1 Fratelli miei, non vi fate maestri in molti, sapendo che noi riceveremo un giudizio più severo, 2 poiché tutti quanti manchiamo in molte cose. Se uno non manca nel parlare, è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo. 3 Quando mettiamo il morso in bocca ai cavalli perché ci obbediscano, possiamo dirigere anche tutto il loro corpo. 4 Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e vengano spinte da venti gagliardi, sono guidate da un piccolissimo timone dovunque vuole chi le manovra. 5 Così anche la lingua: è un piccolo membro e può vantarsi di grandi cose. Vedete un piccolo fuoco quale grande foresta può incendiare! 6 Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell`iniquità, vive inserita nelle nostre membra e contamina tutto il corpo e incendia il corso della vita, traendo la sua fiamma dalla Geenna.
Non sarà inutile collegare questo insegnamento sulla lingua con quanto abbiamo ascoltato riguardo all’importanza primaria delle “opere”. Giacomo si trasferisce nell’orizzonte della sapienza e dell’esperienza, ma la sua attenzione continua ad essere rivolta all’agire, al concreto della vita e dei suoi rapporti. E non a caso egli si preoccupa di un dato esterno – esteriore – dell’esperienza umana. L’agire è come una grande liturgia: da qui l’importanza del tema della lingua.
In questo senso sono portato a pensare che l’indicazione di non moltiplicare i maestri (ver.1) non si riferisca tanto ad uno spcifico ministero ecclesiale, ma più globalmente alla vita di ogni cristiano. Così mi sembra emerga come forte sottinteso il primato di considerazione sulla condizione del discepolo, e quindi sull’indicazione che abbiamo incontrata in Giacomo 1,19:”sia ognuno pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all’ira”. E’ interessante che questa attenzione sia legata ad un dato molto semplice e molto concreto: tutti quanti manchiamo in molte cose (ver.2). Il silenzio è segno dell’umile consapevolezza dei propri limiti e dei propri difetti. E chi è l’uomo perfetto del ver.2? Penso bisogna considerare la persona stessa di Gesù, e cogliere in Lui la nota fondamentale del silenzio, soprattutto nel dramma della sua Passione. L’uomo perfetto non è quindi solo in riferimento ad una perfezione morale, ma soprattutto all’uomo nuovo che Gesù rivela e compie in se stesso.
Con tre immagini viene descritta la grande e pericolosa potenza della lingua: il morso dei cavalli, il timone delle navi, il piccolo fuoco capace di incendiare un’intera foresta. Viene evidenziata la sostanziale pericolosità del parlare. Se l’uomo perfetto è capace di tenere a freno la lingua, non si può ignorare la potenza di questo piccolo membro, un piccolo timone capace di dare direzione a tutta una grande nave. Il ver.6 toglie ogni dubbio circa la negatività della lingua. Sembra dunque confermarsi lo stretto legame tra la vita nuova e il silenzio. Proprio perchè fede nella Parola di Dio, fede della Parola di Dio, essa esige questa lotta personale contro il pericolo altissimo di consentire alla lingua di essere lo strumento potente dell’iniquità. La nostra piccola esperienza quotidiana della preghiera come innanzi tutto ascolto della Parola di Dio, ci immerge nella bellezza di una Parola assolutamente buona che solo come dono del Signore possiamo accogliere in noi stessi e tra di noi.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
L’esortazione di Giacomo del primo versetto non mette in discussione il carisma e il ministero dell’insegnamento di alcuni, all’interno e per il bene della comunità, attestata da Paolo nelle sue lettere. Forse l’esortazione a non “diventare molti maestri” la si può leggere non tanto in relazione a questo, ma all’unico maestro, con un legame cioè a quella parola di Gesù “Non fatevi chiamare rabbi perchè uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli (come Giacomo continua anche oggi a chiamare i destinatari della lettera)”. A questo riguardo è bella anche la coincidenza con il testo del Vangelo, con Maria Maddalena che risponde a Gesù risorto “Maestro mio” e Gesù che chiama i discepoli “miei fratelli”. Giacomo con questa esortazione vuole forse reindirizzare a non essere tanti maestri, ma invece tutti ascoltatori, accoglienti, perseveranti e facitori dell’unica Parola, come abbiamo ascoltato nei giorni scorsi. Inoltre, per la motivazione che segue, mette in guardia verso il pericolo di esercitare una azione da maestri della legge tendente a giudicare il fratello, anche questo tema ricorrente della lettera, invece che essere vicini a lui, in quanto tutti partecipi della stessa condizione di “mancare in molte cose”. Il testo di oggi lo si può collegare a quella parola di Gesù “Sia invece il vostro parlare si si no no, il di più viene dal maligno”. C’è il pericolo che con la nostra lingua noi “aggiungiamo o togliamo” qualcosa alla parola di salvezza che abbiamo ricevuto. Già questa cosa era entrata nel guaio del primo peccato, quando già Eva riferisce, nel suo dibattito col serpente, quanto il Signore aveva ordinato aggiungendo una parola. Così anche le parole severe alla fine dell’apocalisse sull’aggiungere o togliere qualcosa”. Ancora è bello il rapporto con Maria Maddalena, fedele annunziatrice delle parole del Signore risorto. La Lucia oltre a quanto riportato sopra ha citato anche 1 Tim le donne tacciano nell’assemblea. Sarebbero da approfondire i collegamenti e i dati positivi che sottostanno a questo ordine in negativo.