10 Quando presterai qualsiasi cosa al tuo prossimo, non entrerai in casa sua per prendere il suo pegno. 11 Te ne starai fuori e l’uomo a cui avrai fatto il prestito ti porterà fuori il pegno. 12 Se quell’uomo è povero, non andrai a dormire con il suo pegno. 13 Dovrai assolutamente restituirgli il pegno al tramonto del sole, perché egli possa dormire con il suo mantello e benedirti. Questo ti sarà contato come un atto di giustizia agli occhi del Signore, tuo Dio. 14 Non defrauderai il salariato povero e bisognoso, sia egli uno dei tuoi fratelli o uno dei forestieri che stanno nella tua terra, nelle tue città. 15 Gli darai il suo salario il giorno stesso, prima che tramonti il sole, perché egli è povero e a quello aspira. Così egli non griderà contro di te al Signore e tu non sarai in peccato. 16 Non si metteranno a morte i padri per una colpa dei figli, né si metteranno a morte i figli per una colpa dei padri. Ognuno sarà messo a morte per il proprio peccato. 17 Non lederai il diritto dello straniero e dell’orfano e non prenderai in pegno la veste della vedova. 18 Ricòrdati che sei stato schiavo in Egitto e che di là ti ha liberato il Signore, tuo Dio; perciò ti comando di fare questo. 19 Quando, facendo la mietitura nel tuo campo, vi avrai dimenticato qualche mannello, non tornerai indietro a prenderlo. Sarà per il forestiero, per l’orfano e per la vedova, perché il Signore, tuo Dio, ti benedica in ogni lavoro delle tue mani. 20 Quando bacchierai i tuoi ulivi, non tornare a ripassare i rami. Sarà per il forestiero, per l’orfano e per la vedova. 21 Quando vendemmierai la tua vigna, non tornerai indietro a racimolare. Sarà per il forestiero, per l’orfano e per la vedova. 22 Ricòrdati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto; perciò ti comando di fare questo.
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Il discorso di oggi riguarda diversi modi di protezione dei più deboli. Era dovere e onore del re prendersene cura, secondo le antiche consuetudini della regione. Ora, il testo di oggi attribuisce a tutti i membri del popolo questa stessa doverosità “regale”. Queste indicazioni ritornano anche nel N.T. quando p.es. Giac parla dei salariati defraudati che gridano al Signore, riprendendo forse il comando di oggi mutuato da Sir 4:Figlio, non rifiutare il sostentamento alò povero, … non offrire a nessuno l’occasione di maledirti, perchè il suo creatore l’esaudirà. Dando ciò che è giusto siamo trovati senza peccato, giusti, o misericordiosi (gr.) come Lui stesso è misericordioso con tutti noi. Più in profondità il brano di oggi ci invita a ricordare che siamo debitori del Vangelo: ciò di cui il povero e il salariato hanno diritto, e di cui non devono essere defraudati è il Vangelo: potere dare questo con carità è fonte di benedizione e di copertura di ogni peccato. Sembra che tutto quello che sta sotto alle diverse prescrizioni di oggi, insieme alla preoccupazione perchè i più poveri e deboli non siano dimenticati nè trattati ingiustamente, sia il desiderio di Dio che si conservi sempre, tra tutti i suoi figli, la possibilità di una buona relazione vicendevole, e che non venga infranta a causa di bramosia e avarizia degli uni contro altri. Questo lo vediamo p.es nel comando di restituire ogni sera il pegno dato dal povero per ottenere un prestito; e dal precetto di permettere sempre la “spigolatura” dei campi. Queste prudenti limitazioni della proprietà privata rendono più facili le occasioni di incontro benevolo e pacifica relazioni, tra quelli che sono tutti figli dello stesso popolo e dello stesso Dio. Il “debito” nel Padre nostro diventa sinonimo di peccato. La carità è un debito che sempre si ha nei confronti di Dio e del prossimo e che sempre va restituito. E’ questo forse il motivo per cui