come ha annunziato, seppure in altro modo. –
Approfitto anch’io oggi per “benedire” il Padre e tutti voi per il regalo ricevuto, di unire i miei piccoli commenti alle vostre voci e alla vostra preghiera. Grazie!