13 E ora a voi, che dite: “Oggi o domani andremo nella tal città e vi passeremo un anno e faremo affari e guadagni”, 14 mentre non sapete cosa sarà domani! Ma che è mai la vostra vita? Siete come vapore che appare per un istante e poi scompare. 15 Dovreste dire invece: Se il Signore vorrà, vivremo e faremo questo o quello. 16 Ora invece vi vantate nella vostra arroganza; ogni vanto di questo genere è iniquo. 17 Chi dunque sa fare il bene e non lo compie, commette peccato.
Seleziona Pagina
Al termine di questo capitolo di grande ammonizione per la vita all’interno della comunità cristiana, Giacomo introduce il tema del tempo. Ci troviamo davanti al grande dramma della storia ferita dell’umanità. Il peccato delle origini, il peccato originale, il grande tentativo di “rubare” a Dio la sua divinità e per farsi lui stesso, l’uomo, dio a se stesso e su tutto il creato, tutto questo porta con se l’istinto di possedere il tempo e di poterne disporre per il proprio desiderio di potere e di possesso. Il nostro brano di oggi traccia la grande divaricazione tra un tempo “rubato” e un tempo ricevuto.
Nel regime del peccato il tempo diventa l’illusione di disporre del tempo come nostro per “riempirlo” della nostra concupiscenza. E’ l’illusione di poter programmare indefinitamente il “proprio” tempo. Ma di fronte a questo orgoglio supremo dell’animo umano sta la sanzione inevitabile della morte, umiliazione e smacco di ogni progetto umano (“Siete come vapore che appare per un istante e poi scompare”). “Non sapete cosa sarà domani!”(ver.14). Emerge inevitabile la fragilità assoluta dell’esistenza umana, e quindi il degrado di una sapienza che confidi nelle forze e nei progetti umani.
Contro tutto questo Giacomo annuncia e ricorda l’umile bellezza di un tempo tutto “ricevuto”, un tempo come dono di Dio e nostra responsabilità. Un tempo non per occupare e possedere, ma un tempo per accogliere e far fiorire. Dal tempo come possesso, al tempo come grazia. Così, mi pare, il senso del ver.15.
Il rischio è quindi quello di sciupare il tempo, di non coglierlo come opportunità. Così ci viene incontro il ver.17:”Chi dunque sa fare il bene e non lo compie, commette peccato”. Mi sembra meraviglioso poter pensare e preparare anche l’umiltà del giorno che ora inizia, come grande occasione e grande dovere di celebrare il bene che Dio ci regala.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Giacomo ci ricorda che noi, di per sè siamo come vapore. Nel cap.1 ci aveva esortato a ascoltare e fare la parola, introducendo l’esempio dello specchio, e paragonando chi non fa la parola ad uno che subito si dimentica come è; in un certo senso non è più, come il vapore. L’alternativa dunque non è una autosufficienza che nega la realtà della nostra essenza, ma il legarsi alla parola che rimane e che ci può illuminare e guidare. Anche il fare il bene del v.17 lo si può identificare con il “fare la parola”, che è il vero bene, come Dio è il solo buono. Così è la parola che ci può prevenire dalla vanagloria. Un testo che ha dei riferimenti a quello di oggi è la parabola di Luca dell’uomo ricco che prepara nuovi magazzini per i suoi beni, e a cui Dio richiede la sua vita. L’arricchire davanti a Dio di quella parabola può essere parallelo al fare il bene di Giacomo. Un altro testo che si può accostare è quello di Apocalisse alla chiesa di laodicea tu dici sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla; ma non sai di essere un infelice, un miserabile un povero cieco e nudo.Ti consiglio di comperare da me…e quello che segue. Anche l’annotazione tutti quelli che amo li rimprovero e li castigo, dà il motivo profondo, già altre volte segnalata, anche dei rimproveri di Giacomo. C’è un collegamento singolare anche con il testo finale del Vangelo di Giovanni che abbiamo letto ieri e oggi. Giacomo ci insegna a dire “Se il Signore vorrà” e nel vangelo Gesù dice se io voglio che lui rimanga…tu seguimi. Inoltre cè la diatriba se Giovanni muore o non muore. Quindi si potrebbe sintetizzare anche per il testo di Giacomo il fatto che il credente non è sottratto dalla sua condizione mortale, ma al contrario il centro della sua vita è la sequela del Signore, in una vita che non fugge dalla morte ma che diventa lo specifico cammino pasquale che il Signore vuole per noi.