per ben due volte (tre nel greco) viene comandato di ricordare che si era schiavi in Egitto e che il Signore ci ha liberati. Ci ha liberati e trasferiti nbel regno del suo Figlio diletto, perchè siamo come Lui è: misericordiosi e generosi. Importante la notazione del v.10: anche se il tuo prossimo è in difficoltà e ti chiede un prestito, tu non puoi entrare nella sua casa e prenderti a tuo piacimento un pegno; devi rispettarlo, e non pensare che poichè gli fai un prestito hai diritto ad entrare nella sua casa e prendere a tuo piacimento ciò che ha. Qui e nei vv. successivi il popolo è educato a un atteggiamento di castità e rispetto nei confronti degli altri, a non pensare che si possono dominare gli altri, magari nè politicamente, nè psicologicamente. E la memoria della liberazione dalla schiavitù dell’Egitto è il motivo della differenza del popolo di Israele e della sapienza ebraico-cristiana nei confronti degli altri popoli e sapienze. Leggiamo ancora in Giac sul modo di accogliere i ricchi e i poveri nella assemblea: Dio ha scelto i poveri nella loro condizione di povertà ( e – per Israele – di schiavitù). “Ma voi non onorate il povero!”. E’ la memoria della liberazione che ci può fare osservare il comandamento buono di Dio, diversamente dalle nazioni che non hanno avuto questa esperienza di liberazione. Ricordarlo sempre è salutare. Anche noi quando qui raccogliamo il masi, scopriamo che qualche pannocchia resta sempre indietro: Dio ci dice che è per il povero e il bisognoso, che non sa o può coltivare: Dio provvede anche a Lui e chiede a noi generosità e non avarizia. E il comando di restituire il pegno al tramonto del sole ci ricorda anche la necessità che non resti qualcosa di sconveniente tra i fratelli al giungere della sere: “Non tramonti il sole sulla vostra ira.
La relazione d’amore verso il fratello, e particolarmente verso chi è più segnato dalla debolezza e dalla povertà è fortemente ispirata e custodita da due elementi di tempo riferiti a Dio e alla sua opera di salvezza. Quindi, il comandamento dell’amore per il prossimo è legato al passato, quando il popolo è stato liberato e salvato dal suo Signore. Questa nota forte è presente nel nostro testo al ver.18 e al ver.22. L’ingiunzione “ricòrdati” sembra dare all’atto di carità quasi il tono di un’azione liturgica, di un “memoriale”, appunto. Peraltro questo amore per il fratello è principio della benedizione divina nel futuro: “Questo ti sarà contato come un atto di giustizia agli occhi del Signore tuo Dio”(ver.13); “…perchè il Signore ti benedica in ogni lavoro delle tue mani”(ver.19). Inoltre, la mancanza di carità fraterna provoca il giudizio che sale a Dio per la protesta del povero: “Così egli non griderà contro di te al Signore e tu non sarai in peccato”(ver.15). L’esigenza morale è dunque strettamente connessa con la storia concreta piuttosto che derivata da principi immutabili fuori dalla storia. E tutto si raccoglie in un atto di memoria grata per il bene ricevuto. Ognuno è quindi povero, e vive per l’amore che riceve e che dovrà in certo modo “restituire”.
Ai vers.10-13 mi sembra molto bello il particolare di questa rispettosa non-invasione della casa del debitore. E splendida è la norma di restituire il pegno, cioè il segno del debito, se esso è il mantello nel quale il debitore povero si scalderà durante la notte! Questa “urgenza” del quotidiano ritorna a proposito del salario quotidiano al ver.15: “Gli darai il suo salario il giorno stesso, prima che tramonti il sole, perchè egli è povero e a quello aspira”.
Tutto questo è sigillato come responsabilità personale al ver.16. E, come dicevo, ha il volto di un’unica grande azione liturgica che segna tutta la vita dei figli di Dio.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.