26 Se qualcuno pensa di essere religioso, ma non frena la lingua e inganna così il suo cuore, la sua religione è vana. 27 Religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo.

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Le due parole “religioso” e “religione” presenti nei vers.26-27 sono un termine raro nel Nuovo testamento, e accompagnato da un certo sospetto. Per questo si può pensare che il nostro brano di oggi sia una conclusione di quello di ieri, accompagnato sia da una nota di ironia, sia da una certa attenzione culturale sul fenomeno religioso. Tutto questo ribadendo e approfondendo il tema della fede ebraico cristiana, legata al mistero e al dono della Parola di Dio.
Spesso le “religiosità” propongono e praticano una grande moltiplicazione di parole, di formule, che sembrano quasi assumere un potere magico. La nostra fede ebraico-cristiana è, come abbiamo visto, fondamentalmente ascolto e risposta. Le è propria quindi, come già dicevamo, una nota di silenzio. Non un silenzio ascetico, ma una silenzio profondo per ascoltare. Per ascoltare il Signore che parla. Questo è il fondamento della nostra fede e della nostra preghiera. Ecco perchè chi “pensa di essere religioso non frenando la lingua” è lontano dal fondamento della nostra fede. E quindi “inganna il suo cuore”.
Parlavo prima di un certa attenzione culturale che il nostro testo sembra portare. Mi sembra si possa parlare di un’attenzione profonda al fenomeno religioso in generale, e quindi alla sottolineatura di una duplice fondamentale considerazione. Si deve innanzi tutto cogliere un’attenzione positiva verso altre religiosità o addirittura verso la condizione dell’ateismo, segnalando quegli elementi di autenticità che in ogni modo valgono non solo per la nostra fede, ma per qualsiasi atteggiamento dello spirito umano. La vera religiosità non è moltiplicazione di parole (ver.26), ma “soccorrere (visitare, alla lettera) gli orfani e le vedove nella loro (alla lettera) tribolazione, e conservarsi puri da questo mondo”. La fede è dunque non un’evasione dalla storia, ma un evento profondamente umano, una storia nuova, generata e nutrita dalla Parola di Dio. Di questa religiosità vera ci sono segni anche al di fuori di una fede confessata, e sono il messaggio di una presenza di Dio anche al di là del suo popolo riconosciuto. Dio infatti è “nostro Padre”(ver.27), ed è Padre di tutta l’umanità. Dunque questi sono i due elementi di grande interesse presenti nel nostro brano: attenzione ai segni di Dio Padre anche al di là della comunità credente; e affermazione della presenza di Dio nella vita umana, nel suo tessuto quotidiano, con un duplice movimento: l’andare verso i poveri, e il tirarsi fuori dal degrado delle sapienze e delle credenze mondane.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Mi è rimasta impresso il verbo “soccorrere” cioè visitare. La “religione” pura e senza macchia davanti a Dio è visitare le persone! Che bello. Proprio ieri sera ho fatto una bellissima visita a due amici!
Se qualcuno pensa di essere religioso. Nelle lettere di Paolo troviamo la stessa forma: se qualcuno pensa di essere sapiente..se qualcuno pensa di essere qualcosa…Nel Vangelo i discepoli dibattono su chi si può considerare più grande. Siamo sempre all’interno di una logica di autoreferenzialità. Il grande guaio di una lingua sfrenata è più volte segnalato nella lettera. E’ il controluce al grande bene della Parola che ci genera, che siamo chiamati a accogliere con mitezza, a vivere in essa e a farla, come abbiamo ascoltato nel passo precedente Ingannando il nostro cuore. La lettera ci segnala più volte questo grande pericolo: di vivere in un autoinganno, per il quale ci autoconvinciamo di vivere per Dio e per gli altri, ma al centro ci siamo sempre noi stessi e le nostre passioni. Sembra, anche per lo stesso termine usato, che questa religione vana, sia una religione vuota di Dio, pagana, anche se dichiarata in nome suo. A questo Giacomo contrappone il v. 27. Il verbo della visita è forte: è una visita che ha cura, al modo di Dio, che quando visita, fosse anche per rimproverare, è sempre tutto in relazione all’altro e al suo bene. Il conservarsi puri dal mondo va considerato in modo forte collegato a quel mondo di passioni, che ci ritroviamo anche dentro, di cui la lettera fa riferimento, specie l’istinto del possesso e del potere.