8 Chi sono quelle che volano come nubi e come colombe verso le loro colombaie? 9 Sono le isole che sperano in me, le navi di Tarsis sono in prima fila, per portare i tuoi figli da lontano, con argento e oro, per il nome del Signore, tuo Dio, per il Santo d’Israele, che ti onora. 10 Stranieri ricostruiranno le tue mura, i loro re saranno al tuo servizio, perché nella mia ira ti ho colpito, ma nella mia benevolenza ho avuto pietà di te. 11 Le tue porte saranno sempre aperte, non si chiuderanno né di giorno né di notte, per lasciare entrare in te la ricchezza delle genti e i loro re che faranno da guida. 12 Perché la nazione e il regno che non vorranno servirti periranno, e le nazioni saranno tutte sterminate. 13 La gloria del Libano verrà a te, con cipressi, olmi e abeti, per abbellire il luogo del mio santuario, per glorificare il luogo dove poggio i miei piedi. 14 Verranno a te in atteggiamento umile i figli dei tuoi oppressori; ti si getteranno proni alle piante dei piedi quanti ti disprezzavano. Ti chiameranno «Città del Signore», «Sion del Santo d’Israele».
Isaia 60,8-14

Commento delle Famiglie della Visitazione:
Alla moltitudine di presenze che circonda la Gerusalemme splendente della luce di Dio – popoli e re, cammelli e dromedari, greggi e montoni, materie preziose come l’oro e l’incenso -, ora si aggiungono le navi di Tarsis che procedono come nubi nel cielo o come colombe in volo (v. 8). Si aggiunge così, con immagine poetica, anche una partecipazione degli elementi del cielo.
Queste navi trasportano alla loro terra i figli ancora esuli o dispersi e portano insieme doni preziosi per rendere omaggio al Santo di Israele. Tutto ciò si verifica perché il Signore, prima adirato, poi ha avuto benevolenza e pietà per il suo popolo e ora lo onora, lo glorifica (vv. 9-10). Il segno di questa nuova realtà sono le porte della città sempre aperte: non ci sono più muri di separazione o di difesa, e tutti – “la schiera delle nazioni” – vengono accolti (v. 11c, secondo la TOB).
Non aver parte alla gloria di Dio in Gerusalemme, non entrare a far parte del suo popolo, vuol dire non avere futuro, essere destinati a scomparire (v. 12).
Ai cortei che avanzano si aggiunge quello del Libano: i suoi magnifici boschi, i suoi alberi maestosi forniranno legname prezioso per il luogo dove Dio “poggia i suoi piedi” (v. 13).
Infine, una scena sorprendente: coloro che avevano oppresso e umiliato il popolo di Dio, ora – pentiti – assumono un atteggiamento umile e rispettoso, e attribuiscono alla città un nome nuovo: “Città del Signore”, oppure “Sion del Santo di Israele”(v.14). E’ questa la nuova identità di Gerusalemme e la sua vocazione: città di tutti i popoli che ora riconoscono in lei la loro madre e professano il Signore che l’ha eletta.