35,1 Mosè radunò tutta la comunità degli Israeliti e disse loro: «Queste sono le cose che il Signore ha comandato di fare: 2 Per sei giorni si lavorerà, ma il settimo sarà per voi un giorno santo, un giorno di riposo assoluto, sacro al Signore. Chiunque in quel giorno farà qualche lavoro sarà messo a morte. 3 Non accenderete il fuoco in giorno di sabato, in nessuna delle vostre dimore».
4 Mosè disse a tutta la comunità degli Israeliti: «Questo il Signore ha comandato: 5 Prelevate su quanto possedete un contributo per il Signore. Quanti hanno cuore generoso, portino questo contributo volontario per il Signore: oro, argento e rame, 6 tessuti di porpora viola e rossa, di scarlatto, di bisso e di pelo di capra, 7 pelli di montone tinte di rosso, pelli di tasso e legno di acacia, 8 olio per l’illuminazione, balsami per unguenti e per l’incenso aromatico, 9 pietre di ònice e pietre da incastonare nell’efod e nel pettorale. 10 Tutti gli artisti che sono tra di voi vengano ed eseguiscano quanto il Signore ha comandato: 11 la Dimora, la sua tenda, la sua copertura, le sue fibbie, le sue assi, le sue traverse, le sue colonne e le sue basi, 12 l’arca e le sue stanghe, il coperchio e il velo che lo nasconde, 13 la tavola con le sue stanghe e tutti i suoi accessori e i pani dell’offerta, 14 il candelabro per illuminare con i suoi accessori, le sue lampade e l’olio per l’illuminazione, 15 l’altare dei profumi con le sue stanghe, l’olio dell’unzione e il profumo aromatico, la cortina d’ingresso alla porta della Dimora, 16 l’altare degli olocausti con la sua graticola, le sue sbarre e tutti i suoi accessori, la conca con il suo piedestallo, 17 i tendaggi del recinto, le sue colonne e le sue basi e la cortina alla porta del recinto, 18 i picchetti della Dimora, i picchetti del recinto e le loro corde, 19 le vesti liturgiche per officiare nel santuario, le vesti sacre per il sacerdote Aronne e le vesti dei suoi figli per esercitare il sacerdozio».

Seleziona Pagina
Tutto quello che ai cap.25-31 era progetto, negli ultimi capitoli di Esodo diventa esecuzione. Le disposizioni circa il sabato chiudevano la descrizione del progetto; qui, ai vers.1-3, aprono l’esecuzione dei lavori. Forse perchè, trattandosi di lavori, si vuole tutto porre sotto la legislazione del riposo sabbatico. Ma, forse, più profondamente, si vuole ribadire un primato che è essenziale e proprio della fede ebraico-cristiana rispetto alle “religioni”, primato che per l’ebraismo è stato per alcuni aspetti più rigoroso che per il cristianesimo. Infatti la distruzione del Tempio di Gerusalemme, mai più ricostruito, ha enfatizzato il primato assoluto, nella fede dei padri ebrei, e quindi nella fede cristiana, della categoria del tempo rispetto alla categoria dello spazio. Cioè il cuore della nostra fede non è “il luogo sacro”, ma la santificazione del tempo come avvenimento divino, come incontro con il Signore. Quando il luogo dell’incontro non è più orizzonte dell’avvenimento ma “oggetto sacro”, la profezia insorge per affermare che la fede è caduta perchè è stata “cosificata”. Questa “cosificazione”, però, non è limitata agli spazi meteriali, tangibili, ma si estende a tutto quello che in qualche modo “si fa”, persino alla preghiera, e qui il discorso diventa più delicato. Mi limito a darne un esempio molto semplice. Una preghiera, prendiamo a caso la preghiera dei Vespri, può essere cosificata, quando “facciamo il Vespro” più che celebrarlo. Lo eseguiamo nelle sue varie parti, ma in esso non celebriamo, non viviamo l’incontro con il Signore.
Dato tutto questo forse inutile sproloquio, sottolineo questa presenza della legge del sabato nel nostro testo, per dire che è l’incontro con il Signore celebrato nel tempo a governare il senso di tutti gli oggetti che saranno preparati. Appunto, però, senza ignorare che anche l’osservanza del sabato potrebbe essere “cosificata”, se “eseguissimo” delle preghiere, senza incontrare Colui che nella preghiera invochiamo, incontriamo, riceviamo, ascoltiamo, lodiamo…
Osserviamo che ai vers.1 e 4 si parla di cose da fare, ma le cose, sono in realtà “parole da fare”, parole che ha comandato il Signore…”: questo ci ricorda che resta sempre centrale l’evento del nostro ascolto della Parola, cioè del nostro incontro con il Signore che ci parla. Tutto verrà fatto a partire dalla disposizione interiore di ogni figlio di Israele; sarà cioè il frutto della libera generosità dei cuori: così il ver.5, che ci parla di cuore generoso e di contributo volontario. E tutto esigerà una capacità che prima di essere tecnica esprimerà, secondo il ver.10, la sapienza del cuore; così è alla lettera il termine reso in italiano con la parola “artista”.
Infine bisogna dire che tutti questi “oggetti” assumeranno anch’essi un “volto” profetico, e tenderanno a raccogliersi in Gesù, nella sua Persona, nella sua opera, e nella relazione che Egli stabilisce con il popolo, Lui, il Tempio nuovo e definitivo.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Dopo il peccato del vitello d’oro e la delicata ripresa dei contatti e dei rapporti con il Signore, oggi mi è piaciuta la gradualità delle parole di Mosè che forse con il volto raggiante ricomincia a parlare chiaramente ai suoi:
v.1 Queste sono le cose-parole che il Signore ha comandato di fare (l’osservanza del sabato a sigillo e significato di tutto il nostro lavorare)
v.4 Questa è la cosa-parola che il Signore ha comandato di fare (prendere dal nostro un contributo per il Signore)
v.10 Tutti… vengano ed eseguiscano tutto quello che il Signore ha comandato (l’elenco lunghissimo di cose da costruire)
Il lavoro minuzioso, ordinato, regolato con il sabato, intelligente, dedicato è la via per tornare a lui e stare con lui. La costruzione finale sarà il suo santuario!
Abbiamo confrontato i primi vv. di oggi sul sabato con quelli analoghi di Lv 23,3 letti al mattutino, notando che vi sono due particolari in più. Il primo è il divieto di accendere il fuoco, che forse vuole significare di non porre neppure le premesse del lavoro al di là della sua effettiva applicazione. Il secondo, la sanzione di morte, accentua il grado di importanza del precetto. Al cap. 31 avevamo già visto che alle disposizioni date da Dio a Mosè riguardo alla Dimora, seguivano quelle del sabato. Qui Mosè le antepone, quasi a volerle porre come paradigma di ciò che seguirà. Così, parallelamente al rapporto fra i sei giorni e il sabato, forse anche questa grande impresa che peraltro Dio stesso promuove, col suo precetto e con la sua azione diretta ai cuori, non è conclusa in sè. Tutta l’opera è volta e motivata da quello che sarà descritto nelle ultime battute del libro: l’insediarsi la Gloria del Signore nella Dimora. Così come suona nell’originale il v.5, e soprattutto nel testo dei LXX: “traete da voi stessi una parte scelta per il Signore”, insieme alla annotazione dei nobili di cuore (v.5) e dei sapienti di cuore (v.10), si è portati a considerare questa offerta e questa opera nella sua valenza interiore e non solo esterna. Colpisce la varietà di doni e di opere a cui si può accedere. In questo modo ciascuno può partecipare, per la sua parte, all’edificazione comune.