13 Pilato, riuniti i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo, 14 disse: «Mi avete portato quest’uomo come sobillatore del popolo; ecco, l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate; 15 e neanche Erode, infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. 16 Perciò, dopo averlo severamente castigato, lo rilascerò». 17 18 Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «A morte costui! Dacci libero Barabba!». 19 Questi era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio.
20 Pilato parlò loro di nuovo, volendo rilasciare Gesù. 21 Ma essi urlavano: «Crocifiggilo, crocifiggilo!». 22 Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Lo castigherò severamente e poi lo rilascerò». 23 Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso; e le loro grida crescevano. 24 Pilato allora decise che la loro richiesta fosse eseguita. 25 Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla loro volontà.
Seleziona Pagina
Il grande interesse del nostro brano è legato alla sua capacità di evidenziare contemporaneamente due aspetti del potere mondano, sia esso un potere politico o un potere giuridico, come vediamo nella persona e nel comportamento del governatore romano che sembra raccogliere in sè entrambi questi ambiti di autorità: la possibilità di affermare, pur con molti limiti, uno spazio di diritto e di legalità, e d’altra parte, la fatale debolezza che gli deriva dalla necessità-volontà di autoconservarsi.
Attenendosi alle regole della razionalità processuale, Pilato mette in evidenza l’assenza di fatti e prove che giustifichino la condanna di Gesù. Il testo sottolinea come per tre volte, ai vers.14-16. 20. 22, il governatore affermi – notate bene! – non l’innocenza dell’imputato, ma in ogni modo l’impossibilità legale di condannarlo, e quindi la sua intenzione di rilasciarlo dopo aver concesso – forse già contro la legge! – un segno spettacolare di castigo:”..dopo averlo severamente castigato (ver.16)…lo castigherò severamente (ver.22)..”. Per giunta tutto sembra facilitato dall’usanza di concedere la libertà ad un prigioniero in occasione della Pasqua; qui tale abitudine non viene esplicitamente ricordata come dagli altri evangelisti, ma è sottintesa alla richiesta di liberare piuttosto Barabba. Al ver.25 il nostro testo sottolinea come la condanna dell’innocente Gesù contrasti con la liberazione del violento omicida Barabba. La tradizione cristiana vi ha spesso colto, positivamente, un’ikona della salvezza dei peccatori attraverso il sacrificio d’amore dell’Innocente.
A questo punto si verifica lo scandalo del potere, scandalo che, diversamente da alcune note delle nostre bibbie, io colgo nel testo di Luca come sottolineato con particolare gravità; fino a dover concludere, mi sembra, che la colpa di Pilato è gravissima, forse più grave di quella di coloro che esplicitamente vogliono la sua morte, e la vogliono per come Egli appaia a loro l’attentatore della tradizione religiosa del popolo. Quindi tenderei a dire che, mentre per l’evangelista Giovanni i supremi colpevoli sono i capi giudei, per Luca la responsabilità più grave ricade su Pilato, in un orizzonte molto più “laico”(perdonate il termine rozzo!), dove in gioco si pone l’esercizio del potere politico-giudiziario. Pilato viene qui a rappresentare la sconcia “debolezza” del potere, incapace di difendere giustizia e diritto quando tale potere pensa di dover difendere se stesso! Infatti, al ver.23 si nota che le grida del dissenso “crescevano”. E sembra essere questo fatto a portare Pilato a rilasciare Barabba e ad abbandonare Gesù alla loro volontà! (ver.25).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Mi ha impressionato l’ultima frase di Pilato che lett. suona così: “lo consegnò al loro volere”. Questo atto finale è contro ogni diritto, contro ogni giusto processo, anche contro il volere di Pilato (v.20 voleva rilasciarlo).
L’insistenza, le grida, la folla compatta, un “volere” molto esplicito deciso e fermo. Che forza, che violenza, che male!
