22 Se io non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno scusa per il loro peccato. 23 Chi odia me, odia anche il Padre mio. 24 Se non avessi compiuto in mezzo a loro opere che nessun altro ha mai compiuto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e hanno odiato me e il Padre mio. 25 Ma questo, perché si compisse la parola che sta scritta nella loro Legge: Mi hanno odiato senza ragione.
Seleziona Pagina
La responsabilità della vita è intimamente connessa con la storia. Non è più un rapporto con il “comandamento”, ma con l’evento e gli eventi che hanno visitato e illuminato la nostra vita. E’ la responsabilità del dono ricevuto. Qui siamo ben lontani da ogni “legge”, sia da quella “naturale”, sia da quella che positivamente è stata data, persino dalla Legge santa di Dio, che ha preparato e profetizzato l’evento di Gesù, ma che ora si raccoglie tutta nel rapporto di comunione con Lui.
Voglio fare qui una considerazione che, se non è direttamente parte del pensiero che Gesù esprime, ne è certamente del tutto compresa. Egli dice: “Se io non fossi venuto e non avessi parlato loro …(ver.22) …Se non avessi compiuto in mezzo a loro opere..(ver.24)..”. Mi sembra importante considerare, insieme all’immensità del dono che noi abbiamo ricevuto, la realtà “povera” di chi questo dono non l’ha ricevuto. Questo ci conduce in ogni modo ad un’estrema prudenza e ad una doverosa comprensione misericordiosa nei confronti di ogni persona. La Parola di oggi, infatti, consegna in modo profondo e rigoroso la vita di ciascuno alla sua stessa storia.
Il ver.23 ci ricorda che la nostra relazione con Gesù coinvolge assolutamente quella con Dio stesso. Con il Padre. Questo porta come conseguenza che una certa “teologia razionale” può ostacolare il pensiero cristiano, che in ogni modo, per “pensare a Dio“ e per “parlare di Dio”, deve partire da Gesù, e cioè dal “fatto storico” della sua Persona e quindi da quello che di Lui dicono le Scritture: profeticamente le Scritture della Prima Alleanza, ed esplicitamente i Vangeli e gli Scritti Apostolici. La Chiesa ha un compito sostanzialmente “assertivo” e di testimonianza della Parola di Gesù e della Parola che è Gesù.
Ritorna drammaticamente ai vers.24-25 l’odio verso Gesù e quindi verso il Padre. Tale odio non è conseguenza di un’ “ignoranza”, ma viene da persona che lo “hanno visto”. Non penso che questo voglia dire una chiusura definitiva nei confronti del Salvatore: da ogni peccato Dio ci può salvare e liberare. Però è chiaro quanta responsabilità abbiamo noi che tanto largamente siamo amati e visitati. Mi chiedo: si può in qualche modo identificare e “riconoscere” questo “odio”? La conclusione del nostro brano – “Mi hanno odiato senza ragione” – porta verso l’uccisione dell’Innocente, il Figlio di Dio. Qui l’espressione “senza ragione” non vuole affermare solo la follia ma anche l’iniquità di questa uccisione. Ma noi dobbiamo tener conto dell’assoluta “attualità” di questo misfatto drammaticamente decisivo, che è rendere vana la Croce del Signore. E questo avviene quando ignorando o negando la potenza assoluta della misericordia divina a motivo della Croce di Gesù, ritorniamo sotto il regime della Legge. Invece, scrive Paolo ai Galati, “questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. Dunque, non rendo vana la grazia di Dio; infatti, se la giustificazione viene dalla Legge, Cristo è morto invano”(Galati 2,20-21). Allora quel “mi hanno odiato senza ragione” dice di chi, non accogliendo il dono di Gesù, ne vanifica la Croce: Cristo è morto invano.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
l’omelia partecipata di stamattina, venerdì 16 agosto 2013, registrata a Sovere durante il ritiro dei fratelli e delle sorelle.
https://www.famigliedellavisitazione.it/wp/wp-content/uploads/2013/08/gv15-22-25omelia-partecipata-ritiro-201308.mp3
47′ 11MB