31 Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. 32 Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. 33 Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34 ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. 35 Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. 36 Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. 37 E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.
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Questa memoria evangelica è del solo Giovanni. Il suo significato globale mi sembra quello della grande convocazione di tutta la profezia donata ai padri ebrei, che ora si compie nell’evento supremo della storia: la Pasqua del Signore Gesù. Qui tutte le Scritture vengono illuminate e concorrono ad illuminare quanto accade. Per questo può essere prezioso riprendere il testo di Esodo 12 che ogni anni celebriamo il Giovedì Santo: la Pasqua ebraica trova la sua pienezza nella Pasqua di Gesù.
La richiesta dei Giudei a Pilato ricordata al ver.31 ci porta ad ascoltare Deuteronomio 21,23, così potente a ricordare come Gesù con la sua morte sia entrato nell’abisso dell’infermità dell’uomo, fino alla “maledizione” della morte, riscattata dalla sua morte innocente e gloriosa. Ed è bellissimo che l’ordine cronologico del Vangelo secondo Giovanni sia portato a connettere strettamente quell’ora con l’urgenza del sabato che sta per giungere: “era infatti un giorno solenne quel sabato”; quel giorno di sabato era infatti anche il giorno di Pasqua!
Il fatto che i soldati trovino Lui già morto, diversamente dagli latri due che finiscono spezzando loro le ossa, fa sì che a Lui non le spezzino in adempimento della Scrittura che viene citata al ver.36, e che possiamo ascoltare in Esodo 12,46 e in Salmo 34,21.
L’iniziativa di un soldato che gli colpisce il fianco – alla lettera direbbe “trafigge” – provoca l’uscita di sangue e acqua. Il fatto è visto come di estrema importanza da Giovanni: ci ha già parlato di questo in Gv.5,6-8. Perciò egli sente la necessità di fermare la narrazione per introdurre le sue considerazioni e riflessioni. Sottolinea quindi l’importanza profonda dell’avvenimento (ver.35), come fonte e conferma della fede cristiana! E appunto lega tutto questo alle Scritture che si adempiono nella Pasqua di Gesù. Per questo, oltre alla citazione che ricordavamo prima, cita anche il meraviglioso testo di Zaccaria 12,10: “Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto”.
Mi permetto di consigliarvi, se ne avete il tempo, la lettura di Ezechiele 47,1-12, che ci consente di cogliere nel costato trafitto del Signore l’adempimento della profezia che contempla la grande purificazione di tutto quello che viene visitato dall’acqua che sgorga dal tempio di Dio!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni
Al v. 34 leggiamo che “uno dei soldati colpì il fianco di Gesù con la lancia”, e nel v. 37 la citazione del profeta che dice: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto!”. Con questo passaggio dall’ “uno” che trafigge (storicamente) a “tutti” “che lo hanno trafitto”, il Vangelo vuole suggerire che tutti siamo partecipi di questa azione, e in qualche modo, tutti siamo responsabili della passione di Gesù. E dal costato trafitto “Esce acqua e sangue”: la coincidenza della lettura questa mattina di 1Giov 4:7-10 ci ha suggerito di vedere simboleggiati in questo i due doni divini della “vita” e dell’ “amore”: come la vita, così anche l’amore è un dono che discende d Dio, che scaturisce dal costato trafitto di Gesù: non quindi possesso nostro o nostra capacità, ma puro dono suo, perchè “non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ha amato noi, e ha mandato suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati”. E quando ci avviene di amare Dio e i fratelli, non è per virtù nostra, ma perchè permettiamo all’amore che Dio ci dà, di espandersi e ritornare a Lui e raggiungere anche i fratelli che ci sono vicini. Le parole “Guarderanno a colui che hanno trafitto” sono a fondamento della predicazione degli apostoli. Pietro nel suo discorso all’inizio degli Atti dice ai suoi ascoltatori: “Dio ha risuscitato dai morti quel Gesù che voi avete ucciso inchiodandolo sulla croce”, e il testo commenta: “A queste parole si sentirono trafiggere il cuore”. Perciò “guardare” è “credere” in colui che abbiamo trafitto. e questo “trafigge il nostro cuore” ed è il modo vero di lasciarci condurre a conversione. v. 36 “Chi ha visto ne dà testimonianza, e la sua testimonianza è vera, ed egli sa che dice il vero”. Questa “conoscenza” che la sua testimonianza è vera viene a Giovanni dalla fede. E questo testimone desidera che anche noi siamo partecipi della sua fede: “Affinchè voi crediate!”. E nella conclusione del vangelo diremo anche noi: “E noi sappiamo che la sua testimonianza è vera” (Gv 21:24).