4 Gente infedele! Non sapete che amare il mondo è odiare Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio. 5 O forse pensate che la Scrittura dichiari invano: fino alla gelosia ci ama lo Spirito che egli ha fatto abitare in noi? 6 Ci dá anzi una grazia più grande; per questo dice: Dio resiste ai superbi; agli umili invece dá la sua grazia. 7 Sottomettetevi dunque a Dio; resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi. 8 Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi. Purificate le vostre mani, o peccatori, e santificate i vostri cuori, o irresoluti. 9 Gemete sulla vostra miseria, fate lutto e piangete; il vostro riso si muti in lutto e la vostra allegria in tristezza. 10 Umiliatevi davanti al Signore ed egli vi esalterà.
Forse troverete nelle vostre bibbie delle note molto ampie sull’inizio del ver.4. A me sembra importante precisare che il termine “gente infedele” è, alla lettera, “adùlteri”. Non mi sembra una precisazione secondaria, perchè i vers.4-5 si devono cogliere nella prospettiva dell’amore nuziale che dal nostro battesimo ci unisce al Signore. Come sappiamo, quella delle nozze è immagine ben presente nelle Scritture, e Israele è spesso presentato come la sposa del Signore. Pensate ad esempio alla bellezza del Cantico dei Cantici! Per questo il peccato più drammatico delle fede ebraico-cristiana è l’idolatria, in quanto tradimento delle nozze. Per questo motivo il senso della contrapposizione tra “amico del mondo” e “nemico di Dio”, non si deve interpretare sul piano del comportamento morale se prima non lo si coglie come fondamento e rivelazione suprema della relazione che Dio ha stabilito con il suo popolo. Si tratta di un orientamento globale della persona, che certamente dovrà confessare sempre i suoi molti peccati, ma che anche in questo celebrerà il vincolo nuziale che la lega al suo Signore.
Si tratta di una comunione d’amore molto esigente. Per questo le Scritture non esitano ad affermare la “gelosia” di Dio che troviamo al ver.5. Qui forse bisogna dire che la versione più corretta del testo sarebbe quella che dice che Dio “ama fino alla gelosia lo spirito che egli ha fatto abitare in noi”, si tratterebbe cioè, non dello Spirito Santo, ma del nostro spirito, che Dio ama gelosamente. Tuttavia, il senso non cambia molto. Un peccatore come me conosce molto bene questa divina gelosia, che incessantemente ci cerca e ci svela le nostre lontananze e le nostre infedeltà. Non si dà celebrazione della Liturgia che non inizi con l’atto penitenziale. A Messa arriviamo sempre dalla lontananza dei nostri peccati.
Al ver.6 si parla di “una grazia più grande”, e mi sembra che tale grazia sia subito descritta con la citazione di un versetto dei Proverbi 3,34:”Dio resiste ai superbi; agli umili invece dà la sua grazia”. Il termine “umile” non descrive solo la virtù dell’umiltà, ma prima di tutto il riconoscimento della propria miseria, e quindi il nostro bisogno di essere salvati. I vers.7-10 mi sembra debbano essere ascoltati e accolti in questa prospettiva. La promessa è quella di una fuga del diavolo per chi si mette pienamente nelle mani di Dio (ver.7). La nostra ricerca quotidiana di accostarci al Signore del Vangelo, lo trova sempre nella sua volontà di accostarsi alla nostra piccola vita per salvarla, illuminarla e condurla a Sè. Siamo incessantemente impegnati a condurre per intero a Lui la nostra persona esteriore (le mani) e la nostra persona interiore (il cuore), che si trova sempre come “divisa” tra Dio e la mondanità, che non è la “vita mondana” del nostro parlare comune, ma l’attrazione che subiamo e l’adesione che diamo alle categorie del mondo, come la violenza, il possesso, l’inganno, la vendetta, l’oppressione del povero…. Questa nostra “divisione” del cuore e del comportamento è bene espressa dal termine reso in italiano con “irresoluti”, e che alla lettera direbbe “doppi” e che la versione latina rende con “duplices animo”.
C’è dunque un “piangere” che è buono, che è secondo lo Spirito. Non un pianto di rabbia o di disperazione, ma un pianto di povertà e di umiltà. L’abbandono di una finta allegrezza che voglia coprire la realtà profonda del nostro cuore, perchè il sentimento positivo e profondo della fede non è l’allegria, ma la gioia. E la gioia può essere profonda anche nel tempo del pianto.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Gente infedele Letteralmente è “adultere” (al femminile!), rimandando così ai testi profeti che stigmatizzano l’infedeltà di Israele, l’idolatria, che è tradimento dell’amore fedele di Dio per il suo popolo. (vedi Osea e Ez. 16). Qui all’idolatria corrisponde l’amore del mondo. Cfr anche 2 Cor 6: quale intesa tra Cristo e Beliar…quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli.,La strada indicata è la sottomissione a Dio e la resistenza al diavolo. Gli scritti dei Padri del deserto ci ricordano che solo l’umiltà mette in fuga il diavolo, sciogliendoci dalle sue reti. Al di là delle diverse possibili interpretazioni il v.5 mostra l’intensità dell’amore nuziale del Signore. Anche la sua severità, così come risulta da Os. 6,1-6 letto oggi al mattutino è tutta interna a questo amoree nuziale. La lotta di resistenza che oggi ci viene chiesta di combattere non sqarebbe possibile senza le armi indicate dalla lettera agli Efesini: “Rivestitevi dell’armatura di Dio per potere resistere alle insidie del diavolo…” L’abbandono a Dio è la premessa della nostra forza. Il v.8 ci ricorda il testo di Gioele che si legge al merc. delle ceneri: “Laceratevi il cuore..”. Is 30,15 afferma: “nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza, nell’abbandono confidente sta la vostra forza”. “Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi”, come per il figlio della parabola a cui il Padre corre incontro quando le vede arrivare Come avvicinarsi a Dio? seguendo le indicazioni che nel testo seguono. Abbandonando l’idolo di Dio che ci facciamo, legato alla potenza, e cercandolo nell’umiltà; permettendogli di avvicinarsi a noi li dove è veramente, nel suo Cristo “mite e umile di cuore”. Ugualmente per il pianto e il lutto, che rientrano nelle beatitudini (come in Luca il riso nei guai). Si tratta di riprendere la strada della pasqua. Si può forse notare che il “divorzio” dal Dio umile è, come denunciato dai profeti, divorzio anche dalla povera umanità, sottolineato da un riso alienato dalle sofferenze degli uomini.
“Mostrami, Signore, la tua via, perché nella tua verità io cammini;
donami un cuore semplice
che tema il tuo nome.
Ti loderò, Signore, Dio mio, con tutto il cuore
e darò gloria al tuo nome sempre,
perché grande con me è la tua misericordia:
dal profondo degli inferi mi hai strappato.”
(Sal 85,11-13)