Caro don Giovanni, in questi giorni si parla molto di queste norme legislative per la fine della vita. Mi sento frastornato e scontento. Non voglio criticare la tradizione della chiesa ma non mi sembra che quello che è stato deciso corrisponda alla più profonda tradizione cristiana. Sapendo di metterla in una certa difficoltà, mi permetto di chiederle un pensiero. Con affetto e stima.

Caro amico, certamente lei mi crea difficoltà. Ma per un solo motivo, e cioè che mi sento fragile e inesperto davanti ad un problema tanto delicato e arduo. Un problema che di fatto continuo ad incontrare nel modesto servizio che rendo all’Ospedale accanto a persone che stanno concludendo il loro cammino verso il Paradiso del Signore.

Da un punto di vista più “tecnico” non sono d’accordo che si lasci un peso morale tanto grave e delicato al lavoro dei medici. Ne conosco ormai molti: credenti e non credenti, tutti ugualmente impegnati in modo nobile e generoso nella loro professione. Come per altri problemi ugualmente gravi – pensi ad esempio al tema della guerra e della sua legittimità – non si consegue mai un pensiero forte quando si rinuncia a cogliere la specificità dell’insegnamento evangelico per affidarsi alla presunta verità di riflessioni scientifico-razionali (perdoni la grossolanità del termine!).

Noi cristiani abbiamo nel Vangelo di Gesù la grande strada della vita nuova: è lì che possiamo e dobbiamo cercare il pensiero e la misericordia del Signore. Per il problema che lei pone, mi sembra di dover dire che il tema della buona morte è primario nella nostra tradizione di fede. Ogni volta che recitiamo l’Ave Maria, chiediamo alla Madre di Dio di pregare per noi in questo momento e “nell’ora della nostra morte”, perchè la morte è per noi l’avvenimento che apre la grande porta della Vita . La Vita con Dio e in Dio. S.Francesco loda il Signore per “nostra sorella morte corporale”.

Nel gruppo di nonni di cui faccio parte ci siamo accordati sulla opportunità che, quando possibile, nell’approssimarsi del grande congedo, ognuno possa benedire ciascuno di noi come suo ultimo atto d’amore. Finora la cosa è riuscita bene. Abbiamo chiesto ai nostri figli di guidare la “liturgia” della nostra ultima Pasqua cercando di favorire la possibilità di congedarci in casa nostra e tra i nostri cari.

Una morte umana, oggi sempre più difficile. Una morte cristiana, che il più possibile celebri in umile pace la Pasqua di Gesù. Su questo, nessuno può toglierci la lieta libertà di disporre della nostra vita. Tra l’altro, lei sa che quattromila chilometri sotto Bologna questi problemi non esistono. Non è ammissibile che noi cristiani continuiamo a sottilizzare su problemi di fine vita che non possono permettersi i nostri fratelli che ogni giorno muoiono di fame o di morbillo.

Buona Domenica. d.Giovanni. 16 luglio 2011