21 «Ma ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola. 22 Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito, ma guai a quell’uomo dal quale egli viene tradito!». 23 Allora essi cominciarono a domandarsi l’un l’altro chi di loro avrebbe fatto questo.
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“La mano di colui che mi tradisce” è con Gesù, nell’intimo della comunione più preziosa! L’opposizione e il tradimento non vanno cercati all’esterno e nell’inimicizia più evidente e più dichiarata. Bisogna accettare che essa si collochi e stia nel luogo e nel tempo della suprema comunione donata da Gesù. Se ci ricordiamo delle parole “Allora Satana entrò in Giuda, detto Iscariota, che era uno dei Dodici”(Luca 22,3) coglieremo tutta la drammaticità di questo momento, che Gesù commenta con una Parola che esprime dolorosa compassione più che giudizio: “…guai a quell’uomo dal quale egli viene tradito”. Senza dubbio Giuda si manifesta quasi come vittima necessaria di questi eventi. Un’esistenza confinata all’estremo negativo della vicenda umana.
E a questo punto Luca ci regala un’osservazione straordinaria, che ci costringe a sospendere un giudizio che sarebbe pericolosamente esposto ad un’identificazione e ad un giudizio dal quale invece nessuno può dichiararsi indenne! “Allora – ma il testo dice più semplicemente “e” – essi cominciarono a domandarsi l’un l’altro chi di loro avrebbe fatto questo”. Dunque, la Parola detta da Gesù non concede nessuna facile liberatoria e assoluzione ma, al contrario, coinvolge tutti! Dobbiamo forse lasciare sospeso il significato di quel “domandarsi l’un l’altro”, oscillante tra una riflessione che coinvolge tutti e una discussione non meno drammatica. A noi resta, mi sembra, un avvertimento di estrema delicatezza e un invito ad un atteggiamento interiore ed esterno di assoluta umiltà: nessuno può tranquillamente assolversi ed esentarsi, a partire proprio da chi più è stato visitato e coinvolto nella conoscenza e nella comunione con il Figlio di Dio.
Possiamo infine notare che Giuda continua a rimanere con tutti gli altri, partecipe degli stessi pensieri e delle stesse parole.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Il commento 2007:
https://www.famigliedellavisitazione.it/lc-2221-23.html
“Il Figlio dell’uomo se ne va…”: l’evangelista mette qui, sulla bocca di Gesù, un’espressione che conosciamo bene. Tante volte diciamo di una persona cara o di un amico che è morto: “Se ne è andato!” In effetti, si è congedato da questa terra, da questa società umana, ma non per fermarsi, bensì per “andare”. La morte, infatti, non è un punto fermo, un finire e basta, poiché la vita non viene interrotta. La morte – dice p.Alberto – non si contrappone alla vita ma alla nascita. C’è la nascita e c’è la morte, ma la vita e il cammino continuano. Il modo in cui pensiamo ai nostri morti “li blocca” in una tomba, in un cimitero; meglio “lasciarli andare” nel loro procedere in Dio.