23 Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. 24 Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25 e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
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Vi avverto preliminarmente che quello che proverò a dire su questi ultimi versetti di Giovanni 2 non sono riuscito a trovarlo confermato da nessuno! Quindi, non fidatevi. Le uniche piccole verifiche le ho potute avere con le concordanze e con qualche piccola affermazione del Dizionario Esegetico del Nuovo Testamento.
Ci troviamo, come spesso nel Quarto Evangelo si ripresenta, nel tema delicatissimo del rapporto tra fede e segni. Il ver.23 afferma un contatto diretto e positivo tra i segni compiuti da Gesù e visti da molti e la fede di questi. Sembra ci sia anche una voluta sottolineatura del privilegio spazio-temporale di tutto ciò: “…a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa”.
La versione italiana fa una proposta di traduzione del ver.24: “Ma lui, Gesù, non si fidava di loro…”. Per me è difficile capire il senso di questa affermazione. Perchè dovrebbe fidarsi di loro? Perchè l’eventuale fede delle persone dovrebbe accompagnarsi con la sua fiducia in loro? Non capisco perchè il credente dovrebbe aspettarsi o addirittura pretendere la fiducia del suo Signore. Per questo io provo a proporre una traduzione che mi sembra del tutto letterale, e confermata dalla versione latina: “Ma lo stesso Gesù non consegnava se stesso a loro”, non si affidava a loro, e quindi non riconosceva la necessaria consequenzialità tra i segni visti e la fede.
Da qui una conclusione prima. Gesù “conosce tutti”. Di più: “..conosce quello che c’è nell’uomo”(ver.25). Quindi non ha bisogno di testimonianze – neppure di testimonianze di fede! – da parte di nessuno. Dunque, la fede resta collocata nell’orizzonte del mistero e nell’orizzonte del dono. Dono che può essere accolto o non accolto. Ma questo non è argomento del nostro testo.
Mi sembra che qui si possa citare quello che si dice del dialogo tra Gesù e Tommaso in Gv.20. Sono beati non quelli che vedono e credono, e quindi in una connessione tra segni e fede. Ma beati sono quelli che non vedono e credono: la dove la fede è puro e misterioso dono di Dio!. E dove vanno a finire allora i segni, e che valore resta al “vedere i segni”?
Sembra di dover dire che Gesù dona i segni della fede, e, come ascolteremo, chiede di “vederli”. Ma in realtà è proprio la fede che apre alla possibilità grande di “vedere i segni”, cioè di poter vedere il segreto e la bellezza di ogni realtà illuminata dalla fede.
E solo Lui, Gesù, “conosce quello che c’è nell’uomo”. Lui, e non l’uomo. Di noi stessi…che cosa sappiamo? Quello che ci rivela quella fede che non sappiamo di avere. Di cui, per grazia e misericordia di Dio, ogni tanto, per un breve istante, riconosciamo la presenza. E la luce.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Mi ha colpito il fatto che molti hanno fede in Gesù vedendo i segni e Gesù non ha fede in loro. Non ho capito se il verbo è proprio lo stesso, ma mi pare ci assomigli molto.
Solitamente si pensa più alla fede degli uomini in Dio, più che a quella di Dio per gli uomini..
Anche al v. 25 mi sembra molto decisa l’affermazione ‘non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo’.
Mi è sembrato bello che questo discorso sia proprio nei primi capitoli. Il Signore conosce già quello che c’è nell’uomo eppure viene lo stesso, nella storia e nelle nostre vite.
Mi ha ricordato il medico che ben conosce i suoi malati e se ne prende cura, a partire dalla realtà della loro condizione.