Profughi3-La StampaCaro don Giovanni, pur avendo molta simpatia per lei, sento in coscienza di doverle dire che non sono d’accordo con tutti i suoi inviti ad aprire le nostre case e le nostre città per tutti questi stranieri che ci invadono. I nostri figli e i nostri nipoti ci accuseranno di averli trasferiti in un nuovo terzo mondo, rovinando il grande lavoro che i nostri padri e i nostri nonni hanno fatto per regalarci una terra buona. Mi scusi la franchezza.

Come vede, caro amico, lei non deve scusarsi e io le sono grato della sua lunga lettera dalla quale traggo questo breve messaggio. Lei ha voluto anche mettere la sua firma, ma il suo nome è troppo importante perché io sia tranquillo nel renderlo noto. Resta invece forse l’inizio tra noi di una conversazione di cui le sarei molto grato. Vede, rispetto a quanto lei mi scrive, io mi sento radicalmente al lato opposto. E non tanto per sue considerazioni che mi mostrano una posizione culturale e politica molto distante dai miei pensieri, ma proprio per queste “conseguenze” che lei vede inevitabili nei nostri figli e nipoti. Temo purtroppo che il giudizio della storia sul nostro tempo, e in particolare su questo frangente delle grandi migrazioni di popoli del terzo Mondo e dell’emisfero meridionale verso i nostri paesi. Temo che il giudizio della storia su di noi sarà molto grave. Sappiamo che tra l’altro la storia non è in grado di fare distinzioni troppo sottili, e le memorie che restano sono quelle più vaste e impressionanti. Che cosa dunque si dirà di noi e del nostro tempo? Che abbiamo ucciso per non accogliere. Che non abbiamo accolto i poveri. Che non abbiamo dato da mangiare agli affamati e da bere agli assetati. Che non abbiamo rivestito gli ignudi e curato i malati … E forse i nostri posteri avranno più chiaro anche quello che ora è solo timidamente accennato, e cioè il pericolo della estinzione per denatalità dei nostri antichi popoli, e il rischio di impoverimento per la mancanza di forze giovani nei nostri paesi europei. Oggi come oggi, per me, cristiano di poca fede e di mediocre carità, vale semplicemente il pensiero che sono miei fratelli quelli che, secondo il pensiero che Giuseppe Dossetti esprimeva cinquant’anni fa, riusciranno a varcare questo “stretto” strettissimo confine del Mare Mediterraneo, confine tra la miseria dell’emisfero sud e l’opulenza dell’emisfero nord, per entrare nei nostri presunti paesi felici. Un confine molto stretto, diceva don Giuseppe, con l’alto rischio di essere un confine di morte. E mi pare che la tragica “tomba” del Mare Mediterraneo ne sia segno evidente.
Grazie, in ogni modo! E spero che potremo continuare a dialogare, per aiutarci a capire e a rispondere alle grandi domande del nostro tempo. Con amicizia. Buona Domenica a tutti.

Giovanni della Dozza.

Nota: Pubblicato su “Il resto del Carlino – Bologna” di domenica 23 Ottobre 2016 nella rubrica “Cose di Questo mondo”.