1 Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto. 2 Onora tuo padre e tua madre! Questo è il primo comandamento che è accompagnato da una promessa: 3 perché tu sia felice e goda di una lunga vita sulla terra. 4 E voi, padri, non esasperate i vostri figli, ma fateli crescere nella disciplina e negli insegnamenti del Signore. 5 Schiavi, obbedite ai vostri padroni terreni con rispetto e timore, nella semplicità del vostro cuore, come a Cristo, 6 non servendo per farvi vedere, come fa chi vuole piacere agli uomini, ma come servi di Cristo, facendo di cuore la volontà di Dio, 7 prestando servizio volentieri, come chi serve il Signore e non gli uomini. 8 Voi sapete infatti che ciascuno, sia schiavo che libero, riceverà dal Signore secondo quello che avrà fatto di bene. 9 Anche voi, padroni, comportatevi allo stesso modo verso di loro, mettendo da parte le minacce, sapendo che il Signore, loro e vostro, è nei cieli e in lui non vi è preferenza di persone.
Efesini 6,1-9

Sono due orizzonti molto delicati quelli dell’obbedienza ai genitori da una parte, e ai padroni dall’altra! Pur nella loro assoluta diversità essi vengono assimilati – è lo stesso verbo che dice questo obbedire – ed entrambi diventano una via, quasi una liturgia (!), della fondamentale obbedienza, che è l’obbedienza della fede: l’obbedienza a Dio!
L’obbedienza ai genitori deve dunque essere “nel Signore”! L’obbedienza ai genitori diventa allora “segno” e “celebrazione” dell’obbedienza a Dio.
Mi sono chiesto se non sia questa la ragione per cui si dice che l’obbedienza ai genitori, citata dal testo di Esodo 20 e Deuteronomio 5, sia “il primo comandamento”! Forse perché il primo comandamento è la relazione con Dio stesso?
La promessa della lunga vita è in ogni modo legata alla comunione con il padre e la madre. Dunque, forse, si vuole qui sottolineare la stretta relazione tra il rapporto con Dio e il rapporto con il padre e la madre! E questo legame mi sembra molto prezioso sia per il rapporto con Dio, sia per quello con i genitori!
Se vale questa ipotesi, anche il ver.4 entra con grande rilievo a dire che i padri non devono “esasperare” (un termine accostato all’ira, e quindi al non provocare l’ira dei figli), ed è quindi necessario che li facciano crescere non secondo vie e metodi arbitrari, ma “nella disciplina e negli insegnamenti del Signore”! Anche l’esercizio dell’autorità è dunque fortemente collegata e relativa al rapporto con Dio e con la sua Parola!
Allo stesso modo si pone l’obbedienza degli schiavi! Con questo termine noi dobbiamo pensare a dei “servi”, o addirittura a degli “operai”. Io poi penso che la schiavitù non sia stata abolita, perché anche oggi uno è libero, ma se non è “schiavo” rischia di morire di fame! Una volta lo schiavo poteva sperare di fuggire, ma oggi deve supplicare e magari lottare perché il adrone lo tenga in servizio!
In ogni modo, anche l’obbedienza ai padroni può e deve essere “liturgia” dell’obbedienza a Dio, non per “piacere agli uomini”, ma “con rispetto e timore, nella semplicità del vostro cuore, come a Cristo”.
Non mi sembra si tratti di vecchie regole, ma, più profondamente, della possibilità e della doverosità da parte del credente di servire sempre e in ogni modo il suo Signore!
Anche perché il ver.9, dedicato ai padroni, invita loro a comportarsi allo stesso modo verso i servi (!), “mettendo da parte le minacce, sapendo che il Signore, loro e vostro, è nei cieli (!), e in Lui non vi è preferenza di persone”!!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.