13 Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. 14 Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario. 15 Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; 16 non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore. 17 Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso. 18 E se in qualche cosa ti ha offeso o ti è debitore, metti tutto sul mio conto. 19 Io, Paolo, lo scrivo di mio pugno: pagherò io. Per non dirti che anche tu mi sei debitore, e proprio di te stesso! 20 Sì, fratello! Che io possa ottenere questo favore nel Signore; da’ questo sollievo al mio cuore, in Cristo! 21 Ti ho scritto fiducioso nella tua docilità, sapendo che farai anche più di quanto ti chiedo. 22 Al tempo stesso preparami un alloggio, perché, grazie alle vostre preghiere, spero di essere restituito a voi. 23 Ti saluta Èpafra, mio compagno di prigionia in Cristo Gesù, 24 insieme con Marco, Aristarco, Dema e Luca, miei collaboratori. 25 La grazia del Signore Gesù Cristo sia con il vostro spirito.
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I vers.13-16 del nostro testo esprimono la meravigliosa carità di Paolo che vuole assolutamente coinvolgere il fratello Filemone nella vicenda di Onesimo e del suo accesso alla fede e alla vita nuova in Gesù. Tutto avrebbe potuto concludersi con il rapporto profondo che il dono del vangelo e della fede ha stabilito tra lui e Onesimo, come ascoltiamo dal ver.13. Ma Paolo non vuole che Filemone sia solo spettatore di quanto è accaduto, nè tanto meno lo subisca, e si affida alla sua coscienza perchè egli possa essere del tutto partecipe del dono che Dio ha fatto allo schiavo fuggitivo, e all’Apostolo che lo ha portato a tale dono. Per questo al ver.15 arriva a ipotizzare che tutto quanto sia accaduto soprattutto per il bene di Filemone, che dagli eventi verrebbe arricchito dalla relazione nuova che la conversione di Onesimo crea tra questi e lui: “..non più come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo”, dove è splendido che “fratello” dica una relazione ben più profonda di dedizione e di diaconìa di come stabiliva la sua condizione di schiavitù. Ma tutto questo immenso progresso esige da Filemone la totale libertà della sua scelta! E ancora una volta Paolo mette in gioco se stesso, chiedendo che Onesimo sia accolto come Filemone accoglierebbe lui (ver.17). E se c’è qualche “debito” da pagare, sarà lui stesso, Paolo, a pagare. Anche se, per la verità, è lo stesso Filemone ad avere nei confronti dell’Apostolo, l’immenso debito della sua salvezza (vers.18-19). Ma tutto questo lo chiede a Filemone con un “favore nel Signore”. Come atto di docilità e di amore (ver.21). Le parole conclusive del messaggio (vers.22-25) sono conferma dell’affetto e della confidenza fraterna tra Paolo e Filemone, e la vicenda di Onesimo sembra essere stata conferma e crescita del legame tra loro. Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
v. 15 “Forse per questo è stato separato da te per un momento perché tu lo riavessi per sempre”: qui risulta evidente che il rapporto che dura per sempre è quello tra fratelli, di cui è Gesù Cristo il legame. “Il servo non resta per sempre nella casa, il figlio invece vi rimane in eterno”: fatti figli di Dio, e fratelli tra noi, viviamo in una comunione eterna. v. 17 “Se dunque tu mi consideri come amico, …” Paolo sa qui una parola molto simile a quella del v. 6, parola che dice la comunione tra i fratelli. Richiama così Filemone alla memoria della comunione, e poi gli ricorda che pure lui è “debitore” a Paolo. Infatti “Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole…” (Rom 13:8). v. 20 “Che io possa ottenere da te questo favore nel Signore; dà questo sollievo al mio cuore in Cristo!” Il sollievo di Paolo, il “ristoro e riposo” che riceve da Filemone è quello di vederlo adempiere il precetto dell’amore, come abbiamo anche da poco ascoltato in 1 Giov “Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l’ amore di Dio?”. Riposo per Paolo è sapere che Filemone accoglierà Onesimo non come schiavo, ma come fratello nel Signore, e che rinuncerà a castigarlo. v. 21 “Ti scrivo fiducioso nella tua docilità, sapendo che farai anche più di quanto ti chiedo”. Questo “di più” indica la perfezione evangelica, che ci è data per la potenza della preghiera di Gesù presso il Padre, come assicura ai suoi: “farete opere anche più grandi di quelle che ho fatto io” (Gv 14:12). Anche Paolo dice che vorrebbe fare “di più” del suo dovere: questo è dare la vita per amore. E così anche Filemone, nel suo rapporto con Onesimo, darà la sua vita, e non solo perché è più ricco, ma perché lo amerà volentieri secondo Cristo, come un fratello. Dopo aver detto molte volte che non vuole dare comandi, e che Filemone deve fare liberamente e non per costrizione, è questo è molto importante, al v. 21 gli dice che “Ti scrivo fiducioso nella tua docilità, sapendo che farai anche più di quanto ti chiedo”. La docilità e l’obbedienza di Filemone, non è una obbedienza costretta, da schiavo, ma una obbedienza libera e lieta, da figlio. E’ bello notare come in molti modi nel nostro brano di oggi risplenda la bellezza della fraternità cristiana anche sotto la forma di una certa “supplenza o rappresentatività”, la possibilità di fare in qualche modo le veci di un altro fratello prezioso. Al v. 13 leggiamo infatti: “Avrei voluto trattenerlo presso di me perché mi servisse in vece tua nelle catene che porto per il vangelo”: Onesimo in vece di Filemone come aiuto a Paolo prigioniero. E al v. 17 “Se dunque tu mi consideri come amico, accoglilo come me stesso”, Onesimo come Paolo, perciò come amico, per Filemone. E in questa linea si può leggere anche la disponibilità di Paolo a sostituirsi presso Filemone, come suo debitore, invece di Onesimo: “E se in qualche cosa ti ha offeso o ti è debitore, metti tutto sul mio conto. … io, Paolo: pagherò io stesso”. La capacità/possibilità di “sostituzione” arriva fino a voler pagare per conto di un altro fratello: così infatti ha fatto Dio per noi, in Gesù Cristo, dandoci un esempio.