11 Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12 Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13 perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
14 Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15 così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16 E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17 Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18 Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
19 Sorse di nuovo dissenso tra i Giudei per queste parole. 20 Molti di loro dicevano: «È indemoniato ed è fuori di sé; perché state ad ascoltarlo?». 21 Altri dicevano: «Queste parole non sono di un indemoniato; può forse un demonio aprire gli occhi ai ciechi?».
Giovanni 10,11-21

Oggi entra nella memoria evangelica un nuovo straordinario attributo: il “buono”. Questo è l’attributo fondamentale e assoluto del pastore. Un aggettivo che nel testo originale significa buono e anche “bello”! Questo aggettivo lo caratterizza e lo distingue da ogni altro pastore. E’ proprio del pastore che “dà la propria vita per le pecore”(ver.11). Una figura “rivoluzionaria” di pastore. Il suo dare la vita per le pecore è un assoluto “a priori” che lo definisce. Neppure nasce e sorge nell’eventualità della venuta del lupo, ma il gregge stesso esiste come gregge per il quale il pastore buono dà la sua vita. Il gregge “nasce” da e per questo dono della vita da parte del pastore. Per questo e in questo esiste e vive. Quindi, nativamente, il gregge vive di questo dono della vita da parte del pastore.
Se l’immagine del lupo al ver.12 significa l’assalto del gregge da parte del mistero del male, mistero di straordinaria potenza, davanti al quale il gregge è debolissimo e preda del dominio da parte del signore del male, è chiaro che il pastore sempre presente con il dono di Sé, a differenza del mercenario non abbandona e non fugge dal gregge assalito dal male. Questo dramma non è un’ “eventualità”, ma accompagna tutta la vicenda del gregge, un povero gregge sempre esposto all’assalto del “lupo”. Per questo, è sempre presente e del tutto attuale che il pastore dica. “”do la mia vita per le pecore”(ver.15).
Tutto questo costituisce la relazione tra il pastore e le pecore, ed è espresso al ver.14 con l’affermazione che, dice il pastore “conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me”. E qui si unisce un’ulteriore precisazione di straordinaria portata: “così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore”. Quindi la relazione tra il pastore e le pecore sembra intimamente connessa alla relazione tra il Padre e il Figlio! Questo sembra veramente confermato ai vers.17-18: “Per questo il Padre mia ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio”. L’umanità è stata interamente coinvolta e avvolta nel mistero dell’Amore che è il mistero stesso di Dio.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
L’immagine tradizionale del pastore dolce e mansueto che si porta la pecorella sulle spalle, non corrisponde a questi versetti. Il pastore è “bello”, cioè eccellente, l’unico, e la sua caratteristica non è la doleczza ma la fortezza, la determinazione nel difendere il suo gregge fino a dare la propria vita. – Un’altra immagine tradizionale dovrebbe essere corretta: “diventeranno un solo gregge, un solo pastore” fu tradotto con “un solo ovile e un solo pastore”. Non ci sono più recinti che racchiudano il gregge. E’ finita l’epoca dei recinti, dice padre Maggi nel suo commento. Gesù è la porta attraverso la quale entriamo e usciamo in piena libertà per nutrirci nei pascoli verdeggianti.
Per me la parola di oggi mi fa riflettere su tre parole: il buon Pastore, il mercenario, il lupo. Il lupo diventano i nostri capricci quando non si guarda all’essenziale ma ci si lascia trascinare come pecoroni dall’ambizione,stimolati dal mercenario(societa) .Alzare lo sguardo per convergere al BUON PASTORE.”