21 Dette queste cose, Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». 22 I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse. 23 Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. 24 Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. 25 Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». 26 Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariota. 27 Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui. Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». 28 Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; 29 alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. 30 Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte.
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Abbiamo già incontrato questo turbamento del Signore: davanti alla morte di Lazzaro (Gv.11,33) e davanti alla prospettiva imminente della sua stessa morte (Gv.12,27). Ora il suo turbamento viene dal tradimento di Giuda. Ma ancora non si sa che sarà Giuda il traditore. Sembra che solo “il discepolo, quello che Gesù amava” possa chiederlo al Signore. Il ver.23 ci dà un’immagine straordinaria della comunione tra questo discepolo e Gesù, dicendo che egli “si trovava a tavola al fianco di Gesù”; ma, alla lettera, il testo dice che egli “era disteso (è la posizione semidistesa quando si pranza) nel seno di Gesù”! Qui viene usata la stessa espressione che nel Prologo di Giovanni descrive la relazione tra Gesù e il Padre: “il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre”(Gv.1,18). A me sembra che tutto questo spinga a tenere un atteggiamento insieme drammatico e sospeso riguardo a tutta la vicenda di Giuda! Qualcosa di molto più grande e profondo di quello che si potrebbe semplicemente definire come il peccato di Giuda, il tradimento del Signore da parte di Giuda.
Per questo voglio solo sottolineare alcuni passaggi di enorme rilievo. Innanzi tutto la citazione del Salmo 40(41),10 che ora sembra drammaticamente adempiersi e che viene interpretato al ver.27 in maniera altrettanto drammatica: “Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui”. E di questo abbiamo già ascoltato al ver.2: “… quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo”. A me sembra, ma continuate a non fidarvi di me, che il dramma travolga e scavalchi la persona di Giuda, che io non voglio “assolvere” a tutti i costi, ma che non posso in certo modo non “rispettare” per quello che lo sovrasta e lo invade. Di questo mi pare sintomo anche l’inevitabile incertezza del traduttore che nella versione precedente così rendeva l’ingiunzione di Gesù a Giuda: “Quello che devi fare fallo al più presto”, e nella versione riveduta propone: “Quello che vuoi fare, fallo presto”. Deve o vuole? Il testo originale dice solo : “Quello che fai, fallo presto”.
A questo voglio aggiungere qualche ulteriore considerazione. Di fatto, il Quarto Vangelo non ci dice di un incontro di Giuda con i capi e una compenso pattuito con loro per il tradimento. Né ci dirà della sua fine. Ritroveremo Giuda l’ultima volta nel giardino dove Gesù viene arrestato, e lo si nomina l’ultima volta con un generico “Vi era con loro anche Giuda, il traditore”(Gv.18,5). Non c’è memoria della morte di Giuda né del suo suicidio. Tutto è reso misteriosamente forte da quello che Gesù cita nella sua preghiera al Padre in Gv.17,12 a proposito dei discepoli: “… nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perchè si compisse la Scrittura”. Parole che troveremo, ma che anticipo per dire come mi sembra che tutto sia più grande e drammatico. E di questo mi sembra conferma il fatto che solo il discepolo amato – “nel seno di Gesù”! – possa domandare il nome del traditore. E anche di questo ancora, se Dio vorrà, sentiremo parlare!
Quello che sappiamo dal Quarto Evangelo è che Giuda è un ladro, come è stato detto a casa dei tra fratelli in Gv.12,6. Qui si torna a citare, al ver.29, il suo incarico di cassiere, che noi sappiamo essere disonesto: Giuda è veramente un ladro! Che cosa ruba? In Gv.12,6 si diceva che ruba i soldi contenuti nella borsa da cassiere. Ma è proprio solo questo che l’Evangelista vuole comunicarci? Oppure possiamo sospettare Giuda di essere ladro del Figlio di Dio? E questo che cosa vorrebbe dire? Forse, come dicevamo, quello che anche a Pietro non andava, e cioè che Gesù manifestasse la gloria divina nell’umiliazione fino alla Croce? E allora Giuda vuole tradire il Signore perché vuole un Dio della grandezza, della solitaria potenza….vuole un Dio più aristotelico e platonico che ebraico e quindi cristiano? Non è questa la tentazione che accompagna duemila anni di cristianesimo? In fondo, cioè, non accettare veramente che il Verbo si sia fatto carne, e che nell’obbedienza al Padre sia crocifisso? E che questa sia la sua gloria? E questa sia la gloria del Padre?
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.