35 Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36 Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37 e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38 Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

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Il vangelo di Luca oggi ha uno sguardo speciale sul popolo, che “sta” e “guarda”. Quest’ultimo verbo dice un atteggiamento di attenzione, quasi di contemplazione silenziosa, che lo distingue, positivamente, credo, dai capi, che deridono Gesù.
La derisione dei capi nei confronti del Signore contiene due elementi importanti. Il primo, riguardante il tema della salvezza: Gesù ha “salvato” altri. Chi? Il riferimento non può che essere a tutti quelli che nel corso del racconto evangelico, che abbiamo seguito in questi mesi, Gesù ha incontrato, evangelizzato, curato. Sulle stesse labbra di questi capi, avversari di Gesù, dunque, tutto questo è stato “salvare”; noi invece abitualmente pensiamo alla salvezza come a qualcosa che avverrà, speriamo, un giorno, in un ipotetico al di là. Il secondo elemento è l’elezione; solo Luca, infatti, riporta questo titolo di Gesù, “l’Eletto”, che aveva d’altra parte già citato, ancora solo lui, nella Trasfigurazione (9,35), nella voce che si udiva dalla nube: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo”. Il riferimento testuale è al primo canto del Servo di Isaia (42,1): “Ecco il mio servo, che io sostengo, il mio eletto, di cui mi compiaccio”. Qui si tocca il mistero dell’elezione di Israele e, più in particolare ancora, del Messia-Cristo di Dio.
Un’attenzione speciale dell’evangelista Luca è destinata ai soldati, che vengono rappresentati nell’atto sì di deridere Gesù, ma anche di “avvicinarsi” a lui e di fargli un atto di “offerta” porgendogli l’aceto, quasi sentissero nello stesso tempo avversione e attrazione verso di lui.
Infine, la scritta sulla croce, o, meglio, “su di lui”, che suona così: “Il re dei Giudei è questo”, cioè quest’uomo, ridotto in tal modo. Così è data un’ultima nota al tema della regalità tutta speciale di Gesù, che abbiamo considerato anche domenica scorsa nel dialogo con Pilato.
Conclusivamente, il racconto lucano sembra somigliare sempre di più a quello dell’evangelista Giovanni, che nel racconto della Passione mostra una manifestazione già evidente della gloria Signore negli avvenimenti della sua umiliazione.
Il commento 2007 (Lc 23,33-38):
https://www.famigliedellavisitazione.it/lc-23-33-38.html
La scritta sul Crocifisso è una “epigrafe”: l’iscrizione che si scolpisce sulle tombe (o su altri monumenti); sembra un modo per confermare che Gesù è definitivamente “finito”; le sue parole, i suoi gesti di salvezza e di “incolumità” (verbo “sozo”) sono il passato; ora c’è la morte, fisica e spirituale. Le parole dell’epigrafe confermano tale giudizio negativo, designando Gesù con un dispregiativo “questo”: “Il re dei Giudei é questo”: questo essere malridotto, più verme che uomo, abbandonato da Dio e dagli uomini…. Eppure, proprio questo è l’eletto di Dio, il prescelto , “tolto, prelevato” da Lui, come suggerisce il greco. E’ “il Servo scelto da Dio per la sua opera di salvezza e disprezzato dagli uomini” (TOB).