14,1 Un sabato era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservarlo. 2 Davanti a lui stava un idropico. 3 Rivolgendosi ai dottori della legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no curare di sabato?». 4 Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. 5 Poi disse: «Chi di voi, se un asino o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà subito fuori in giorno di sabato?». 6 E non potevano rispondere nulla a queste parole.
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Il Signore continua a guarire e a compiere prodigi anche di sabato.Mi è piaciuto che nel parallelo di Matteo Gesù afferma che ‘è permesso fare del bene anche di sabato’. Come se il problema non fosse tanto l’inattività del giorno, quanto l’urgenza e la priorità di fare il bene.
Mi ha colpito anche nei 6 versetti di Luca il totale silenzio dei dottori della legge e dei farisei e tutta la situazione governata e diretta da Gesù, dalla guarigione alle due domande provocatorie.
Ho visto in quel ‘non potevano rispondere nulla a queste parole’ una sorta di incapacità, di impossibilità di stare dietro al Signore.
Come un conforto che basta invitarlo in casa propria e poi ci pensa Lui a potare e modellare.
Mi sembra utile domandarsi come mai per la terza volta si presenta nel Vangelo secondo Luca il tema – e il problema – dell’osservanza del sabato. Forse possiamo pensare che al cap.6 si volesse porre l’interrogativo circa il significato profondo del giorno del Signore, e al cap.13 si volesse proclamarlo come il tempo di Dio, come il giorno della sua opera di salvezza. Nel nostro testo di oggi questo episodio di guarigione in giorno di sabato vuole, mi sembra, dare il segno e l’avvio al contenuto del cap.14, teso a mostrare il bisogno d’essere salvati che caratterizza l’intera umanità. Ed è per questo che tutto si svolge durante un pranzo nella casa di un fariseo; i farisei infatti rappresentano l’opposizione più forte all’insegnamento di Gesù sulla condizione umana e sull’azione divina della salvezza. L’uomo malato, che sembra essere l’unico a trovarsi in tale condizione in quella casa, è di fatto il segno e la rivelazione dell’intera umanità.
Due sono le domande che Gesù rivolge alla gente che lo sta osservando. La prima, al ver.3, riguarda ancora la liceità di curare in giorno di sabato; la seconda, al ver.5, fa riferimento al frangente in cui viene a trovarsi il padrone di un animale di un certo valore, come un asino o un bue. Possiamo qui tener conto delle versioni che non parlano di un asino, ma addirittura di un figlio (in greco le parole asino e figlio, lo dico senza ironia(!), sono molto simili): in questo caso è evidente che la situazione nella quale si trova quell’uomo è molto più drammatica. Ad entrambi le domande di Gesù, la gente non risponde; e trattandosi genericamente di “gente” e non di soli farisei, possiamo pensare che Gesù stia veramente affermando qualcosa di nuovo rispetto a quello che si è sempre pensato e fatto.
Anticipo solo con un accenno quello che mi sembra sia il seguito della vicenda, per concludere dicendo che quel figlio o quel bue caduti nel pozzo sono appunto il segno della reale condizione dell’uomo, quella alla quale i farisei – e tutti siamo, almeno un po’, partecipi di questo pensiero farisaico – rispondono affermando che l’uomo può correggere ed eliminare il suo male con l’osservanza scrupolosa della Legge di Dio. Tenete conto che i farisei non sono una setta perversa! Fariseo è Paolo! E, secondo molti, lo stesso Gesù è molto vicino al loro modo di osservare con scrupolo ogni parola della Legge.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
L’uomo del vangelo di oggi è idropico davanti al Signore. Abbiamo visto al capitolo 5 alcuni che avevano fatto di tutto, fino a salire sul tetto e scoperchiarlo, per potere porre il loro amico malato davanti al Signore. Il fatto che lo stato di quest’uomo sia davanti a lui, impone una risposta da parte del Signore. Anche il suo interpellare coloro che si ritengono i custodi della legge sulla liceità di curare in giorno di sabato, mostra come lo stato malato dell’uomo non è posto direttamente davanti alla lettera della legge,bensì davanti a lui; e la legge stessa è chiamata a farsi interpellare dal messia per la conferma della sua opera incessante di guarigione e di salvezza.
I verbi delv.4 mostrano come il Signore si prenda cura dell’uomo; prende sù di sè, guarisce e libera, così come si potrebbe intendere più profondamente dal carattere dei tre verbi usati
Fa impressione la differenza tra il comportamento della gente (stava a guardarlo, tacquero, non potevano rispondere) e quello di Gesù (entra per mangiare il pane, chiede, prende per mano, guarisce, congeda il malato, domanda di nuovo).
Il Signore ha una forza positiva e rinnovatrice molto efficace, che non si spaventa davanti alla nostra malattia, alla nostra passività, al nostro silenzio. Ci prende per mano e ci guarisce, nel giorno della festa per il Signore!