Anche noi corriamo questo rischio? Come combatterlo?
Mi viene in mente Gesù nell’orto che dice “non la mia ma la tua volontà” o la preghiera del Padre Nostro “sia fatta la tua volontà”.
Ho visto nel comportamento di Pilato, nelle tre richiste sul rilascio di Gesù, il tentativo penoso e debolmente motivato di mettere il rapporto con il Signore prima del condizionamento sociale.
Come se Pilato, con la sua piccola battaglia interiore fallita al servizio del mondo, rappresentasse piuttosto bene la nostra vita. La mia sicuramente.
Ho visto in questi versetti un’esortazione ad anteporre a tutto il rapporto con il Signore. Molto prima delle culture, degli uomini, del mondo. Non eseguire le richieste del mondo ,v.24, o abbandonare Gesù (e i suoi piccoli?) alla volontà degli uomini.
Questo distacco sarà forse poi decisivo per un amore più casto e più fecondo verso tutte le storie e tutte le condizioni.
Il mettersi a gridare del v. 18 è tipico degli indemoniati quando incontrano Gesù. In un certo senso anche qui si può pensare a questi come in preda ai demoni del potere, dell’accusa e della violenza. A fronte di questi demoni il tentativo di dialogo razionale di Pilato mostra tutta la sua fragilità, come anche la sua autorità che, ancorata alle categorie mondane, alla fine avalla la volontà omicida. La potenza capace di vittoria è altra e è indicata dal libro dell’Apocalisse: ora si è compiuta la salvezza la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo; perchè è stato precipitato l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti a Dio giorno e notte. Ma essi lo hanno vinto per mezzo del sangue dell’Agnello…
E’ impressionante il v.23, che si potrebbe intendere: e le loro voci prevalsero. A fronte di esse si erge solo il silenzio di Gesù. Questo silenzio riporta certo al canto del servo in Isaia; ma pure alla rivelazione stessa di Dio così come avviene per Elia. in una voce di brezza/silenzio leggera.
Pilato sembra nella sua autorità “imitare” il potere di Dio; ma è una imitazione inconcludente, non seria e che metterà in evidenza il contrasto tra la sua reale impotenza e la potenza di Dio. Egli convoca (v.13), ma la vera convocazione sarà, secondo il vangelo di Giovanni, quando Gesù sarà innalzato e attirerà tutti a sé. Vuole castigare Gesù, con un verbo che in altri contesti indica l’istruzione del padre verso il figlio, per poi rilasciarlo. Ma sarà Dio Padre che dopo la continua istruzione del Figlio, lo scioglierà dalle angosce della morte. Alla fine Pilato accede alla loro richiesta, cedendo alla loro volontà omicida; mentre la volontà buona del Padre, accettata e fatta dal Figlio, si imporrà come la parola finale di salvezza.
“Non ho trovato in lui nessuna delle colpe… Egli non ha fatto nulla che meriti la morte….. Che male ha fatto costui?…”: mi sembra che Luca insista su questo messaggio: è stato messo a morte l’Innocente; Gesù è il Signore innocente che dona la sua vita… Ritornano in mente i canti del Servo di Yahvé. – Sobrio è il riferimento a Barabba; viene spontaneo il confronto – suggerito dai nomi – tra questo “figlio del padre” e Gesù, “figlio dell’uomo” e veramente “figlio del Padre”. Barabba doveva essere un rivoluzionario distintosi nella lotta contro i dominatori romani; non è certo che fosse un assassino (in Marco 15,7 egli è in carcere “con i ribelli che avevano commesso un omicidio”); in tutti i casi, destinato anche lui ad essere salvato dalla morte di Gesù. – Noto infine che compare, credo per la prima volta, la richiesta della crocifissione: i nemici vogliono per Gesù la morte più terribile e infamante, quella dei “maledetti da Dio” (come dice il Levitico), a prova definitiva che Dio lo ha abbandonato.