4 Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. 5 Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. 6 Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. 7 Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. 8 È vicino chi mi rende giustizia: chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci. Chi mi accusa? Si avvicini a me. 9 Ecco, il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole? Ecco, come una veste si logorano tutti, la tignola li divora.
Isaia 50,4-9

La parola più importante del testo di oggi ci sembra quella di “discepolo” (ver. 4). Essa descrive l’identità più propria del Servo del Signore. Anche il ver. 5 mostra l’opera di Dio nei suoi confronti come una apertura dell’orecchio. Ma non si tratta solo di un’opera intellettuale: i ver. 6-7 dicono il coinvolgimento di tutta la persona, anima e corpo, nell’accoglienza dell’opera del Signore. I ver. finali, 8 e 9, portano al culmine quest’opera, verso la passione del Servo. Il brano evangelico collegato nel nostro calendario con questo canto di Isaia, le “Tentazioni” secondo Matteo, descrivono in modo simile il travaglio del servo-discepolo nel suo combattimento con il Tentatore. Anche l’apostolo (1Tim 5,1-8) presenta la relazione con ogni persona all’insegna dell’umiltà di chi sa di essere alla pari con tutti, discepolo e fratello di ognuno.