45 Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, 46 dicendo loro: «Sta scritto:
La mia casa sarà casa di preghiera.
Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
47 Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; 48 ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo.
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I due primi versetti vedo che vengono tendenzialmente interpretati come un tema etico. A me sembra che sotto ci sia prima di tutto e soprattutto un problema teologico di grande rilievo anche per noi oggi. La radicale differenza tra la “casa di preghiera” e il “covo di ladri” sta propriamente nel significato della preghiera secondo la fede ebraico-cristiana, che è sempre esposta alla sua deviazione, per la quale la preghiera è vista come un “metodo” o come una “formula” o una “potenza” per ottenere dal “dio” ciò che si cerca o si vuole. Invece la preghiera è già in se stessa dono di Dio. Ed è il dono di affidarsi e abbandonarsi alla sua volontà e alla sua potenza. Non è un atto umanamente e razionalmente “forte” ma se mai è la confessione e la protesta della propria piccolezza, debolezza, bisogno di salvezza…insieme a speranza e supplica…E, ribadisco, anche questo è già “dono”, cioè grazia! La preghiera è dunque incontro figliale e nuziale con Dio, e in tal senso è l’atto più forte che si possa esercitare su questa terra!
Al contrario, l’espressione “covo di ladri” dice una conquista, e una conquista “illegittima”, un atto di potere e di potenza prevaricante, una vittoria, e quindi, appunto, un “furto” nei confronti di Dio. La preghiera ebraico-cristiana è dunque pienezza di comunione, la preghiera dei “ladri religiosi” è conquista, magari conquista ottenuta con i propri “meriti” o con le proprie presunte ”virtù”. La preghiera delle “religioni” ci fa “conquistatori del cielo”, mentre la preghiera della fede ebraico-cristiana ci unisce profondamente e radicalmente al Signore nell’amore suo per noi e nostro per Lui. E’ quindi comunione alla sua volontà : “sia fatta la tua volontà, come in cielo, così in terra”.
Per questo, i vers.47-48 sono strettamente connessi con i precedenti. La violenza politica e religiosa dei capi dei sacerdoti e dei capi del popolo – sono sempre insieme il “trono” e l’ “altare”! – è contrastata e fermata da tutto il popolo che nell’ascoltarlo “pendeva dalle sue labbra”. Non è possibile ignorare che il termine reso qui con “pendeva dalle sue labbra”, è il verbo che dice la crocifissione. Nel testo non c’è l’espressione “dalle sue labbra”. Alla lettera si potrebbe rendere con “tutto il popolo ascoltando Lui”, come dice anche la versione latina “omnis enim populus suspensus erat audiens illum”, e questo ci ricorda fortemente che l’ascolto della Parola ci conduce e attua la nostra morte con Lui e la nostra risurrezione in Lui. La nostra Regola dice che la Messa è “l’atto operante in noi della sua morte di croce, della sua risurrezione ed ascensione alla destra del Padre, e del suo glorioso ritorno”. Questa è la grazia e la vicenda del Popolo di Dio! Tale è appunto il cuore della preghiera cristiana, come cercavo di balbettare a proposito dei vers.45-46. Gesù scaccia quelli che vendono, perché non si può comperare né conquistare il dono di Dio. Lo si può solamente ricevere con emozione e commozione.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Il commento 2007:
https://www.famigliedellavisitazione.it/lc-1945-48.html
“Casa di preghiera”: è il luogo dell’incontro con Dio, “per tutti i popoli”, prosegue il testo di Isaia: qualunque uomo, di qualunque razza e religione, trova accoglienza e ascolto da parte del Padre di tutti. Gesù ama questo luogo, anche se additerà se stesso come nuovo tempio in cui incontrare il Padre; e con lui, tutti noi, diventati dimora dello Spirito. – “Cercavano di farlo morire”: e come Gesù, con lui, tante persone nella storia, ancor oggi, sono vittime di trame e di violenza; chi detiene il potere preferisce toglierle di mezzo perché operatori di giustizia e di pace. Essi “pendono” con Gesù dal patibolo, secondo la bella spiegazione di don Giovanni.
Mi ha molto impressionato il termine che sta dietro a ‘pendevano dalle sue labbra’.
Il popolo è sospeso,appeso,impiccato..come sulla croce.
Un popolo pasquale!
Un ascolto che fa diventare simili o che rende partecipi a ciò che si ascolta,pare.
Il popolo sospeso nell’ ascolto scoraggia anche i capi che vogliono fare morire Gesù..