38 Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. 39 Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di àloe. 40 Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. 41 Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. 42 Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.
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La Parola del Signore ci porta oggi ad incontrare circostanze, luoghi e persone di grande spessore: il corpo morto di Gesù e la sua sepoltura, il giardino e il sepolcro, e i due personaggi protagonisti, Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo. Giuseppe è un discepolo di Gesù, “di nascosto per timore dei giudei”. Nicodemo è un discepolo della “notte” già incontrato da noi: “Costui andò da Gesù di notte” (Gv.3,2). Diversi tra loro, hanno in comune questa nota di segretezza, di non appartenenza esplicita. Giuseppe è veramente discepolo, ma di nascosto. Nicodemo non lo è, ma ne è evidentemente attratto, e l’abbiamo incontrato non solo in Gv.3, ma anche in Gv.7,50-53, in circostanze e con parole che oggi meritano di essere riascoltate. Per me questi due fratelli sono occasione per convocare nella mia povera preghiera di oggi persone che mi sono molto care, nel loro cammino che ha molti punti di contatto con la personalità e la vicenda di questi due.
In modo molto più sottolineato rispetto agli altri evangelisti – Nicodemo è citato e ricordato solo da Giovanni – Giuseppe e Nicodemo si occupano del seppellimento del Signore con grandi attenzioni e grandi cure. Mi sembra che tutto questo voglia stabilire un legame profondo tra la fede dei padri ebrei e la nostra condizione di discepoli di Gesù. Preparando la sepoltura del Signore essi in certo modo dispongono luogo, tempo ed evento della sua risurrezione e della vita nuova donata all’umanità. Quasi un simbolo della grande preparazione e della grande profezia che Dio ha consegnato e affidato al Popolo della Prima Alleanza. Tutto sembra voler esprimere devozione, attenzione affettuosa, delicatezza, onore e gelosa custodia della “carne” del Figlio di Dio. Il giardino, quello stesso in cui Gesù è stato crocifisso, e “il sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto” (ver.41), anch’essi fanno parte di una liturgia della morte misteriosamente affacciata alla gloria della risurrezione.
Abbiamo accanto, intorno e vicino a noi, molte persone che Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo rappresentano, ricordano e consegnano alla nostra affettuosa attenzione e alla nostra preghiera. Non sempre ce ne accorgiamo e non sempre consideriamo la loro delicata e preziosa condizione.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Un primo particolare: Nicodemo porta con sé una mistura di mirra e àloe. Questi profumi non venivano usati – ci dicono gli esperti – per la sepoltura dei cadaveri, bensì per profumare la camera degli sposi. Dunque, per l’autore non ci si prepara ad un funerale ma ad una scena nuziale. Questo viene confermato dall’uso dei teli di lino: non le bende, tipiche della sepoltura, ma il lino adoperato per le lenzuola del talamo nuziale. Per l’evangelista, questa è l’ora delle nozze del Signore con la sua sposa. – Secondo particolare:deposero Gesù in un giardino. Sembra improbabile che in una vecchia cava, ormai abbandonata e adibita alle esecuzioni capitali, ci potesse essere un giardino. Ma il giardino è il luogo dove nasce e cresce la vita. Nel luogo della vita l’autore pone il sepolcro di Gesù, “segno visibile della gloria di Dio e perenne testimone di una vita più potente della morte”(A. Maggi).