1Certo, anche la prima alleanza aveva norme per il culto e un santuario terreno. 2Fu costruita infatti una tenda, la prima, nella quale vi erano il candelabro, la tavola e i pani dell’offerta; essa veniva chiamata il Santo. 3Dietro il secondo velo, poi, c’era la tenda chiamata Santo dei Santi, con 4l’altare d’oro per i profumi e l’arca dell’alleanza tutta ricoperta d’oro, nella quale si trovavano un’urna d’oro contenente la manna, la verga di Aronne, che era fiorita, e le tavole dell’alleanza. 5E sopra l’arca stavano i cherubini della gloria, che stendevano la loro ombra sul propiziatorio. Di queste cose non è necessario ora parlare nei particolari.

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Il ver.5, alla fine del testo, ci avverte che “di queste cose non è necessario ora parlare nei particolari”. Noi, senza entrare nei particolari, facciamo qualche accenno al significato di questi “segni”, e più largamente, al significato dei “segni” che incontriamo nella fede dei padri ebrei, come nella fede di Gesù. E’ un tema delicato di fronte al quale mi sento povero e inadeguato. Come il solito, prendete quello che scrivo con le pinze di una grande cautela, fermo sempre restando che ogni vostro contributo di correzione e precisazione mi è molto gradito.
Dico subito che i “segni” sono di fondamentale importanza nella fede ebraico-cristiana perché sono la “visibilità” irrinunciabile della Parola. Altrimenti la parola rimarrebbe fuori dalla storia e dalla concretezza di quello che si vede, si tocca…Ci sono nell’esperienza umana tradizioni spirituali anche di grandissimo rilievo che si muovono in direzione opposta, dove la “parola” se mai prende per mano chi l’ascolta e lo porta fuori da ogni segno, da ogni “materialità”, da ogni “fisicità”, e infine fuori anche dal tempo. La Parola della tradizione ebraico-cristiana, al contrario, entra nella storia, in certo senso si sposa con la storia, con il dato concreto della vicenda umana, con la materialità e con la fisicità.
Così, nel nostro testo, la “tenda” è il segno dell’abitazione di Dio in mezzo al suo popolo, il suo cammino insieme a questo popolo. Quando molto più tardi Davide vorrà costruirgli una dimora, Dio rivendicherà la grande vicenda di questa sua migrazione con la sua gente. E così di altri segni citati oggi. L’altare stesso che è luogo di celebrazione del vincolo di salvezza e di comunione che Dio ha stabilito con Israele: il sacrificio è il segno concreto dell’azione divina verso i suoi figli, sia nelle loro prove contro i nemici che li assalgono, sia nella loro condizione di peccatori, come nei grandi eventi dell’esistenza personale e collettiva. La manna è il segno del nutrimento che Dio dona nel grande viaggio dall’Egitto dal quale li ha liberati fino alla Terra Promessa che ha preparato per loro. E ancora, la verga di Aronne che ricorda l’elezione divina e le tavole dell’alleanza, che sono grande segno della Parola da Lui donata sul Sinai. Per le vicende della storia questi segni scompariranno, e alla fine, fino ai tempi di Gesù e della distruzione del Tempio, il Santo dei Santi sarà del tutto vuoto. Ma anche questo “vuoto” sarà il segno prezioso della purificazione da ogni rischio di idolatria, da ogni pericolo di “adorare” quello che non è Dio!
E questo è il grande pericolo che la nostra fede corre davanti a questi “segni”. Se il segno viene in qualche modo separato dalla Parola, e quindi viene isolato dalla grande Storia della Salvezza, si “sacralizza”, o piuttosto, viene “sacralizzato”. Penso all’imbarazzo che provavo quando sentivo certi discorsi sull’ “ostia” (sull’ “Ostia”!). Spero ci siamo capiti e che nessuno debba scandalizzarsi. Il “Pane spezzato” è al cuore della nostra fede di Gesù! Lo è come segno supremo della nostra fede in Gesù e nel cammino di salvezza che Egli ci dona, secondo la Parola evangelica che ogni giorno illumina la nostra piccola vita.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.