15 Gli presentavano anche i bambini piccoli perché li toccasse, ma i discepoli, vedendo ciò, li rimproveravano. 16 Allora Gesù li chiamò a sé e disse: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno di Dio. 17 In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come l’accoglie un bambino, non entrerà in esso».
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I “bambini piccoli” di cui dice il ver.15 sono veramente piccoli! In Luca1 è Giovanni Battista ancora nel grembo della mamma, e in Luca 2 è Gesù come i pastori lo trovano nella notte della sua nascita. Siamo indotti a pensare che l’opposizione dei discepoli a che siano portati a Gesù è appunto la loro condizione razionalmente non capace di pensare e di volere. Ma su questo il testo è molto preciso! I bambini non vanno da Gesù, ma vi sono portati. E’ opportuno pensare a coloro che ci hanno portato e continuamente ci portano a Lui. E’ Gesù stesso che attribuisce loro una piena soggettività: “Lasciate che i bambini a me..”(ver.16), e appunto li indica come l’immagine appropriata di chi accoglie il regno di Dio. A questo proposito possiamo osservare che la traduzione italiana ripete il verbo “accogliere” proponendo “…come l’accoglie un bambino”(ver.17), ma alla lettera è più semplicemente “..come un bambino”. C’è dunque un’esaltazione enfatica di un’accoglienza che è anch’essa puro dono.
E’ allora interessante considerare che l’episodio dei bambini segue immediatamente – e sembra esserne una spiegazione – la parabola del fariseo e del pubblicano. Quest’ultimo “tornò a casa sua giustificato”, ma non è tassativo che di tale evento straordinario egli sia consapevole. Perlomeno questo non è esplicitato nel testo della parabola. Questi “bambini piccoli” sono dunque immagine potente di come il dono del Signore debba essere accolto. Nella Regola di vita cristiana che leggo ogni giorno si parla, con una meravigliosa “scorrettezza” lessicale, de “i più bambini”, che non sono solo e non sono tanto dei bambini, ma quei “minimi” che il Signore si compiace di eleggere, e che esprimono efficacemente la condizione nella quale Dio, in Gesù, si è precipitato, per la salvezza dell’umanità: negli abissi della sua povertà e della sua piccolezza. Siamo quindi invitati a considerare “piccolezza” la nostra condizione di poveri peccatori, e a non cadere nel dramma e nella povertà del fariseo della parabola.
Forse si può quindi considerare con attenzione il particolare dell’intenzione di coloro che portano a Gesù questi piccolissimi: “…perché li toccasse”. E’ un incontro non fatto di parole, di pensieri, di propositi, ma unicamente del contatto che prende con la nostra carne Colui che per noi e per la nostra salvezza “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”(Giovanni 1,14).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Il commento 2007:
https://www.famigliedellavisitazione.it/lc-1815-17.html